Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
I Racconti

Fine

di
Cleylot


Il pigro sole del mattino aveva appena iniziato a svelarsi, superando le brune che coprivano la foresta. Il mondo, silenzioso, attendeva i suoi rossi raggi per riprendere il ciclo eterno delle cose viventi. La vita si stiracchiava e fremeva, prima di iniziare una nuova giornata di lotta. Dall'alto di una candida torre, un Elfo osservava silenziosamente il lento ritirarsi delle ombre notturne, sostituite dalle calde tonalità della luce solare. Man mano che i raggi gli accarezzavano il viso e gli abiti, egli sembrava risplendere. Ché Innumerevoli gemme e rune dorate ricoprivano i suoi lunghi abiti. I lunghi capelli ondeggiavano lentamente nella fredda brezza dell'alba, assumendo un colore quasi d'oro brunito per effetto della luce.

Barad-Elen era stata costruita in lunghi anni nel più completo segreto, ed avvolta in incantesimi d'ombra e segreto, per celarla alla vista dei mortali. Solo nelle notti in cui la Luna era oscurata dal sole essa sarebbe stato possibile intravederla, cupa sagoma simile ad una lancia conficcata nel suolo, infissa nelle remote pendici degli Ered-Camloth, una regione ancora per la massima parte inesplorata delle terre vicino Midgaard. In essa, aveva preso dimora Cleylot Silmael, curando che nessuno ne venisse mai a conoscenza, perché inestimabili erano i tesori in essa contenuti, ed immenso il potere dei ricordi racchiuso negli oggetti che custodiva. Era il suo rifugio dal mondo, e il suo ultimo, prudente baluardo nel caso di gravi sconvolgimenti nelle terre di Midgaard.

La vetrata di cristalli filtrava la luce che entrava a fiotti nella grande sala del trono, ad imitazione della Torre un tempo posseduta nella perduta Tor Ylar. Le tonalità che essa assumeva erano inspiegabilmente più ricche della luce esterna. Era quasi come avvertire la sua serica carezza, mentre il tepore dei raggi riscaldava piacevolmente la pelle. I lastroni chiari del pavimento riflettevano in mille tonalità opalescenti la luce del giorno, mentre i rubini del trono d'avorio risplendevano come torce accese. Sospirando, Cleylot chinò il capo e smise di osservare le terre fuori dalla torre.. I suoi passi si avvertirono appena, ma il fruscio degli abiti venne amplificato dalle alte volte arcuate che coprivano la stanza.

Avanzò verso il trono e si sedette. Mosse impercettibilmente le labbra, mormorando un'antica invocazione degli Alti Elfi per dare il benvenuto al Sole nascente, alla Fiamma Eterna, alla Vita.

- Yerion. Vieni qui, subito.-

Il richiamo mentale si diffuse rapidamente, echeggiando di sala in sala, fino a giungere alle orecchie del custode della torre, un Elfo della Valle rivestito in un'aderente armatura di foggia alto-elfica, del colore dell'Ombra.

Con agili passi felpati, Yerion salì le lunghe rampe di scale, si inchinò davanti al trono come d'uso e inginocchiato su una gamba sola attese gli ordini del suo Signore in silenzio.

- Yerion, mi hai servito fedelmente in questi brevi anni trascorsi sotto i cieli di questo mondo. Di ciò, non posso che essere grandemente compiaciuto, oltre che riconoscente. Anzi, voglio rivelarti una cosa...-

L'elfo prestò attenzione: in cinque decadi di servizio presso Cleylot, mai lo aveva sentito parlare con quel tono di voce.

- Per prima cosa, alzati. E seguimi.-

Cleylot si alzò dal trono, il mantello orlato ricami infiammati aperto come due ali alle sue spalle, e si avviò verso le sue stanze private, seguito silenziosamente da Yerion.

- Yerion. Mi sei stato amico durante questi lunghi, difficili anni. Anche quando davanti a te non c'era che il simulacro di un Elfo abitato da una Belva sanguinaria. Perciò, da questo momento, quello che vedi qui è tuo. Ogni cosa. Potrai disporre dei miei cavalli, bere del mio vino, usare il mio oro ed i miei tesoro nascosti in questa torre.-

- Milord, consentitemi, ma non capisco. Avete forse intenzione di partire di nuovo? In tal caso, dovreste portare con voi quantomeno lo stretto necessario. Se volete, posso iniziare a preparare i bagagli sin da ora.-

Cleylot alzò la mano in un gesto infastidito. Prese un elegante, affusolato calice d'argento e vi versò del vino elfico contenuto in una brocca vicino al suo letto.

- Yerion. Si può dire che abbia deciso di partire, sì, ma per l'Ultimo Viaggio. Quello che anche noi Elfi prima o poi dobbiamo intraprendere.-

Per un attimo, Yerion rimase interdetto dalla violenza della notizia, nonché dalla calma sovrannaturale che sembrava pervadere il suo signore nell'annunciarglielo.

- Milord, ma voi siete ancora abbastanza giovane. Ed avete ricchezze, potere, conoscenze e onori quali nessun altro in questo mondo può, a mio avviso, tener testa! Abbandonare ora sarebbe folle...e....-

-...e vile, lo so. Ho riflettuto attentamente Yerion, ed ho concluso che questa è la sola via che mi è rimasta.- Sorseggiò del vino assaporandolo attentamente. - Vedi, Yerion, tu mi parli di ricchezze, ed io ti rispondo che l'oro per me non è mai stato causa di vanto. Lasciamo pure agli altri il "piacere" di scannarsi per l'oro e le gemme. Personalmente, ho sempre tenuto in maggior conto la mia conoscenza. Ma essa non andrà perduta, perché la mia anima la porterà con sé. Inoltre, il mio "potere" non è che il giusto rispetto che gli altri mi concedono perché io ne ho sempre dato. Ed anche nel caso dei miei nemici, hanno imparato a conoscere gli stendardi degli Asur ed a temerli, sia pure irridendoli. Quale miglior segno dell'irrisione per comprendere l'affanno che arrechiamo ad un nemico?- Sorrise, e bevve un altro sorso, le lunghe dita scivolando sulle minutissime perle che ornavano la coppa. -E poi....cos'altro...Onori! Sì, onori... beh, Yerion. Ne faccio volentieri a meno. La mia sostanza parla da sé, e benché il suo riconoscimento formale non possa che farmi piacere, non è che una conferma di quanto io ed ogni Elfo degno di questo nome sa: di aver tratto il massimo da se stessi, e di aver mostrato agli altri l'implacabile Luce dell'Antica Stirpe.- Terminò di bere e posò il calice su un mobiletto.

- Ma...e vostra moglie? Che ne sarà di milady Keyla? Dovrebbe esser lei ad ereditare tutto questo, non io. Ed inoltre...come potete abbandonarla così, da sola, in questo mondo crudele e lascivo?!-

- Mia moglie è partita senza neanche degnarsi di avvisarmi. Se dovessi rispettare il codice d'onore ancestrale, non dovrei neanche permetterti di pronunciare il suo nome, tanto mortifera l'ira che la sua azione avrebbe destato in me. Tuttavia, il mio amore per lei è ancora vivo. Quando mi unii a lei, pensavo con angoscia al momento del distacco...la sua natura così diversa dalla mia, il suo folle coraggio, il suo sangue misto, Yerion.- Cleylot parlava guardando fisso fuori da una stretta finestra che dava su un boschetto. Respirò per qualche istante l'odore del legno e si sentì in comunione con la Natura, ed in pace con se stesso.

- Yerion. Lei non ha alcun diritto su questa torre, né su di te né su alcuno dei miei possedimenti ereditari. Eppure, non la lascerò senza mezzi come tu temi, mio buon compagno. Fidati ancora una volta del tuo Signore...per un'ultima volta.-

Yerion chinò il capo, e attese gli ordini di Cleylot.

[...]

Krandal, Anghel, Wishmerill, Larelyth e Kijio lo osservavano con occhi tristi. Nel profondo del suo cuore sentiva anche lui dolore per quanto stava per annunciare formalmente, ma non era nelle sue abitudini lasciare conti in sospeso. Bevvero a lungo, in un'oscura taverna sperduta nei quartieri meno frequentati di Ofcol. Era la taverna in cui Cleylot aveva invitato i suoi compagni e trattato affari durante la sua esistenza in forma di Vampiro. Fiotti di ricordi lo aggredivano, e le parole dei presenti non facevano che acuire il senso di dolore. Tuttavia, procedette secondo il suo piano. Sfilò le sue ricche vesti restando con una semplice tunica bianca ed un manto grigio. Affidò i suoi averi materiali ai compagni presenti pregandoli di tenerli come ricordo ed affidò a Krandal il compito di ripartire le sue sostanze secondo i suoi voleri. Gran parte sarebbe stato versato alla moglie, il restante andava diviso fra tutti i compagni vecchi e nuovi di Cleylot.

Prima di congedarsi, osservò di nuovo i presenti.

Anghel, vecchio umano dedito ad erbe e taverne. Quante volte l'aveva aiutato, lui ed i suoi fratelli Ismaele ed Uriele, ai tempi in cui apprendista mago sulle terre di Midgaard si aggirava spaesato fra goblin e lamie. Un calice per te, vecchio amico. Mi spiace non poterti dire quanto bene ti ho sempre voluto, anche nei momenti di contrasto.

Larelyth, altra vecchia conoscenza. Lei e sua sorella Nilyth, anche loro, l'avevano spesso sostenuto e protetto durante il lungo periodo di apprendistato. Mi mancheranno le nostre liti sull'essenza della Magia. Ti auguro ogni bene, piccola orgogliosa umana. E per te, Nilyth Cacciatrice di Draghi, possano sempre le stelle brillare sul tuo cammino.

Il suo sguardo indugiò poi su Wishmerill: Wishmerill...quanto tempo è passato da quando la mia pupilla Castalia ti accolse e istruì. Porterò con me il ricordo di un mago dal cuore guerriero. Mae govannen, Angelo Addormentato.

Kijio! Il vecchio folle. Elfo come me, eppure così irriducibilmente vitale e imprevedibile. Anche se non te lo dirò mai, mi sei sempre piaciuto così. Spero continuerai a mostrare la forza della tua spada e del tuo sorriso ancora per lunghi anni.

E per ultimo, Krandal. Il mio ex braccio destro. Ora sei tu a reggere le sorti del Fulmine. Che la saggezza dell'antica stirpe ti sostenga sempre, mio buon amico e fratello.

E il suo sguardo vagò ancora...per un breve istante, rivide tutti i visi, passati e presenti, di avventurieri buoni e malvagi, furbi e ingenui, elfi e non, che per tanto tempo avevano condiviso la sua esistenza. Omaek, la sua prima maestra. Telan, il nano burbero. Danaban, la mano effeminata del Male. Kham, maga elfa. Pantera, il poeta. E come dimenticarsi di Bengalad, l'incarnazione del lato combattivo degli Elfi. E poi ancora gli Antichi, Nick, Aragorn ed Esteban. Brand, il forester che lo protesse fra gli elementali. E Drizz, Hyderil e una moltitudine di altri che in quel momento si affollavano alla sua mente, sgomitando per prevalere, assieme alle immagini dei suoi allievi. Voglio bene a voi tutti, ma il vostro sentiero si divide dal mio. Mantenete intatto il vostro cuore.

Ma dalle sue labbra uscirono solo alcune fredde parole di commiato, deciso a non mostrare nulla della gelida morsa che gli premeva il cuore, prima che aprisse una porta dimensionale verso Barad-Elen.

[...]

Yerion aprì silenziosamente le porte al suo signore, inchinandosi lievemente al suo passaggio. Rapido come il vento, Cleylot entrò nella torre e con veloci passi felpati giunse sino in cima. Tutto era pronto. Nere nuvole di tempesta si erano addensate sulla torre, richiamate dai canti di potere dell'elfo. Il Circolo Runico era completo, e le rune tracciate sul pavimento brillavano leggermente. Cleylot alzò le braccia al cielo e cantò nell'antica lingua degli Alti Elfi di Ulthuan parole cariche di potere ed energia. Le rune sul pavimento iniziarono a brillare sempre più intensamente. Il tono della sua voce saliva sempre di più, tanto che Yerion, al piano inferiore, dovette tapparsi le orecchie. Quando stava per raggiungere l'apice, Cleylot estrasse un coltello e si tagliò le vene dei polsi. Il sangue sgorgò a fiotti andando a raccogliersi in una bacinella posta al centro esatto del Circolo. Cessò di cantare. Un solo lampo sconvolse il cielo con potenza inaudita e si abbatté sulla torre. Le rune sfolgorarono e un vortice di energia prelevò Cleylot ormai agonizzante.

Quando Yerion salì a controllare, trovò soltanto rune annerite e un lieve baluginare di pagliuzze incantate nell'aria che ben presto svanirono.

- Che gli Dei abbiano pietà di te, Cleylot Silmael...che abbiano pietà di te...-

[...]

Il consiglio degli anziani di Tor Ylar, insediatosi al potere dopo la fuga di Cleylot come forma di interregno, rimase sbalordito quando al centro del salone dell'antica dimora dei Silmael comparve il corpo del figlio del defunto Merthy'el. Una ventina di elfi circondò il corpo tentando di rianimarlo.
Ma era ormai tardi. Con gli occhi dei morenti, Cleylot vide solo una grande, calda luce. Una voce dolcissima lo invitava ad ascendere verso la sorgente di quella luminosità sfolgorante, ed egli si sentì pervaso da un senso di pace quale mai aveva provato. Abbandonò ogni resistenza, mentre la sua anima raggiungeva quelle degli avi, e dalla sua bocca ormai esangue uscì un sommesso rantolo: - ...l'amore....vince.....tutto.....Keyla...-. Poi, la tenebra calò sulla sua vista.


[...]

Nostra diletta Thyr'is,
Dopo quasi duecento primavere di assenza, il vostro caro nipote è tornato, ma, ahimè, nel peggiore dei modi.(...)Il corpo dello scomparso signore di Tor Ylar, mago della Bianca Torre, figlio di Merthy'el, figlio di Aerenthys, figlio di Silmael, è stato arso oggi su una pira allestita nella piazza della roccaforte di Tor Ylar. La popolazione gli ha reso omaggio col tradizionale saluto, mille voci che intonavano l'antica invocazione "Dormi in pace, destati nella gioia". Fiamme azzurre si sono levate dal cadavere. Molti hanno sospettato in un contatto con la Tenebrosa Fonte del Caos, ma io non lo credo. L'ho istruito personalmente in gioventù, prima che venisse inviato alla Torre, e state certa che nel suo cuore non c'era posto per i Tetri Quattro. I diari che recava nascosti in una tasca interna della tunica verranno conservati con ogni cura alla Torre Bianca. Benché sicuro della sua integrità, ho già inviato rapidi messi a consegnarli ai Custodi del Sapere. Simili scritti non possono circolare liberamente in Ulthuan, parlando di confuse dimensioni esterne, e mondi accessibili dal Vortice. Possa la sua anima trovare pace e non dover reincarnarsi in questo mondo preda sempre più del caos e della barbarie.

Addio,

Thelengil
scriba di corte e bibliotecario di Tor Ylar








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