olte storie sono state narrate, molte
vite immortalate in candide pergamene, assieme a vivide immagini di dolori e rancori, ma anche
di gioie. Molti personaggi, giunti da mondi diversi eppure simili portandosi in spalla tristi
ricordi, ora viaggiano per Silmaril, facendolo quasi sembrare un pozzo di tristezza. La storia
delle loro vite, della quale solo gli dei sono silenziosi testimoni, si mescola alla leggenda
ed al mito, ma non viene dimenticata, casomai soltanto riposta in angoli lontani della mente,
per cercare di allontanarla e per iniziare una nuova esistenza, per rincominciare daccapo. Per
molti mettere da parte il proprio passato è impossibile, talmente forte è il
marchio da esso lasciato nelle loro coscienze, per altri è più facile, spinti dal
desiderio di nuove possibilità. Il mio passato resterà per sempre in me,
chiaramente stampato come le lettere del mio tatuaggio: Pherelen. E' giunto ormai il tempo di
raccontare questa mia triste vita, che sembra essere stata guidata da un ente superiore, che si
è divertito a giocare con essa come con una marionetta.
Quasi nessuno sa che io non sono esattamente mezz'elfa, come tuttavia mi piace credere di essere,
bensì mezza drow: questa è, e sempre fu la causa delle mie disgrazie, e forse un
giorno lo sarà ancora. In un villaggio tra i sanguinari drow viveva mia madre, che era
una di loro a tutti gli effetti; lei si innamorò di un giovane prigioniero umano, e
progettò con lui la fuga. Tuttavia vennero scoperti dopo poco tempo, e la punizione fu
tremenda. Mio padre fu impalato davanti alla casa di mia madre, affinchè lei non
dimenticasse mai ciò che voleva dire tradire la patria: infatti, non lo dimenticò
mai, il doloroso ed atroce ricordo del giovane umano la perseguitò fino alla sua fine, che
fu per lei quasi un sollievo, la cessazione di tutto ciò per cui era dovuta vivere, ma
per cui non avrebbe voluto vivere. Nella comunità drow mia madre venne emarginata, usata, e
fu per questo che riuscì a nascondere la gravidanza dopo la quale nacqui io. Se solo i
drow avessero scoperto che ero nata, la mia vita sarebbe finita subito, prima che potessi accorgermene;
mia madre avrebbe subito una qualche punizione di indescrivibile orrore, e mi avrebbe raggiunto
nelle aule dell'aldilà, dove avremmo forse goduto di un'eternità più serena,
ma destino così non volle. Ormai la situazione era tragica, le nostre esistenze chiaramente
a rischio, per questo mia madre, per la seconda volta, tentò la fuga. Prima di partire mia
madre mi tatuò una scritta sul collo: Pherelen, che sarebbe servita per riconoscermi in caso
di divisione. Inoltre Pherelen voleva dire Mezza Stella, in elfico, nella lingua della luce, come
le aveva insegnato il suo amato giovane umano. Lui l'aveva chiamata così, perché
aveva portato luce nella sua prigionia, lei mi chiamò così per lo stesso motivo,
avevo portato luce nella sua ormai triste ed amara vita. Mise magie di protezione nella scritta,
ed esse sono ancora con me, e forse mi hanno salvato più di una volta. Fuggì una
mattina, mentre la nebbia copriva gli oscuri territori abitati dai drow, facendoli sembrare
luoghi di spettri e morte, orrore e tenebra. I drow se ne accorsero quasi subito, forse avvertiti
dalla potentissima magia dei loro maghi, che avevano circondato la città con ragnatele di
magia, atte a rivelare entrate ed uscite di qualsiasi essere animato. Videro mia madre, e videro
me, e da allora non smisero mai di cercarmi, orgogliosi e testardi drow. Mia madre, scorgendo
l'orizzonte della sua corta vita avvicinarsi velocemente, vedendo le ombre della morte scendere
sempre più pesanti su di lei, comprese l'unico modo per salvare la mia vita, mi lasciò
infatti vicino ad un villaggio di elfi. La sua preveggenza, ed uno strano sesto senso donatole
dalla necessità estrema le assicurarono che entro brevissimo tempo sarei stata trovata, e
che per me tutto si sarebbe potuto risolvere. Lei non poteva nemmeno sperare di entrare viva in
un villaggio elfo, marchiata com'era dalla sua identità di drow, per questo continuò
invano la sua fuga verso regioni ignote, dove venne con facilità ritrovata ed imprigionata
dai cacciatori drow. Venne riportata nella sua città, dove sarebbe stata giustiziata
secondo il più antico rituale drow, riservato ai più acerrimi nemici, ed ai
traditori. Questo triste e orribile rituale consisteva nel far espiare le colpe al condannato
mentre era ancora in vita, affinchè potesse giungere puro agli dei, agli dei neri venerati
dai drow. Il rituale era diviso in più parti, all'inizio il prigioniero veniva fatto passare
nudo lungo una strada delimitata da magia, all'esterno ed all'interno della quale erano i concittadini
drow, armati di spade, pietre e forche. Il prigioniero doveva passare lungo questa strada,
mantenendo la direzione dritta; se toccava il confine magico, la magia poteva ustionargli la
pelle e ricondurlo sulla giusta strada. I concittadini dovevano massacrare il condannato come
volevano, con una sola restrizione, non doveva morire. Chi per errore lo avesse ucciso avrebbe
subito egli stesso la punizione suprema. Chi partecipava doveva insultarlo anche verbalmente, disprezzarlo,
farlo vergognare per la sua esistenza. Solitamente, quando il condannato era una donna, molti
drow tra i più nobili abusavano di lei riuscendo così a toglierle le ultime briciole
di dignità che possedeva. Il prigioniero arrivava alla fine del percorso magico stremato,
grondante sangue da tutto il corpo, con ferite profonde e lacerazioni orrende, ustionato e spesso
accecato e zittito da magie praticategli dai concittadini. Una volta uscito al prigioniero era tolta
così la consolazione del poter gridare la propria sofferenza, del poter invocare gli dei o
la pietà. Chi osservava vedeva una rossa figura avanzare a gattoni con lacrime di sangue
uscenti da occhi con orbite bianche, con convulsioni per il dolore atroce e la disperazione. Il
prigioniero era tuttavia accuratamente sostenuto in vita dalle magie dei maghi drow, che si
assicuravano che arrivasse alla punizione finale abbastanza cosciente per soffrire. Questa prima
punizione era chiamata dell'orgoglio. La seconda prova consisteva nella prova della superiorità
della patria drow, lezione che ai traditori non era stata chiara. In questa seconda prova ufficiali
superiori tra i drow dovevano spezzare il prigioniero, come schiacciato dalla superiorità
delle autorità che non aveva voluto riconoscere. Prima al prigioniero venivano ridate vista
e verbo, in modo che potesse urlare, poi gli ufficiali gli spezzavano le ossa principali del corpo
rendendolo massa inerte ma cosciente. Urla di odio e dolore riempivano la piazza dove tutto ciò
si svolgeva, tuttavia per vecchi e giovani drow, questo era uno spettacolo stupendo, migliore persino
dell'impalare i figli degli elfi di fronte ai loro genitori. L'ultima prova era praticata direttamente
dal capo della tribù, che tagliava lentamente la pelle dal corpo del drow, lanciandola poi
in pasto ad animali che aspettavano impazienti tra la folla acclamante. Quest'ultima prova serviva a
staccare il prigioniero dal mondo terreno. Durante quest'ultimo lento e ripugnante rito il prigioniero
moriva, tuttavia la scuoiatura veniva completata ugualmente, il capo tagliato e inserito in una lunga
fila di teschi per adornare la sala del capotribù.
Tutto questo vidi fare a mia madre quando divenni più grande nelle immagini della mia
mente, che tuttavia sapevo essere reali.
Mi trovò un'elfa un po' cieca, saggia e gentile, che non riuscì a notare lo strano
colorito più scuro della mia pelle, ed i lineamenti misti di drow e umana. Tuttavia il
resto della comunità capì ed io venni emarginata e tenuta in disparte; crebbi sana
e giusta, tuttavia nessuno si fidò mai di me, nessuno osò mai essermi amico. Venne
un giorno in cui il nostro villaggio venne assediato da drow, e fu in quel giorno che io scelsi
il mio destino, e provai a guadagnarmi la fiducia degli elfi, ottenendo una missione che nessun'altro
voleva fare. Dovevo portare un messaggio agli elfi al di là di un fiume, passando quindi
attraverso le linee nemiche.
Prima che partissi l'elfa che ormai era come una madre praticò su di me una magia affinchè
io ricordassi per sempre il mio passato, sperava che così io sarei potuta ritornare lì,
che avrei sempre avuto lei e gli elfi nel mio cuore. Li avrei avuti lo stesso. Forse nella
preveggenza della sua etè e nella sua saggezza, aveva capito che dovevo ritrovare me stessa,
e sperava che questo mi avrebbe aiutato. La magia ebbe un effetto strano, insolito, infatti ricordai
tutto, da quando ero nata fino ad allora, rividi persino il villaggio dei drow, e potei vedere mia
madre, alla quale non avevo mai pensato. Mi accorsi persino di poter sentire i suoi pensieri, e li
sentii fino al suo ultimo respiro, vidi e seppi tutto ciò che le era stato fatto, e piansi.
Partii subito, sperando di riuscire nella mia impresa, ma sapevo già in partenza che non ce
l'avrei mai fatta. Venni vista mentre sgattaiolavo fuori dal campo e venni inseguita per lunghissime
miglia, ma alla fine venni catturata. Mi portarono al villaggio di mia madre, ed io, disgustata, aspettai
la morte con attesa quasi frenetica. Essa non venne. Un giorno la mia cella si aprì ed apparve
una drow anziana e selvaggia, si sedette di fronte a me, e mi spiegò. Era mia nonna, la
capotribù; mia madre era stata giustiziata da lei stessa, l'altro suo figlio era morto pochi
mesi prima, ora io ero la sua unica discendente. Mi spiegò che mi avevano riconosciuto i
maghi, che avevano individuato in me vita umana e drow, nonché magia nobile drow. Con tono
distaccato e freddo mi chiamò principessa guerriera dei drow e poi se ne andò, non
senza lanciare su di me una magia inebriante e allucinogena, che mi oscurò i sensi per qualche
giorno. Fu una mossa geniale, quella di mia nonna, la sua magia, ebbe infatti l'effetto sperato. Venni
portata in guerra in preda all'esaltazione delle droghe datemi e mi ritrovai ad uccidere elfi innocenti
senza la minima pietà, fu in quel giorno che il mio animo morì, per rivivere soltanto
molto tempo dopo, nella disperazione. L'esaltazione, la gloria, la furia della battaglia furono come
una scossa per la mia parte drow, che prese il sopravvento dopo tanto tempo di celata pazienza. Come
principessa dei drow divenni una spietata guerriera, pienamente consapevole di quello che faceva, ma
inebriata dall'esaltante fascino del potere e dell'oscurità. Venni bene accettata dai drow dopo
queste mie prove di coraggio e forza, ma soprattutto di sangue. La parte buona di me era ormai sempre
più schiacciata e soffocata sotto il peso della collera, e rischiava di sparire per sempre, se
un giorno non avessi ritrovato la luce per mezzo dell'ombra. Mi ritrovai ritta in piedi, la spada in
mano, pronta al colpo mortale, con un bambino biondo di fronte, gli occhi spalancati ed increduli, il
corpicino immobilizzato dal terrore. Tesi il braccio per colpire, ancora convinta delle mie azioni, ma
il braccio non rispose, ed ebbi tempo per guardare il piccolo elfo, per leggere i suoi occhi, per vedere
come apparivo. Forse la sensazione di potere e forza può essere inebriante, ma confrontata alla
gioia dell'amore e della pace è veramente piccola cosa. Mi vidi forte e potente, ma piccola ed
odiosa, e capii. Rividi le ingiustizie da me commesse, le persone uccise, rividi gli occhi del bambino,
e quelle immagini restarono e resteranno per sempre con me. Poi dissi basta, lasciai cadere la spada,
scorsi la luce rifarsi strada tra le tenebre del mio cuore, lacerandole e provocandomi un dolore insopportabile;
portai in salvo il piccolo elfo, ora sorridente e grato, lo lasciai al sicuro, e mi diressi sola verso
il nulla. Saltai nel buio, senza sapere dove mi avrebbe portato, sperando che ponesse fine alla mia
travagliata esistenza, al dolore che ora avrei dovuto affrontare per sopportare il rimorso per tutte le mie
azioni. Riaprii gli occhi in un altro mondo, portando la mia storia con me, con la luce che ancora si apriva
il varco della saggezza nel buio dell'odio del mio cuore. Portai la mia storia in questo mio nuovo mondo,
aggiungendo un altro capitolo all'enorme libro di tristi e dolorose storie già scritte. Portai la
mia storia per cercare di ricordarla senza provare dolore, per trovare la gioia e l'amore che mai avevo
provato, per trovare tutto ciò che mai avevo trovato nel paese degli elfi sfiduciosi e nella terra
d'odio dei drow. Giunsi in un mondo dove anche per me arrivò la salvezza, dove fortunatamente ritrovai
la luce e dove finalmente tuttora vivo un'esistenza come mai avrei sperato, convivendo con ciò
che ho fatto, sapendo che è soltanto passato e che la causa di esso fu il fatalismo di una vita
già decisa dal tragico inizio.
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