Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
I Racconti

Il Ritorno di Khergan

di
Araglar


Un lento venticello spazzava il terreno piatto e dava tregua ai rari fiori che crescevano nella piccola radura invivibile che stavo attraversando per recarmi alla città. C'era qualcosa di strano in quel silenzio, in quella calma quasi spettrale, che era in quel luogo così insolita; solitamente vi erano vortici d'aria e di vento, tempeste e fulmini, gare tra inesorabili forze della natura, che qui compivano prodigiose opere di distruzione. Le uniche piante e fiori che erano nel campo sembravano rassegnate a questo, segnate dal tempo e dalle intemperie, ma sembravano possedere una forza vitale ineguagliabile, un potere senza pari, nella loro lotta per la sopravvivenza.
Guardai davanti a me, prima del calar della sera sarei uscito dalla radura, ed avrei proseguito fino alla locanda che accoglieva i viaggiatori che si recavano verso la città. Poi sentii un grande caldo indebolirmi, e vidi vapore uscire dalla terra attorno a me, presto una nube soffice e bianca si erse all'altezza delle mie ginocchia, alzandosi pian piano, annebbiando il già cupo paesaggio. Il caldo aumentò ancora, e con esso il vapore, corsi avanti per uscire in fretta dalla radura, mi sentivo come ci si sente prima del pericolo, sapevo che stava per accadere qualcosa che io non avrei saputo spiegare. Improvvisamente fiamme sgorgarono dal terreno come getti d'acqua, imponenti, incandescenti e micidiali, vidi il fuoco sgorgare dal terreno lentamente, secondo un fenomeno che non sembrava essere naturale, ma magico e terribile. La nebbia lentamente sparì come richiamata da dove era sorta, ed io potei guardare meglio cosa stava accadendo: il fuoco rosso si stava disponendo a cerchi concentrici attorno ad un punto, nel quale vedevo una nebbia scura ed impenetrabile. Saltai il primo cerchio di fuoco che mi trovai di fronte, deciso a raggiungere un riparo per aspettare la fine, e giunsi ad una grande roccia, dietro la quale mi riparai.
Continuavo a fissare l'ombra nera al centro del fuoco, ferma, densa e minacciosa, mi accorsi che stava lentamente mutando, stava ottenendo una forma differente, ma non ancora distinguibile. Nascosto dietro la roccia sentii un brivido percorrermi la schiena, una sensazione di terrore e orrore, repulsione e odio, sentii il bisogno di fuggire lontano, di tornare a casa dalla mia famiglia, dove ero al sicuro. Non sapevo cosa stesse succedendo in quel posto maledetto, ma certamente non era niente di piacevole e tantomeno vantaggioso. Evidentemente era all'opera qualche magia enormemente potente, una magia che proveniva dalla terra, dalla quale era sgorgata mediante il fuoco. Non sapevo quasi niente di magia, tuttavia potevo sentirla quasi come se lei stessa fosse lì a sussurrarmi cosa stava succedendo, quasi come se mi stesse mettendo in guardia. Poi riguardai l'oscuro amalgama di ombra e nebbia, lo vidi prendere forma umana e stare ritto al centro della radura, osservando il fuoco danzare attorno a lui, quasi in una danza di gioia e attesa. Fece un gesto con la mano, anch'essa nera, ed il fuoco prese ad avanzare verso di lui, sempre più frenetico e agitato. Il fuoco lo raggiunse e stette di fronte a lui come un servo sta di fronte al suo padrone, poi si alzò attorno al suo corpo e vi entrò dentro, dando alla strana figura oscura riflessi rossi. Il terrore che già prima avevo in me raggiunse un livello insopportabile, ero attratto da quell'essere come se fosse una calamita, eppure mi rivoltava lo stomaco. Tutto era tornato silenzioso nella radura, come prima che tutto questo accadesse, il vento aveva ripreso a ventilare l'aria calda e afosa, tuttavia non accarezzava più alcun fiore, o alcun albero, tutto ciò che era nella radura, di animato, era stato spazzato via dalle fiamme, forse durante la loro corsa verso il loro signore. Vi ero ormai solo io, assieme all'oscura figura che era immobile ad una certa distanza da me. Lentamente, tentai di muovermi, era un atteggiamento del tutto assurdo ed irresponsabile se ci penso, ma la repulsione per quell'essere era tale che il solo pensiero di averlo vicino mi provocava convulsioni. Avrei dovuto stare li ad aspettare che se ne andasse, com'era venuto, ma forse non sarebbe servito a nulla, dopotutto egli non era umano, non era normale, era creatura di magia, e mi avrebbe scovato comunque. Mi alzai e corsi verso i boschi, che ormai erano sempre più vicini, non mi importava granché della direzione che avevo preso, volevo solo tornare in un luogo sicuro, qualunque esso fosse. Lanciai uno sguardo all'imponente figura, che ora era voltata verso di me, mi guardava, ma non sembrava curarsi della mia presenza, sembrava essere superiore a tutto. Poi mosse una mano, come aveva fatto anche con le fiamme, ed io mi sentii risucchiare, portare come se fossi stato una piuma, verso di lui, imponente e nero essere che mi aspettava come se nulla stesse accadendo. Sentivo il mio corpo trasportato dalla magia, una magia nera, nera come la notte senza luna, nera come l'abisso dove stavo andando. La repulsione che provavo aumentava mano a mano che mi avvicinavo, in preda ad un terrore indescrivibile, ad un presagio di quello che mi sarebbe accaduto. Poi venni risucchiato, inglobato da quell'essere che avevo tanto temuto; venni trasportato all'interno del suo corpo, che in realtà corpo non era, non era nulla se non una creazione della magia, una magia a me ignota. Era puro spirito, ma spirito oscuro, demone, anche se non potevo capire cosa ciò implicasse, cosa volesse dire. Mi sentii imprigionare, incatenare all'interno di esso, incapace di esprimere la mia volontà di uscire e fuggire, incapace anche solo di pensare: ero schiavo dell'essere che mi aveva legato a se. I miei ricordi si mischiarono ai suoi, che mi distrussero, erano ricordi e memorie di atrocità, magia nera e demoni. Venni a conoscenza anche dell'identità dello spirito al quale ora prestavo il mio corpo, era Kerghan, ed il suo nome era antico e conosciuto presso il mio popolo, ed ora io ero lui.








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