acqui, in una città
di uomini, trai quali i miei genitori erano i più importanti, nella regione del Kernar, territorio
boscoso e montuoso, ricco di corsi d'acqua e molto fertile.
In quel lontano giorno, nacqui sotto gli splendidi volti felici dei miei parenti, nella mia grande casa di
legno, invidiabile da tutti, nella quale trascorsi una parte della mia giovinezza.
Già da molto piccolo cominciai a capire che tra i miei due fratelli, Araglar e Vivian, uno era diverso:
Ilian, mio fratello maggiore non poteva essere un mio vero fratello, era strano, maledettamente chiaro, felice,
buono e gentile a parer di tutti. Ma per me lui presentava una minaccia; poco infatti mi importava della posizione
sociale che mi spettava in virtù di primogenito, ma non potevo sopportare che l'affetto dei miei genitori
fosse destinato in gran parte a colui che mi aveva preso il posto. Vivian era bella, naturale, per niente ipocrita
come il mio lurido fratello, e crescendo scoprii che fu lei a trovare Ilian in un bosco, perso, in cerca di aiuto,
e fu lei che per disgrazia lo portò a casa, dove venne adottato dai miei genitori, e dove prese il posto di
primogenito per l'età superiore di quella di Vivian e successivamente anche della mia. Il mio odio, il mio
rancore verso Ilian, la mia voglia di affetto da parte dei miei, mi illuminarono, portandomi a seguire la giusta,
sincera e tenebrosa via del male, facendo passare in ultimo grado i sentimenti buoni, e portandomi a ragionare con
la mente di chi non perdona, di chi agisce freddamente senza badare alle conseguenze, di chi non pensa alla sua vita,
ma alla morte degli altri. Ed un giorno attaccai mio fratello, che avevo quasi raggiunto in forza e sapienza, e solo
il destino è servito a separarci, lui mi colpiva mantenendo un volto sconcertato, ignorante del motivo che mi
aveva portato alla collera; sempre ricorderò il suo odioso volto diviso da un'espressione di paura ed una di
sconcertatezza. Dopo quella lotta fui cacciato dalla mia terra nativa perché nessuno pensava che qualcun altro
oltre a me poteva aver sbagliato. E me ne andai, d'innanzi alle lacrime di Vivian che doveva essere l'unica dispiaciuta
della mia partenza. Andai a vivere nei monti a nord di quello che era stato il mio paese, e raggruppai un esercito
di spiriti oscuri e di malvagi combattenti, con i quali cominciai a seminare morte terrore e distruzione. La furia mi
portò ad esplorare le terre confinanti con la mia, che prima non avevo mai visto. Trovai un villaggio di
esseri simili a noi uomini, ma piuttosto strani, a nord del mio paese; scoprii che erano nani, e li assaltai con le
mie truppe. Distrussi ogni cosa, e poi, dopo aver ucciso tutti gli abitanti della città, li feci diventare
esseri completamente malvagi, seguendo un processo antichissimo, che trovai in un libro di magia che mi fu regalato
da mio padre, libro che mi permise di animare i cadaveri, che presero la forma di oscuri spettri, al mio servizio.
Scoprii che erano molto forti e mi furono molto utili quando decisi di trovare gli elfi per farli sparire. Ero sicuro
che mio fratello era là, ed il mio odio per lui aumentò quando vidi la felice vita condotta dalla sua
razza. Entrammo in città da un bosco, e distruggemmo tutto ciò che trovammo, il magico fuoco invase
tutta la terra dell'Idrien, e non trasformai quegli orridi cadaveri. Come potevo avere fra i miei uomini quegli esseri
così vili, felici, sereni, che avevano rovinato la mia vita?
Purtroppo comunque non trovai lì mio fratello, e ripresi le mie ricerche.
Andai ancora a sud. Ormai non sapevo più dov'era la mia terra, non avrei mai saputo ritrovare la strada di
casa mia, i miei genitori che cominciavo ad odiare. Trovai una banda di orchi, che vedendo la potenza del mio
esercito decisero di allearsi a me per non essere distrutti, ma non mi andava l'idea di accettare il loro aiuto, e
li attaccai, per far pagare la loro vigliaccata. Distrussi tutto ciò che si vedeva a distanza di chilometri e
chilometri, e mi accorsi di aver bisogno di cavalieri.
Attaccai allora Raditrial, una terra di uomini. Mi trovai di fronte ad un paesaggio molto simile a quello della
mia terra natia. Al mio arrivo in città, alcune persone, senza opporre resistenza si buttarono a terra
chiedendomi di risparmiarli, chiamandomi il "senzaterra", ed io ne approfittai per ucciderli senza faticare. Accadde
subito dopo però che mi trovai un esercito ben organizzato pronto a fronteggiarmi. Esso era formato da più
o meno 2000 fanti armati di bronzo, ed in ultima fila, un gruppo di 800 cavalieri, a cavallo di destrieri ornati
d'argento e bronzo. Noi eravamo in 6500, ma non avevamo cavalli. Vincemmo comunque, ed ingrandii il mio esercito con
tutti coloro che si erano battuti per difendere la loro amata patria. Tra cavalieri e uomini, contando le perdite subite,
il mio esercito contava poco meno di 7600 guerrieri oscuri tutti al mio servizio. Poi decisi di tornare a nord, per
distruggere il mio passato, per far morire quel periodo di felicità che avevo vissuto prima di scoprire chi
era mio fratello. Trovai un vasto territorio piuttosto brullo, che richiudeva in se pianura, collina e bosco. Quella
zona era stata un tempo abitata da elfi, ed ora apparteneva ai draghi del nord, esseri immensi che dopo essere stati
da noi sterminati, entrarono a far parte del mio esercito. Poi riuscii a trovare il teatro della mia infanzia. Rividi
il ruscello dove Vivian e la mamma lavavano i vestiti, rividi il bosco dove Ilian era stato trovato, rividi il mugnaio
dal quale andavo a prendere il pane per la mia famiglia, rividi la gente che conoscevo, e che ora non si ricordava di
me, vidi anzi che si allontanavano il più possibile da me; rividi il tempio dove andavo a pregare, rividi le
vie dove abitavano quei pochi amici che mi potevo permettere di avere, rividi la piazza, con quel gran pozzo di pietra
dove ogni giorno prendevo l'acqua per la mia famiglia, rividi il campo dove mio fratello passava le giornate a giocare
con i suoi amici, rividi la mia casa; luogo in cui maturai l'odio per Ilian, dove passai i miei anni di prigionia,
dove anche ora abitavano i miei genitori. Entrai e quando vidi che mi mandarono via chiudendomi la porta davanti il
mio rancore aumentò fino al limite, sfondai la porta di casa e sfoderai la spada, e con una forte spinta
scaraventai a terra mio padre e gli parlai, con rispetto gli chiesi perché mi aveva mandato via, perché
mi aveva punito, tralasciato e punito per il solo fatto di essere uno schifoso figlio minore, e perché avrei
dovuto provare compassione per chi mi aveva rubato non solo il ruolo in paese, ma anche l'affetto dei miei genitori.
Appena dopo aver avuto le sue risposte con la spada lacerai il suo addome, e sentendo le urla di disperazione di mia
madre mi inchinai verso di lei, e dopo averle rivolto le stesse domande che avevo fatto a mio padre, la uccisi nello
stesso modo che avevo usato per impadronirmi della vita del mio papà, ed infine uscii e diedi fuoco alla mia
casa. Con lei bruciarono i miei ricordi, ed ancora bruciano, in quella terra che ormai ho abbandonato. Successivamente
raggruppai il mio esercito che distrusse tutta la città, finché io vedevo crollare il mio passato.
Era la cosa giusta da fare, e come lo pensavo a quel tempo, ne son convinto anche ora. Rivedo sempre con la mia mente
quelle scene, quel fuoco, quei colori, e mi sento libero, mi sento felice, e sempre sarà così. Per un
periodo rimasi a vivere fermo nelle montagne, molto ad ovest del Kernar. Vivevo in una grotta, un tempo sede di riti
e sacrifici di una città di nani. Ero molto ricco, ma non usavo ciò che possedevo. Uccidevo chiunque
mi capitasse vicino, e lo facevo entrare a far parte del mio esercito, portandolo in pochi anni a 9000 uomini armati.
Dopo qualche tempo ricoltivai il rancore per mio fratello, specialmente dopo che seppi da un mio suddito che si
chiamava Araglar, e che era un principe degli elfi. Lui, principe di una razza minore, lui è entrato nella
mia vita, come un clandestino che possiede una barca più bella di quella in cui si è imbarcato.
Allora un giorno ripresi da solo le mie ricerche. Vagai per molto tempo. Vidi molti posti, conobbi nuove magie e
tecniche di combattimento, uccisi molte persone; ed un giorno conobbi una ragazza che mi ricordava Vivian. Il suo
nome era Jeryan malvagia quasi quanto me, ma era più chiara, come mia sorella. Era una umana, molto bella e
simpatica, e mi portò addirittura a provare qualche buon sentimento per lei. Certo non fino al fatto di amarla,
ma una simpatia reciproca ci teneva uniti. Con lei uccidemmo delle popolazioni del mare. Un giorno decidemmo di fare
una lotta per vedere chi era il più forte, e con una sola magia la uccisi. Fu l'ultima volta che un buon
sentimento avvolse a lungo la mia mente, distogliendomi dalla ricerca disperata del mio fratello Ilian, o Araglar,
principe degli elfi. Ma dopo, il mio cuore riprese a bruciare; l'odio per Araglar e per chiunque ribolliva in me come
se il fuoco dell'inferno avesse avvolto la mia anima, e stesse per prendersi anche il mio corpo. Ripresi le ricerche,
nella direzione dettatami dall'ira, e lo trovai, quel mio fratello che tanto mi aveva fatto penare ora era lè
che mi guardava con un odio nel volto, odio del quale non riesco e mai riuscirò a capire il motivo. Lui mi
odiava... lui che mi aveva preso la famiglia, lui che aveva distrutto la mia infanzia e la mia vita, lui che avevo
servito fino a quel giorno in cui fui cacciato, ora mi odiava... ed era pronto a vendicarsi dell'uccisione dei miei
genitori, dello sterminio di quei pochi elfi che non avevano fatto a tempo a rifugiarsi nell'alto delle montagne,
ma non pensava ai motivi di tutto ciò. Si voleva vendicare della vendetta; e dicono sia considerato buono,
anzi molto buono... Ma chi veramente conosce la storia non metterebbe una mano sul fuoco sull'affermare la sua
reale bontà. Ebbene ora ci sfidavamo a duello in silenzio, pensando al passato, ed io mi adiravo sempre di
più a veder la sua faccia coperta dall'orgoglio di aver distrutto l'infanzia di Horner, suo fratello, e di
esserne risultato molto buono.
Sferrai io il primo attacco, non più vilmente alle sue spalle come feci da bambino, ma lo colpii al petto,
facendogli piegare il volto in una sottile smorfia di dolore. Ci scambiammo colpi su colpi, intercalati da potenti
magie, ma ad un certo punto capii che era troppo forte, e mi lasciai colpire, accumulando tutta la forza che mi
rimaneva per uccidere la sua moglie elfa, mentre lui mi colpiva a morte, scagliandomi lontano, ma svenendo poi per
la fatica. Mi allontanai strisciando e ritornai nei monti dove fui curato da un umano a cui risparmiai la vita.
Era molto forte e malvagio e si chiamava Raumeder; con lui passai molto tempo ed assieme imparammo nuove tecniche
di combattimento, ma una volta lo trovai a frugare tra i miei soldi, e pensai che fosse buona cosa ucciderlo. Il
desiderio di trovare Araglar, il principe degli elfi, era diventato di nuovo un'ossessione, e se lo avessi
incontrato, prima di combattere gli avrei chiesto i motivi delle sue ostilità, anche se forse ciò mi
avrebbe fatto adirare ulteriormente. Un mio messo mi disse che era sparito e che il padre era ormai disperato. Un
giorno cominciai ad immaginare però un mondo diverso, un mondo dove poter ricominciare, dove poter coltivare
le mie abilità guerriere per poter sconfiggere mio fratello, ma non sapevo ne esistesse uno. Organizzai
con il mio esercito una spedizione nell'Idrien, ma nel viaggio, fui assillato dal pensiero di quel mondo fantastico.
Ed ecco che ad un tratto mi apparve una porta, seminascosta da una siepe. Una porta nera, grande e pesante, come
quella di una prigione, con in alto una lugubre e consumata dal tempo scritta che portava le lettere
S,I,L,M,A,R,I,L. Ciò che mi incuriosiva era che dall'altra parte non c'era niente, c'era bianco, un enorme
spazio vuoto e bianco. Decisi allora chi doveva diventare capo del mio esercito in caso lì dentro dovessi
morire, ed aprii la porta. Entrai in una stanza buia e piena di ragnatele, che mi piaceva molto, e mi ricordava la
casa che avevo sui monti. La porta sparì, ed io cominciai a vagare. Ora so che mio fratello, Araglar, e
mia sorella, Vivian, sono lì. La ricerca di Ilian è ricominciata, e lui cerca me. Un giorno ci
troveremo e combatteremo, ed uno di noi due perirà sotto le armi dell'altro. Se sarò io a rimettere la
vita, spero che venga, dopo di me qualcuno che mi vendicherà, e che sarà pronto a riportare la
giustizia, difendendo il male, contrastando l'ipocrisia di chi si considera buono, continuando cioè la mia
opera.
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