Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
I Racconti

La mia missione

di
Flowris


Molto tempo fa avevo deciso quale sarebbe stato il mio destino: combattere i peggiori assassini, portatori di morte e terrore, per rendere il mondo più vivibile. Ma per compiere questa missione avevo bisogno di allenarmi ancora molto per conseguire una perfetta conoscenza dell'arte della guerra e raggiungere la pienezza dei miei poteri magici e del mio vigore fisico.
Ora, a 70 anni, avevo tutte queste cose, aspettavo solo di incontrare i miei avversari.

Il destino mi portò in dono prima di ogni altri Venge. Egli, molti anni addietro, sotto forma di vampiro, mi aveva ucciso senza alcuna apparente ragione e comunque guardandolo in faccia capii che non avrebbe avuto senso chiederglielo. Lo raggiunsi, si trovava nei pressi di Solace, in una pianura da cui si poteva sentire la bellissima voce di Goldmoon. La sua canzone fece da sottofondo al nostro duello, mentre lui, che aveva stampata in faccia la sua solita espressione sciocca, si chiedeva cosa ci facessi lì.
Generosamente evitai quello sforzo enorme al suo misero intelletto.
Cinque secondi scarsi. Ero un pò deluso, poi però ci pensò lui stesso a consolarmi: sfoggiando tutta la sua fine oratoria, rivolgendosi a me, urlò: "scemo". Effetivamente, non potevo aspettarmi di meglio da lui.

Passarono interminabili mesi. Cercavo avidamente creature del crepuscolo da schiacciare, ramoscelli dell'albero del male da spezzare, ormai non volevo più un mondo giusto e sereno, mi importava solo uccidere coloro che tanto male avevano arrecato alle persone che amavo, tra queste ultime mettevo il sottoscritto in testa. Probabilmente non ero migliore di coloro a cui davo la caccia, ma non me ne importava, non mi importava più di nulla, questa missione era l'unica cosa che mi teneva ancora in vita.

Un giorno fortunato, i miei sublimi sensi elfici captarono qualcosa.
L'odore inconfondibile di Ercole, guerriero drow che mi aveva ucciso così tante volte che avevo perso il conto. Con la magia confermai quel sospetto e la caccia iniziò. Si trovava sottoterra, non potevo raggiungerlo con la magia. Non chiedevo di meglio, lo avrei braccato a piedi e ad ogni passo la mia febbre sarebbe cresciuta. Sfortunatamente si trovava in compagnia di Experia, una mezz'elfa che conoscevo e a cui volevo molto bene.
Ma per nessuna ragione al mondo mi sarei lasciato sfuggire quell'occasione.
Gli sorrisi e lo attaccai, il poveraccio cominciò ad abbuffarsi con quelle schifezze rosse, ne mangiava a quintali, se non lo avessi ucciso io sarebbe morto soffocato probabilmente. Che spettacolo eccitante, sorridevo soddisfatto.
Notai l'espressione terrorizzata della fanciulla, così presi quell'essere immondo e lo trasportai lontano in modo che lei non vedesse la sua orribile fine. Un getto d'acido dilaniò il suo corpo che cadendo a terra divenne una massa informe e putrescente. Ebbi un sussulto di piacere. Oramai ero schiavo della mia follia omicida, ma non c'era tempo per godersi quelle piacevoli sensazioni, avevo già notato un'altra presenza non distante: Gelesad.

"Bene", pensai, "due in una volta sola". Una risata diabolica seguì quelle parole. Lo cercai attentamente, ma di lui nessuna traccia. Allora decisi di uscire da quel postaccio per meditare sulle mie prossime mosse.
Non feci a tempo a raggiungere la mia meta che notai nuovamente la presenza di Gelesad, senza perdere un secondo lo raggiunsi. Anche lui non era solo.
Un'umana era con lui, Jibrielle il suo nome. Inutile dire che la conoscevo e che lei aveva un forte ascendente su di me. Vederla per poco non mi fece cambiare idea, ma non ero padrone delle mie azioni. Una voce nella mia testa tamburellava: "la missione, devi portare a termine la missione".
Non sapevo dove ci trovavamo e francamente non me ne importava nulla.
Attaccai. Ad un certo punto però mi resi conto con mio grande stupore che Jibrielle era intervenuta e combatteva al fianco di Gelesad, contro di me!!!

Panico.

Non riuscivo a darmi una spiegazione, perchè diavolo lo stava aiutando?
E soprattutto, per quale assurda ragione mi aveva attaccato?
Aprofittando della mia distrazione Gelesad scappò, lo cercai intontito.
Tornai dalla donna e, infuriato, le chiesi spiegazioni. Lei, visibilmente scossa, farfugliò frasi senza senso, sensa alcun senso. O forse ero io che non capivo. Andandomene sentii Gelesad che imprecava contro di me, parlando di guerra e altre sciocchezze sulla stessa falsariga. Non riusciva in alcun modo a spiegarsi quel mio attacco, così lo rimproverai per la sua scarsa memoria. Certo, erano passati parecchi anni, ma io ricordavo benissimo la sua pugnalata alle spalle che mi aveva lasciato a terra esanime. Non riuscii a risvegliare la sua memoria ma promise di uccidermi. Trattenni a stento una risata e poi gli rinfacciai: "Proprio non capisci, tu non puoi battermi".
Mi rivolsi ancora una volta a Jibrielle dicendole di odiarla. Lei replicò chiedendomi se l'avrei uccisa. Sgranai gli occhi. Me ne andai nascondendo una lacrima, lacrima che ben presto dimenticai, sapevo benissimo che quella giornata non era ancora finita, perchè io non avevo ancora finito.

Dopo qualche ora tornai da Gelesad, lo stolto non si aspettava un altro attacco.
Jibrielle era ancora con lui, non la degnai di uno sguardo. Ero concentrato solo su Gelesad, tuttavia notai che si trovavano in un luogo chiuso non so dove, ma il fatto che non ci fossero uscite andava a mio vantaggio.
Avremmo combattuto fino alla morte. Mi avventai contro Gelesad, ancora una volta Jibrielle non si limitò a curarlo ma mi attaccò. Purtroppo me ne accorsi solo dopo che Gelesad era già morto, poichè i miei miei occhi erano iniettati di sangue e la furia mi rendeva cieco. Ma non appena misi a fuoco il mio avversario e vidi Jibriellina, come la chiamavo io, sanguinare copiosamente a causa dei miei colpi mortali, ebbi un conato di vomito.
Non aveva possibilità di fuggire, sarebbe morta a momenti, ma io, io non potevo ucciderla, mai avrei voluto nemmeno sfiorarla. Dovevo agire in fretta.

Gridai disperato: "NO, TU NOOOOOOOO". Sfondai una porta e scappai.
Corsi lontano bagnando il cammino con le mie lacrime. Andai al mio rifugio segreto. Non che avessi bisogno di un rifugio o di segretezza, nessuno infatti poteva battermi. Ma avevo bisogno di meditare, avevo bisogno di pace e solitudine. Ben presto il mio alterato stato mentale lasciò spazio alla lucidità, anche se a dire il vero mi chiesi se ero mai stato lucido nella mia inutile vita.

La mia missione ? Ma quale missione...
Quello che volevo era solo vendicarmi di chi mi aveva ucciso, tutto il resto era un'architettura in stile barocco sorretta da pilastri di sciocchezze e falsità. Sono soddisfatto ora? No. Manca ancora una qualcosa.
Qualcuno.
Penso di conoscerlo meglio dei suoi più intimi amici e proprio perchè lo conosco così bene mi sento in dovere di porgergli delle scuse.

Perdonami Giomadice, perdonami Principe delle Tenebre, se non ti aspetto.
Ma la mia esistenza volgerà presto al termine. Nulla mi lega più a questo mondo, nemmeno il desiderio di ucciderti.








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