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Io mi chiamo Elsewin, sono un'Elfa dei boschi. Se noti qualcosa di strano in me è
normale, sono i miei occhi: uno azzurro e uno verde. Ci sono nata, non so la ragione di questi
strani colori. Non ho mai conosciuto i miei genitori: mio padre è morto in una terribile
battaglia contro gli odiati Drow, mia madre è morta mentre nascevo.
Vengo dal regno di Mithril, un luogo molto particolare: qui i Nani e gli Elfi hanno convissuto
per Ere, in amicizia. I Nani vivevano nelle grotte del Monte Waisshorn e da lì scendevano
nelle scure miniere nel profondo della terra, per estrarre il preziosissimo mithril, il 'vero
argento', che si trova abbondante nelle nostre terre. Gli Elfi luminosi lavoravano con i Nani
il Magico Argento, scambiandosi tecniche segrete ed antiche. Ancora vivono così insieme
Priminati e Nati dalla Terra, e il nostro Reame ha preso il nome del metallo che l'ha fatto
splendente e prospero.
Nel tempo in cui nacqui io la triste minaccia delle Forze Oscure era una realtà: eserciti
di schifose creature impegnavano tutti gli Elfi del territorio. Erano nati in ogni caso molti
piccoli elfi in quegli anni, per uno strano motivo erano tutti maschi, io ero l'unica femmina.
Gli Elfi non hanno mai molti figli, alcuni Uomini sostengono che solo quando muore un componente
del gruppo si fa nascere un nuovo individuo, ma non è così. Io credo che noi Elfi,
così legati alla Natura e ai Boschi, non vogliamo in nessun modo sbilanciare l'equilibrio
delle cose. Ma sono ancora troppo giovane per avere un'opinione.
Nella Casa dei Fanciulli risuonavano le grida di quasi cento piccoli elfi e di un'unica elfa.
Gli educatori decisero di farmi diventare una combattente, mi sarei specializzata dopo
l'ammissione tra gli adulti, così giocando, istruendomi e combattendo passai la mia vita
senza grandi avvenimenti fino a 16 anni. A questa età nel mio regno si è ancora
bambini, o poco di più, le Elfe di solito smettono di crescere verso i 20 anni.
Fu in primavera che arrivò nella capitale l'esercito di Eomer. Avevano sconfitto un
grande esercito che minacciava tutti i territori controllati dagli Elfi, una terribile armata
composta da Drow, Orchetti e viscidi Quasit.
Eomer aveva deciso di fare visita al nostro sovrano Wonmaril per far riposare gli uomini prima
del loro ritorno in patria. Credo che il nostro re fosse in qualche modo imparentato con Eomer,
forse era un suo cugino. Quando seppi dell'arrivo dell'esercito ero nella Casa dei Fanciulli, e
corsi insieme agli altri lungo i sentieri del bosco fino alla reggia per vedere passare i
soldati. In testa all'esercito, a fianco del comandante, cavalcava Glorfindel della Casa di
Eomer. Egli era alto e bello, con lunghi capelli biondi che gli scendevano sulle spalle e
sguardo deciso. Il suo braccio era fasciato, ma montava fieramente il suo cavallo. Il mio cuore
cominciò a battere più forte, perché mai avevo visto qualcosa di così
bello, e lo seguii con lo sguardo mentre passava con Eomer e il suo esercito.
Lui guardò con occhi benevoli la folla che li accoglieva, e si diresse verso i sovrani.
D'improvviso Glorfindel si fermò e mi guardò negli occhi. Rimase un istante
interdetto, come tutti quelli che mi guardano per la prima volta. Poi mi sorrise e sentii la
sua voce mormorare "Salute Elsewin Dai Luminosi Occhi". Non so dove trovai il coraggio di
rispondergli, ma mi inchinai e lo salutai a mia volta, con le guance in fiamme.
Credo che sorridesse, mi sfiorò la guancia con la mano e mi disse "Quando sarai cresciuta
tornerò a prenderti", io guardai i suoi profondi occhi grigi e all'improvviso sentii un
dolore lancinante alla mano e davanti a me apparve un'abbagliante luce bianca. Abbassai gli
occhi e quando li rialzai Glorfindel era a molti metri di distanza da me, intento a parlare con
Eomer e con Wonmaril. Avevo dunque immaginato tutta la scena? Guardai la mia mano sinistra: sul
dorso c'era un segno, una piccola stella d'argento. Era come se la pelle avesse cambiato colore,
fosse diventata di metallo, di mithril. Alzai di nuovo lo sguardo: sulla fronte di Glorfindel
c'era una stella della stessa forma, con otto punte di cui quattro più lunghe, legata
tra i capelli con un filo sottilissimo. Non mi ero immaginata tutto, ma forse il nostro incontro
era avvenuto solo per me e lui. Tenni nascosto il mio segno, e a quanto pare nessuno se ne
accorse.
Non mi chiesi mai il perché della sua scelta; oltre ad essere molto giovane, perfino per
un Umano, io non sono nobile o di stirpe antica: i miei genitori erano un guerriero ed una
guaritrice molto abile, nulla di più. Ma in qualche modo lui aveva visto in me qualcosa
di speciale per lui, e a me bastava questo.
Passò circa un anno, e il giorno del mio diciassettesimo compleanno il mago del mio
villaggio mi chiamò sul suo albero. Mi squadrò,da capo a piedi e mi parlò.
"Sei molto cresciuta Elsewin e sei pronta per la Danza delle Spade. Dovrai affrontarla questa
notte stessa: c'è la luna piena ed è la prima notte di Maggio. Camminerai seguendo
il Sentiero Bianco fino al Lago Nero, le Spade di Mithril saranno pronte per il tuo arrivo".
Detto questo mi congedò.
Passai il resto della giornata a prepararmi... La Danza delle Spade è un antico rito che
tutti gli Elfi di 17 anni devono compiere nel nostro Regno. In una zona segreta del nostro bosco
c'è un lago senza fondo, nero come la notte. Su di esso si librano, per una potente magia,
cinque spade di Vero Argento. Quattro sono disposte a croce, orizzontali, e nel loro mezzo si
erge la quinta, che rivolge la punta al cielo. I giovani Elfi che vogliono essere ammessi tra
gli Adulti devono danzare per una notte sulle spade, senza fermarsi e senza cadere mai. Nessuno
assiste alla danza, eppure Qualcuno controlla sempre: ogni tanto un giovane Elfo deve andarsene
dal Reame perché non ha superato la prova.
Non so quale sia la vera natura del Lago Nero, ma credo che rappresenti il Male, o la Morte, e
che danzare sopra di esso voglia dire sostenere la sfida che queste entità portano. Non
so neanche il perché di questo rito, forse serve ad evitare che i giovani Elfi si trovino
sperduti davanti alla loro vita da adulti, o forse in qualche strano modo a me sconosciuto
attraverso la danza si può capire il futuro di quella persona, e quindi sapere se si
voterà al male o al bene.
Dopo questa specie di esame bisogna scegliere che cosa diventare. Mio padre era un guerriero e
mia madre una guaritrice, ma l'Addestratore della Casa dei Fanciulli mi aveva detto che avevo
grandi capacità mentali. A me gli psionici non piacevano; mi piacevano i silenziosi e
terribili Ninja, dallo sguardo sereno e dai movimenti leggeri. Si, sarei diventata una Ninja.
Quella sera mi vestii solo del mio manto grigio e una donna adulta mi acconciò i capelli
in lunghe trecce attorcigliate. All'ingresso del Sentiero Bianco trovai il mago, che mi fece un
incantesimo di benedizione. Mi recai correndo fino alla Radura.
Le spade sospese appena sopra l'acqua scintillavano debolmente alla luce delle stelle, ma io
avrei dovuto aspettare la Luna per cominciare la mia prova. Non mancava molto, per fortuna,
perché la mia tensione era arrivata al limite della sopportazione. Appena il primo
raggio di luce lunare toccò la punta della spada verticale una specie di mano fatta di
vento mi trasportò sopra il lago e mi depose sulle dure lame di mithril. Lasciai cadere
il mio mantello e mi sciolsi i capelli. Ora dovevo danzare, con i piedi nudi e lo sguardo al
cielo.
Non era una prova difficile: mille volte con i miei compagni avevamo ballato sui rami altissimi
degli alberi secolari, e mille volte ci eravamo sfidati nel correre tra le affilate canne Moth
che crescevano lungo i torrenti.
Sentii magia bianca e scura percorrere l'aria vicino a me, ma nulla cambiò il ritmo
della mia danza, perché guardando le luminose stelle io mi sentivo protetta.
All'improvviso una raffica di aria gelida mi passò vicinissima e poi mi colpì. Fu
un istante, e per un istante la mia schiena si appoggiò alla lama affilata della spada
verticale. Continuai a ballare, sentendo il mio sangue rigarmi le gambe e le spade farsi
viscide, i miei piedi scivolavano senza peso e mi sentivo la testa leggera. L'alba mi colse che
ancora resistevo, e la mano di vento mi riportò alla radura dove persi i sensi.
Mani sconosciute curarono il taglio, e mi svegliai giorni dopo già guarita. Una lunga
cicatrice bianca correva ora perfettamente dritta lungo la mia spina dorsale, non sarebbe mai
più sparita. Ma avevo resistito fino all'alba. La prova era superata o no?
Il mago mi convocò il mattino seguente e con lui c'era Sire Wonmaril, mi guardarono con
occhi scuri e io tremai ancora una volta. Fu il mio Re a parlare.
"La tua prova è superata. Ma l'Abisso ha sentito il sapore del tuo cuore e questo non
è bene, l'Oscuro ti ha vista nelle tue gocce di sangue e ti darà la caccia. Hai
vinto e perduto allo stesso momento: ai nostri occhi tu hai passato il tuo esame, ma non puoi
rimanere qui, saresti la rovina del nostro Regno. Devi andare in un luogo dove il Tempo e lo
Spazio scorrono in modo diverso dal nostro e l'Oscuro Esercito non ti possa reclamare tra le
sue file. Creerò una Porta e tu vi passerai attraverso. La tua dimora sarà uno
dei Silmaril, dove ti farai onore in nome del nostro regno. Ti chiamerai Stella di Vento
perché come una stella brillerai e come il vento l'Oscuro non potrà afferrarti".
Macchie scure mi apparvero davanti egli occhi e sentii il bruciore della sconfitta e la
dolcezza della vittoria. Mai il mio cuore aveva battuto così piano e così veloce
in così poco tempo. Poi il mio sguardo corse alla mano sinistra, e le lacrime rigarono
il mio viso.
"Non preoccuparti: dovunque sarai lui ti ritroverà".
Guardai il Sire e il Mago e con lo sguardo li supplicai di farmi restare. Solo un istante, poi
strinsi sul cuore la mano con la stella e affrontai il mio destino.
Con un lento cerchio della mano il Mago creò un vortice dai riflessi azzurri e oro.
Salutai con uno sguardo la mia terra, il lavoro di Elfi e Nani, i miei amici, i torrenti e gli
alberi dorati, i fiori. Pensando agli occhi grigi di Glorfindel mi gettai nel vortice.
"Come ti chiami?"
"Sono Elsewin. Elsewin Stella di Vento"
"Benvenuta a Silmaril. Io sono Cleylot Silma Elen. Serve aiuto?"
"Sì. Non so cosa devo fare"
"Seguimi, ti insegnerò le cose più utili"
"C'è qualcuno qui che si chiama Glorfindel?"
"No. Non ancora".
...
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