Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
I Racconti

Ciò che non doveva essere

di
Elsewin


Malenwe fissò il vuoto davanti a se e cercò di non pensare al suono che proveniva dalla piccola culla a fianco a lei.
Come era potuto succedere? Non riusciva ancora capacitarsi, non ci riusciva ormai da dodici mesi. Così riprese in mano il diario sgualcito e cominciò a leggere da un anno prima, quando tutto aveva avuto inizio.


Caro Diario,
ho incontrato finalmente un po' di compassione in questa fredda terra, da quando gli orchetti hanno distrutto il villaggio. Sono ospite di una famiglia di Nani, in una grotta in cui riesco a malapena a stare in piedi. Non hanno considerato il fatto che sono un'Elfa, hanno solo visto i miei vestiti stracciati e la mia disperazione.
Sono molto ospitali, il loro cibo è semplice e le loro maniere rozze, ma in compenso portano gioielli bellissimi, che da quello che mi hanno detto fanno loro. Anche le loro armi sono splendide.
Gioco con i loro bambini: sembrano piccoli Elfi, alcuni hanno anche gli occhi verdi, ma cominciano presto a deformarsi. E' incredibile come io non riesca a vincere il disprezzo che questa razza suscita in noi Priminati.

Caro Diario,
oggi il figlio maggiore del padrone di casa, il suo nome nella nostra lingua suona come Shazhak, mi ha portato a vedere i laboratori dei gioielli. Sono ancora incantata dal fatto che quelle tozze dita riescano a lavorare cose così leggiadre. Un orafo mi ha messo in mano una collana che pesava come una piuma, tutta formata da piccole foglie di vite unite insieme. Ho desiderato da subito quel gioiello, ma i Nani sono molto gelosi delle loro creazioni. Vorrei poter descrivere la bellezza delle else per le spade, scintillanti di gemme che estraggono loro stessi dalle miniere: mi hanno portato anche lì, quasi a forza.
Non sono mai stata così terrorizzata in vita mia, neanche davanti agli Orchetti che sterminavano i miei fratelli. La buca era nera, umida, non vedevo nulla a parte la pallida luce delle lampade e quella verde di alcuni funghi che loro fanno crescere apposta.
Me ne sarei andata subito, e di corsa, fino al primo villaggio di Elfi, ma l'inverno ha bloccato praticamente subito tutti i passi e la neve è troppo alta perfino per camminarci sopra.
Shazhak deve aver capito la mia paura perché mi ha portato fuori. Mi è parso buffo che una creatura che mi arriva a malapena alla spalla (nonostante io sia piuttosto bassa) pretenda di aiutarmi, ma in fondo non avevo scelta.

Caro Diario,
ieri sera sono stata su fino a tardi per ascoltare le leggende dei Nani. Sono piuttosto ingenue, ma alcune hanno tracce di poesia, in particolare quelle che narrano di tormentate storie d'amore. Sono abbastanza simili a quelle elfiche, tranne che queste di solito finiscono bene.
Ne ho parlato con il loro bardo, un Nano vecchissimo con la barba che gli arrivava ai piedi, e mi ha spiegato che le storie tristi non aiutano nella vita di tutti i giorni, mentre quelle felici la sminuiscono: quelle tormentate ma a lieto fine danno un esempio positivo e sono le migliori. Naturalmente Shazhak traduceva tutto, perché questo Nano non parla la lingue neutra. Più ci penso più mi sembra che avesse ragione: io non mi sentivo affatto bene dopo aver sentito i canti di Beren e Tinùviel, a casa.
Ho avuto un piccolo diverbio con la padrona di casa: volevo cucinare un piatto un po' elaborato, ma lei si è rifiutata di lasciarmi sola in cucina. Io da parte mia non avevo intenzione di svelarle i segreti elfici su come fare il pane, e lei mi ha tirato un tubero. Naturalmente non mi ha colpito, e io ne ho approfittato per rilanciarglielo. Ha attaccato a strillare come una gallina e si è messa ad inseguirmi, con una padella in mano, al che io le ho strappato la cuffietta e lei mi è letteralmente saltata addosso. E' dovuto intervenire suo figlio per staccarci. Così adesso non c'è né pane elfico né la cena, che nel frattempo si era bruciata tutta. Suo marito l'ha sgridata, e per me è stata una bella soddisfazione, se non fosse che dopo si è permesso di sgridare me. Ero così sconvolta che non gli ho detto niente.

Caro Diario,
mi rendo conto che scrivo solo raramente. Sto cercando di imparare come vivono questi Nani perché il bardo ha detto che l'inverno sarà lungo. Ho fatto pace con la signora Hamî e in questo momento il mio pane sta cuocendo nel forno accanto alla sua torta di carne. Mi ha perfino dato il permesso di usare il suo setaccio personale (la farina che hanno qui è troppo grossolana). Forse le insegnerò come cucinano gli Elfi. Forse.
Shazhak mi ha promesso che domani mi farà vedere una cosa bella, così chiudo qui e vado a dormire (hanno dovuto allungare il mio letto perché non ci stavo nei loro!).

Caro Diario,
sono ancora senza parole. Shazhak mi ha bendato e mi ha fatto camminare a lungo tra i cunicoli delle miniere. Quando ho potuto aprire gli occhi non ho potuto trattenere un grido: i funghi, quelli verdi fosforescenti, ricoprivano completamente una piccola grotta, riempiendola di una luce soffusa, fresca, bellissima. Le ramificazioni della pianta formavano dei merletti delicatissimi, trasparenti di luce. Non so cosa sia successo, ma mi sono messa a piangere disperatamente sulla spalla del Nano. Non mi sentivo così felice e triste da tanto tempo, non pensavo che questi esseri potessero concepire questo grado di bellezza, questa piccola perla della natura.

Caro Diario,
non capisco più nulla. L'altro giorno non sono stata sincera, non ti ho detto tutto: nel tornare indietro dalla grotta il Nano mi ha preso la mano, per guidarmi. Ero... strano, non so dirlo come ero, ma non era spiacevole come avevo immaginato. Ti ho mai detto che ha gli occhi neri e profondi, e i capelli del colore del pelo dei daini? Non è affatto brutto, ma è un Nano.
Stamattina ho visto per la prima volta una giovane Nana. Di solito se ne stanno tappate in casa, ma questa stava andando a sposarsi. Era vestita di lamine d'oro e portava un gioiello di mithril così bello che il suo viso sembrava quasi quello una Elfa. Era assolutamente raggiante, e la sua gioia mi ha fatto sentire ancora più sola.
Approfittando del fatto che erano tutti al matrimonio sono tornata nel laboratorio di oreficeria. I fuochi erano ancora accesi, così ho potuto sfiorare in pace le forme allungate ed armoniose dei pendagli, così simili quelli che tante volte avevo visto addosso agli Elfi.
All'improvviso ho sentito una mano toccarmi la spalla. Era Shazhak, non l'avevo sentito. Non ricordo bene che cosa è successo, ma lui mi ha fatto sedere su una piccola sedia foderata di velluto e mi ha porto qualcosa. Era una sottilissima collanina di mithril, fatta da minuscole foglie di edera alternate a fiorellini di elanor. Me l'ha messa al collo, e nel far questo mi ha baciato la fronte.
Sono confusa, molto. Sono qui da quasi tre mesi e ho imparato molto sui Nati dalla Terra, e adesso so apprezzare Shazhak, ma lui è un Nano e io un'Elfa.

Caro Diario,
come è successo? Continuo a pensare a lui, e il fatto di portare sempre addosso questo gioiello così perfetto non mi aiuta. L'ha fatto lui per me, ma non desidera che si sappia che me l'ha dato. E' molto bello, con quello sguardo tra il fiero e l'intimorito, so che se dovessi essere in pericolo mi proteggerebbe, che se fossi sola con lui saprebbe come farmi sopravvivere. Quando nessuno lo vede mi sfiora una mano, e io mi sento così felice. Sai, quando siamo seduti lui è alto come me!
In verità sono così piena di dubbi! Che cosa devo fare? Oh, avessi qui vicino le mie sorelle, così sagge e piene di consigli...

Caro Diario,
oggi Shazhak mi ha riportato nella grotta dei funghi. Forse sapevo già che cosa sarebbe successo, ma volevo tornare lì con lui. Mi ha baciata una volta, e poi ancora e ancora.
Sono assolutamente felice, siamo rimasti lì tutta la notte e...

Malenwe chiuse di scatto il diario, gli occhi lucidi. Aveva ritrovato le ragioni del suo amore, lo sentiva ancora bruciare in sé. Non li aveva odiati quando l'avevano allontanata, in Primavera. Si erano accorti che era incinta e credevano che si fosse incontrata con qualche Elfo dei dintorni.
Shazhak non aveva versato una lacrima, ma nei suoi occhi c'era tutta la sofferenza di una fine già predetta.
In Autunno era nato il suo bambino, in una tribù di Elfi Silvani, la levatrice aveva rivolto verso di lei gli occhi ciechi e aveva scosso perplessa la testa.
Adesso era decisa: avrebbe tenuto con sé la sua creatura, l'avrebbe cresciuta qualunque cosa fosse diventata, in nome di Shazhak e di quello che c'era stato tra di loro.
Baciò la testa riccia del suo bambino e gli mise al collo la collanina con le foglie di edera.
"Ti chiamerai Melnim, che in lingua Elfica vuole dire Puro Amore"
Poi sorrise, pensando che nell'Idioma Oscuro lo stesso suono significava 'Ciò che non avrebbe mai dovuto essere'.








[ Entrata ]   [ Gioca ]   [ Mappa ]