Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
I Racconti

Una strana storia

di
Ayov


Ormai era tardi nel bosco, dove le vecchie querce delimitavano lo stretto sentiero come immense colonne di marrone e verde.
Nulla turbava quello stato di apparente quiete, era troppo presto per l'ululato dei lupi e troppo tardi per il cinguettio degli uccellini.
Occorreva allungare le orecchie per ascoltare dei veloci passi che si dirigevano verso uno spiazzo.
- Hei padre, dai, andiamo dentro, ormai è tardi, ho sonno!
La piccola figura, nonostante le parole dette piagnucolando, saltellava intorno ad un'altra persona, un po' più alta, massiccia, con una grossa ascia appoggiata ad una spalla.
Si sarebbe riconosciuto benissimo anche da lontano e nelle condizioni di semi-buio in cui si trovano: era un nano dedito alla raccolta della legna, nell'imminente periodo chiamato "del grande freddo".
- Va bene, va bene figliolo, fammi dare un'occhiata dentro, stai sulla porta come ti ho insegnato.
Erano al centro di una piccola radura nel bosco ed una vecchia baracca era di fronte a loro. Sembrava ancora ben solida, i legni con cui erano fatte le pareti era massicce e l'umido muschio che ricopriva la maggior parte dell'edificio, compreso il tetto, dava la sicurezza di non essere incendiata da qualche sbandato goblin della zona.
Il nano entrò con circospezione e fece un segno al più giovane.
- Bè, per fortuna che c'è "il Rifugio", a quest'ora non avremmo fatto in tempo a tornare al villaggio. Avanti, entra, oggi sei proprio fortunato, prima vieni con me a divertirti e poi domani salti l'asilo perchè si è fatto tardi. Il Nano con faccia sorniona guardò il figlio che malcelava la gioia, cambiando continuamente il proprio viso da assonnato a sorridente.- inoltre c'è pure una fascina di legna asciutta, su prendila, spostala dal camino, pulisci il focolare e poi rimettila sopra e dalle fuoco. Domani mattina toccherà a te raccogliere un po' di legname affinché la tradizione del Rifugio sia mantenuta.
- Uffa!, ma però ... allora ... mi racconti due storie prima di dormire?! Uffa!
- Allora è questo che volevi eh? Ma non avevi sonno? Ah ah ah.
Sprangò la porta con un grosso e pesante tronco di quercia.
- Muoviti su, ho preparato il letto per tutti e due, accendi il fuoco e vieni qua accanto. Prendi queste mele. Ci dovranno bastare per cena. Però ti racconterò una sola storia, sei fin troppo furbo, piccolo mio, ah ah ah. - Rideva compiaciuto il nano di mezzaetà, tutto sommato il proprio figlio si stava dimostrando un vero commerciante, come doveva essere per tutti i nani che si rispettino!
- Ehi, cos'è questo? Un libro? No no, un quaderno, che strani segni, non sono come i nostri. Che strano! Guarda! Guarda! Ho trovato un libricino!
In mezzo alle ceneri del camino era semisepolto un quaderno. Il fuoco non era riuscito a bruciarlo bene. Sembrava che per qualche strano motivo, qualcuno lo avesse distrattamente buttato nel fuoco, ed altrettanto stranamente si fosse conservato sotto le ceneri.
-Fammi vedere figliolo, non leggerlo, chissà forse contiene qualche strano incantesimo!
- Ma non ci capisco niente, tieni!
Il nano prese dalle mani paffute il piccolo quaderno ancora coperto di fuliggine, gli soffiò sopra e lo osservò. La copertina era in stoffa di color blu pallido, era stato bruciacchiato ma era resistito sufficientemente per proteggere le pagine interne, fatte di una strana pergamena.
-Sono storie di un ..., strano ...
Lesse velocemente le prime dieci pagine, mordendo distrattamente una mela, quando ad un certo punto sussultò- è la storia di un drow rinnegato!- Sorpreso, continuò a leggere velocemente, mentre il figlio lo guardava a bocca aperta, ripetendo - dai dai voglio sapere! Dai! Leggimelo, leggimelo!.
- Bè chi lo ha lasciato qui deve essere un avventore di poco riguardo per i racconti, è scritto come usano a Midgaard, avevi ragione figliolo non è nostra la scrittura, è umana!
-Comunque non mi sembra brutta come storia, stasera te ne leggerò un pò. Finisci le mele che ti ho dato. Domani andremo a casa e lo darò agli anziani. Vedremo se ne sanno qualcosa di questo ... Ayivo, Ayuv ... Ayov o come cavolo si chiama! Mbà mi sembra una storia un pò troppo inverosimile ... un drow rinnegato! - istintivamente poggiò la mano sul manico dell'ascia poggiata sul letto - gli unici che conosco li ho affettati molto tempo fa, e non erano certo buoni!
Il fuoco ormai ardeva sereno nel focolare, la luce soffusa conciliava il sonno, ma il piccolo nano era ormai preso dalla storia che il padre gli stava raccontando. I suoi occhi brillavano di gioia e curiosità mentre lo guardava ora ammutolito, ma sempre con la bocca aperta l'inizio della storia, dando distrattamente qualche moroso alla mela che teneva in mano.
- Allora ... vediamo, la prima pagina è conciata male, e poi la loro scrittura non me la ricordo tanto bene, ma credo che ti posso iniziare così:
< -Ayov (spero sia giusta la pronuncia ..) era figlio di Gumov e Andraja, il primo, giovane guerriero, ancor prima di sapere che era padre perì nella battaglia contro gli elfi nella famosa battaglia di Tkui. Era in prima linea, là dove vanno gli inesperti ed i folli, ma è molto più facile che fosse troppo giovane e troppo sciocco per capire che l'onore non si conquista correndo per primo contro la morte. La madre di Ayov era una scout. Appena dato la luce al nascituro, dato il disonore del marito perito in sì facile modo dai racconti dei suoi commilitoni, fu obbligata a cedere il piccolo alle "amorevoli" cure della matrona Julha, e riprendere il viaggio per le esplorazioni che non la videro più ritornare.
Julha era una vecchia drow con un ghigno al confronto del quale le arpie sarebbero considerate degli angeli, si era conquistata un'importanza notevole nel paese degli elfi scuri con il suo sadismo e la sua cattiveria. Girava fra la sua gente con una lunga veste nera e con una lunga cintura dorata alla vita che gli serviva da frusta all'occasione. Era la personificazione del male e perfino i maestri d'arme si spostavano per darle strada al suo comparire.
E' facile capire allora come il piccolo Ayov fu cresciuto come l'ultimo dei drow.
Era rimproverato per qualsiasi cosa, buona o cattiva, che facesse del male senza motivo ad uno schiavo goblin (che in quella società è considerato un bene) o che sbagliasse, aiutando ad esempio a portare una brocca ad una giovane drow.
Ayov era un giovane che aveva preso della sua razza l'aspetto fisico peggiore. Non sembrava un nobile o un chierico, e se non fosse per le orecchie a punta e la carnagione scura poteva essere scambiato per un umano sgraziato ed il cui viso appariva sempre fedele ai propri sentimenti.
La matrona credeva che sarebbe destinato come suo padre a combattere in prima linea, ed avrebbe fatto solo numero, dato il suo inesistente lignaggio, morendo come un sorcio schiacciato fra due pietre.
Nonostante ciò, crescendo, il giovane diede segno di sagacia ed impegno, forse non era bravo nell'apprendere i rudimenti di magia (anche perché mal insegnati), ed imparava, rubando con lo sguardo, i movimenti degli anziani veterani mentre combattevano per allenarsi fra loro.
Naturalmente questo fu di gran pena per la matrona che, non avendogli insegnato nulla, credeva fermamente che volesse dimostrarle il suo valore semplicemente esercitandosi con gli altri giovani e vincendo più spesso del dovuto.
Un giorno, esasperata dall'odio, e non trovando nessun rimedio alla facilità con cui il giovane imparava l'arte della guerra, la matrona esclamò - Allora giovane ! Vuoi veramente essere un guerriero? Puah! Insolente! Mi fai schifo! Ma visto che insisti tanto ti metterò alla prova! Vieni con me!
- Ma come, ora? Sono molto giovane, la prova dei guerrieri è fra più di 10 anni per tutti quelli della mia età!
- Sciocco! Vuoi diventare guerriero o no?
- Non ho fatto nessuna scuola ... tu me lo hai sempre impedito ... dicevi che dovevo fare il chierico ...
- Zitto! - Urlò la megera - Stupido! Non capisci nulla! Come puoi imparare la magia?! Vieni con me, se supererai la prova forse, e dico forse, diverrai un guerriero come tuo padre- Si girò, dando le spalle all'allievo, sorridendo in modo malvagio e sputando in terra in segno di disgusto.
Allontanati nel primo pomeriggio dal villaggio sotterraneo si incamminarono lungo la foresta dei nani fino al grande cancello di Thalos.
-Vai, entra! - gracchiò acidula - portami la pietra color lavanda che troverai lì, in questo posto abbandonato. E' veramente facile! Se tornerai ... avrai una possibilità di essere un giorno guerriero.
Il posto era veramente tetro. Lontano si stagliavano vecchi edifici abbandonati. Il cancello, segno di una lontana presenza, era la rappresentazione di tutto quello che Ayov non voleva incontrare nel suo cammino: mostri, fantasmi e malefici esseri demoniaci contornavano i suoi battenti avvertendo l'incauto visitatore. Interdetto Ayov fece un passo in dietro, seminudo, con un solo vestito di lino che lo copriva fino alle ginocchia, senza armi, doveva trovare una cosa che non conosceva... una pietra colorata ... , in un posto che certamente non era abitato soltanto dalla solitudine. D'improvviso si ricordò dei molti racconti che lo descrivevano, ed erano quelli che peggio conciliavano il sonno.
- Muoviti! - La vecchia lo spinse oltre il cancello con forza, e Ayov cascò bocconi mangiando la polvere.
Si rialzò pulendosi e toccandosi le ossa che tremavano dal freddo e dalla paura, mentre strani rumori provenivano da tutte le parti: grida lontane, soffi profondi, risate maligne gli arrivavano alle orecchie. Ormai era pomeriggio inoltrato e le ombre dei vecchi edifici diruti, che aveva di fronte, si allungavano su di lui, come per intrappolarlo in chissà quale mortale abbraccio.
Si avviò lentamente con le ginocchia piegate e tremanti, senza guardare indietro. Sapeva che la vecchia matrona era lì, dietro il cancello, con quel sogghigno malefico guardandolo con disprezzo e sputando ripetutamente a terra pensando schifata ai suoi deprecabili genitori perduti e alla povertà del suo stato.
Passato tra i vari edifici, continuando per la strada principale, intravide in mezzo ad una piazza una massa oscura che si muoveva avanti ed indietro, alle spalle la matrona gridò:- vai sempre dritto, è la strada più breve ... per trovare ... la TUA strada ...
Si fermò di botto, era come un avvertimento, sapeva che mentiva. Si avvicinò prudentemente fino all'angolo di una vecchia casa semidistrutta e lì lo vide: un'enorme mostro camminava apparentemente senza meta. Non aveva mai visto qualcosa di più spaventoso, la paura lo pervase ed era quasi sul punto di tornare indietro se non avesse capito che la matrona voleva la sua fine in tutti i modi. Sarebbe morto cercando la pietra per mano di chissà quale essere oppure, una volta tornato senza successo, sarebbe stato messo alla berlina ed obbligato a fare la fine dei goblin che aveva visto prigionieri, insultato e schiavo fino alla fine dei suoi giorni tra indicibili sofferenze.
Non sapeva cosa fare, alla fine entrò in un buco dell'edificio e si rannicchiò in un angolo, pensò che era da pazzi cercare una pietra al buio senza neanche vedere a pochi metri per l'oscurità'. Cercò di addormentarsi ma ebbe solo un lungo dormiveglia, con strani rumori che lo svegliavano continuamente, immagini confuse apparivano nel sonno e credeva di intravedere perfino dei mobili viventi muoversi davanti a lui.
La mattina non poteva aspettarsi epilogo peggiore dei suoi incubi notturni.
Si era appena svegliato, ancora tremante e con le ossa intorpidite dalla cattiva posizione, che ebbe subito un sussulto. C'era qualcosa che stava entrando dal buco del fabbricato ed oscurò immediatamente l'intero ambiente che si stava a poco a poco illuminando.
Un essere strano, mai visto sinora si stava guardando intorno fiutando l'aria: lo aveva scoperto! Un attimo dopo vide l'esser brandire un pugnale affilato e buttarsi su di lui, sentì immediatamente un dolore lancinante al braccio sinistro, era stato colpito con foga, il sangue incominciò immediatamente a sgorgare copioso dal braccio, ormai maciullato. Non c'era tempo per pensare o per gridare dal dolore, in una frazione di tempo schivò il secondo colpo che sarebbe stato sicuramente fatale, passò tra il muro ed il corpo del mostro ed uscì correndo verso una strada secondaria, e poi di nuovo lungo un'altra via. Aprì di corsa la porta di un edifico vicino abbandonato e sedette sul pavimento con le spalle al muro. Continuava ad ansimare ed aveva il cuore in gola, il dolore del braccio gli faceva girare la testa e diveniva sempre più insopportabile. Strappò un pezzo del vestito e lo legò stretto per tamponare la ferita. La fontana di sangue nel suo braccio sembrò fermarsi.
- Maledetta! Pagherai!- digrignò fra se, cercando di recuperare le forze.
Non sapeva dov'era finito e si era ormai convinto di essersi perso quando un rumore di passi lo fece balzare in piedi. L'edificio era abitato. Sopra la sua testa qualcuno aveva iniziato a passeggiare pesantemente, poi il rumore si moltiplicò. Chiunque fossero non dovevano essere dei topi o scarafaggi, il palco continuava a scricchiolare, facendo cadere delle polvere dall'alto. Dovevano essere creature enormi!
Il cuore ricominciò a battere all'impazzata e la ferita a dolere più del sopportabile.
Uscì dall'edificio guardando a destra e sinistra, il sole ormai illuminava bene la città, si vedeva solo desolazione ed il silenzio era rotto da scricchiolii e porte sbattute. Incominciò a correre in una direzione senza sapere quale. Inciampò, cascò proprio sul braccio ferito, si raggomitolò, era in mezza alla strada - Che stupido! che sto facendo? non è coprendomi gli occhi che "quelli" non mi vedranno! - Si alzò sofferente, tendendosi il braccio con l'altra mano, e quasi per caso guardò in terra. Una pietra color blu pallido era stata la causa della sua caduta. La prese e la mise nella tasca del vestito. - Non credo sia questa, ma se quella che cerco è in mezzo alla strada sarà facile trovarla. - pensò guardandosi intorno. La scoperta lo rincuorò.
Incominciò a camminare furtivamente da uno spigolo all'altro degli edifici, pensando di tanto in tanto alla strada che aveva fatto, cercando di capire come tornare indietro.
- Non posso tornare indietro al villaggio senza la pietra - rimuginò fra se - e se provassi a vivere nel bosco? - ma sapeva che era ancora troppo giovane e quella scelta gli sarebbe stata fatale.
Le vie si susseguivano in maniera geometrica, in fondo, pensò, non è difficile orientarsi in questo posto. Decise di girare intorno alla piazza principale, dove aveva visto la sera precedente il mostro, e tornare al cancello. - Eccone un'altra! - esclamò guardando davanti a se. Corse verso il centro della strada e raccolse un'altra pietra che, con gran stupore, aveva il colore delle viole.
- Ci siamo! - sospirò - ecco, ho quello che volevo e ora ho capito dove sono, devo solo girare lì e poi sempre dritto dovrei vedere il cancello! Infatti dopo poco riuscì ad intravedere l'entrata e senza pensare avventatamente incominciò a correre in mezzo alla strada verso il bosco. Intravide qualcosa alle sue spalle che lo inseguiva, ma passato il cancello si sentì al sicuro e con il cuore gonfio di gioia.
Ora devo tornare - pensò sorridendo - farò vedere a quella megera che sono stato capace!
Le guardie all'entrata del villaggio lo presero in giro :- Ehi! dove sei stato Ayov? ti sei perso nel bosco?- ridevano - Non mi dire che hai fatto a botte con un coniglio ... ed hai avuto la peggio! -
Il vecchio maestro d'armi lo fermò mentre stava entrando nella casa della matrona :- Dove vai così conciato? - lo guardò divertito - fermo! dove sei stato?.
Brevemente raccontò cosa gli aveva ordinato la matrona ed il vecchio incominciò a gridare :- Hei venite gente! guardate! questo impiastro è stato a Thalos ed è tornato!- era una presa in giro in piena regola, giovani e vecchi arrivavano dalle case vicine e dalla strada per guardare cosa succedeva, ma Ayov sorrise e mostrò la pietra, il vecchio rimase di stucco. La vecchia matrona uscì e, guardando verso il gruppo di gente, inveì: - Cosa succede?.
Il capannello di gente che si era formato intorno al giovane Ayov si ammutolì immediatamente. Le persone si fecero da parte e la megera lo vide, sporco, insanguinato, ma con la pietra in mano portata in alto in bella vista.
- Fammi vedere! - si avvicinò con uno sguardo indecifrabile - hai trovato la pietra che ti ho chiesto? dico ... quella che IO ho chiesto?
Ayov diede la pietra a Julha che la guardò senza alcuna espressione.
- Povero Ayov, ti avevo chiesto due pietre! non solo questa! - lei sorrise affabilmente:- Mi spiace, dovrai tornarci per provare il tuo valore, ed entro sera, perché altrimenti sai cosa ti succederà? sarai messo alla gogna per la tua stupidità! E' possibile che non capisci gli ordini di un tuo superiore?
Ayov rimase annichilito ed abbassò il capo. Forse il fendente che aveva ricevuto a Thalos era stato meno doloroso, sapeva che non ce l'avrebbe fatta mai.
- Allora non l'hai presa l'altra pietra? - lo guardò incuriosito il maestro - di che colore la volevi o potente matrona?- rivolgendosi a Julha.
- Blu pallido, la volevo blu pallido non ricordi Ayov?
Ayov mise la mano in tasca e con la testa sempre bassa aprì il palmo della mano mostrando la pietra. Cercava di contenersi, ed era sicuro che se avesse alzato il viso e guardato la matrona avrebbe visto un viso roso dall'odio, e non avrebbe resitito ad insultare la vecchia per la sua malvagità.
- Bè , se è così, questo giovane e stupido drow è stato particolarmente fortunato - disse la vecchia digrignando i denti - sarà come deve essere! - Il viso della vecchia era contratto dalla rabbia ed i canini aguzzi sembravano uscir fuori dalla bocca per azzannare Ayov.
- So che abbiamo bisogno di schiavi - gracchiò Julha - domani mattina all'alba andrai a catturare dei goblin. Questo vecchio ti insegnerà l'arte del combattimento fino a stasera... vai a prendere le tue cose! Dormirai in caserma!
Ayov si avviò lentamente nella sua stanza, ma sapeva perfettamente cosa fare e quale decisione prendere per il suo futuro. Aveva visto fin troppo bene la mentalità del suo popolo, la totale mancanza di riconoscenza verso il sacrificio, la ricerca del potere che derivava dall'esercizio della malvagità, che era il fine ed il mezzo per qualsiasi azione.
- Basta! - sussurrò mentre raccoglieva i pochi e miseri stracci e la sua spada di legno - se devo morire, preferisco farlo da solo in un luogo sconosciuto, magari cercando di uccidere qualche essere maligno! Piuttosto che vivere qui, alle dipendenze di un popolo, che mi rinnega prima ancora di avermi riconosciuto come sua parte!
......

- Eppoi? - sorrise assonnato il piccolo.
- Eppoi a nanna! - si fece serio in faccia il padre - Sbrigati a prender sonno! dammi la mela che hai avanzato, la mangerai a colazione - gli prese il pomo e lo mise nella sacca agganciata sopra la branda - si è fatto fin troppo tardi! ti racconterò il seguito domani ... se farai il bravo!
La notte era inoltrata da un pezzo. La quiete era quasi totale, se non fosse per il richiamo di un gufo, che appollaiato su un albero vicino, segnava monotono il tempo. Segno evidente che il bosco quella sera sarebbe stato solo sonno e tranquillità.

-f-i-n-e- (?continua?)








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