Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
I Racconti

Storia di un'ombra

di
Artheyl


"- Formazione a cuneo. Pronti a caricare. Ricordate il vostro addestramento e tornerete a casa vivi.- Il grido del comandante del mio reggimento si levava di poco dalla gran confusione di urla, imprecazioni, gemiti e rantoli di moribondi che si sentivano tutt'intorno. Feriti che annegavano nel loro stesso sangue, arti mutilati e morti atroci per il veleno delle frecce degli Orchi. Il fetore di cadaveri era dappertutto, impregnava le vesti, i capelli e peggio ancora, ti resta impresso nell'anima finché vivi."

*Il giovane restò un attimo in silenzio, poi riprese.

"Noi, giovani coscritti delle Terre Basse, eravamo stati reclutati a forza per una battaglia dal cui esito, dicevano, dipendeva la sorte di Midgaard. Dopo un addestramento di un paio di settimane, giovanissimi e impreparati a quello che dovevamo affrontare (un nemico di cui avevamo sentito parlare sino ad allora solo nei racconti dei vecchi e nelle favole dei bardi), venimmo radunati sotto le insegne di tale Riventhar, "legittimo" signore della mia contrada poiché la sua famiglia di ladri e affamatori era stata costituita "nobile" da qualcuno dei Re della lontana Capitale. In ogni caso, ricevemmo ognuno una specie di divisa, una spada corta, una lancia, uno scudo tondo e un elmetto di cuoio. Alcuni si vantavano del loro aspetto guerriero. Ragazzotti di campagna nati per fare da pastori a pecore e buoi, e invece finirono per far la parte delle bestie da macello, su un campo lontano da casa e traditi dai loro signori."

*Un vago sogghigno si dipinge sul suo volto. Sembra essere un misto di sarcasmo e di compiacimento per la propria furbizia.

"Ovviamente, io non fui una delle bestie. Sul campo combattei abbastanza bene, dato che sono ancora vivo, e più di un Orco incontrò la sua fine per mano di un colpo di spada ben assestato dal sottoscritto. Nonostante i nostri sforzi però, gli Orchi ci stavano lentamente costringendo a retrocedere. Riventhar, lui, retrocedeva in testa a tutti, seguito dalla sua Guardia. Soldati di professione, mercenari che sino a poco tempo prima angariavano il mio paese gozzovigliando a nostre spese, bevendo del nostro vino, mangiando il nostro cibo e prendendosi le nostre donne quando loro ne avevan voglia. E tuttavia, devo dire che in quei contadini si mostrò più valore del previsto. Ogni metro guadagnato per gli Orchi significava una decina almeno di morti loro contro tre dei nostri. Ma quando innalzarono i cadaveri dei nostri caduti in cima ai loro stendardi, con le teste, le mani, i piedi e il membro virile strappati, il panico si diffuse. La nostra linea si ruppe e gli Orchi si diedero ad inseguire i militi isolati e a finirli, per poi pasteggiare con la loro carne. Ovviamente, per essere qui a raccontarlo, dovetti usare un piccolo accorgimento."

*Lo osservo. Il suo sogghigno è diventato molto più sconcertante.

"La Guardia si era già defilata. Riventhar era l'unico ad avere un cavallo, ma l'aveva lasciato agli accampamenti per non finire anzitempo infilzato dalle frecce degli Orchi. Quel grasso maiale correva svelto, devo dire. Io lo tallonavo. Gli Orchi si stavano attardando fortunatamente a depredare i caduti e finire i moribondi. Giunti all'accampamento, il Nobile Riventhar corse al recinto con i cavalli e le bestie da soma, si girò di scatto e trovò me alle sue spalle. Gli sorrisi affabilmente, e gli tagliai la gola."

*Il ragazzo ora ride divertito. Sono rimasto impietrito sulla mia sedia. Mi ha pagato per scrivere la sua storia, ma mi accorgo che la mano mi trema, non so se per l'orrore o per la paura...

"Spero che quel vecchio cane mi abbia visto sputare sul suo corpo da ladro e poi alleggerirgli la borsa dell'oro che conteneva. Ora però dovevo far presto. Gli Orchi mi avrebbero presto raggiunto, e quindi saltai in groppa al suo cavallo e mi allontanai velocemente. Avevo liberato il mio paese da un affamatore, e me stesso dall'obbligo di fedeltà a quel verme. Ora ero libero. Padrone della mia strada, potevo scegliere dove andare. La mia borsa era piena, ero armato e la mia daga ancora gocciolava del sangue umano e orchesco. Ora ero un assassino. Spronai il cavallo verso la foresta di Haon Dor e galoppai velocemente lontano dal campo di battaglia e verso il mio futuro. Il futuro di un Assassino."

*Deglutisco, abbasso gli occhi e continuo a scrivere. Inizio a chiedermi perché voglia rivelare queste cose proprio a un povero scriba come me...

"Giunto in vista di Midgaard, mi liberai di divisa, scudo spada e cavallo, facendolo in pezzi e rivendendo quelli che non tenni per me ad una tribù di zingari di un piccolo villaggio nei pressi della Capitale. Il mio apprendistato da garzone di macellaio si mostrava utile, dopotutto. Giunto in Midgaard, restai stupito. La città era immensamente grande, almeno ai miei occhi che mai non avevano visto se non campagne, monti e pianure libere da presenze estranee. Chiesi informazioni a un passante che cortesemente mi guidò al luogo di cui avevo fondamentale bisogno. Il mio primo pugnale mi costò una ventina di pezzi d'oro. Il passante mi squadrò attentamente, poi mi fece un cenno, mi avvicinai e mi sussurrò all'orecchio: - Ragazzo, dovresti fare più attenzione a quando uccidi qualcuno. Uno schizzo di sangue ti è rimasto fra i capelli-. Raggelai, pensando di essere stato scoperto. Due guardie cittadine erano a poca distanza, non ci sarebbe voluto molto per consegnarmi a loro ed essere giustiziato come intrattenimento domenicale. Fortunatamente per me (e sfortunatamente per molti altri) il passante mi sorrise, e mi offrì di guidarmi in un posto adatto alle mie "esigenze", purché fossi disposto a pagare una piccola quota all'"associazione" da cui avrei ben presto ricevuto fondamentali insegnamenti e di cui avrei fatto parte in futuro. Ovviamente, accettai. Divenni così membro della famosa e temuta Gilda dei Ladri e degli Assassini. Sulle mie azioni da quel momento in poi non c'è bisogno di commentare. Anche perché, vecchio, sono tutte abbastanza recenti acchè tu le ricordi."

*Mi guarda, sorride dolcemente e osserva la pergamena che ho vergato in bella grafia anche se a grande velocità.

"Davvero un bel lavoro. Peccato non potrai più farne. Non sopporto che qualcuno non paghi ciò che mi spetta."

Artheyl con tre rapidissime mosse sfodera la daga, pugnala il vecchio alla gola e rinfodera l'arma. Una sottile linea rossa si forma sul collo dell'anziano scriba, da cui prende a fluire sempre più sangue.

"Buon viaggio, vecchio. All'altro mondo dì che ti ci ha mandato Artheyl Ombra Notturna, può darsi abbiano un occhio di riguardo per te."

Lo scriba si accascia al suolo, sbarra gli occhi sulla figura nera di fronte a lui, e cessa di vivere.

Artheyl prende in mano la pergamena, la osserva e se la infila nello zaino.

"Davvero un bel lavoro. Quasi quasi avrei dovuto tenerti come scriba personale. Peccato. Come si dice... le regole son regole."

Con un'ultima, serena risata, Artheyl si getta il manto nero sulle spalle ed esce nella notte stellata. Un randagio entra nella bottega dello scriba e inizia a lacerare le carni dell'anziano.








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