Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
I Racconti

Tigre Bianca

di
Laymen


Questa è la mia storia, ma non l'ho scritta io. L'arte di narrare non viene insegnata nella scuole di guerra e quindi non è nelle mie capacità. La pergamena che leggerete è stata scritta da un Bardo della mia terra, di cui non conosco il nome.

La Grande Steppa della Terra di Wood. Un'ondata di uomini comparve da dietro le colline, rapidi e neri come formiche di un enorme esercito.
I goblin che li attendevano tra le erbe della steppa si sentirono tremare il cuore.
Davanti a tutti cavalcava un grande guerriero, con la spada lucente sguainata. La cavalleria era composta da uomini del Nord, dotati di lunghe e robuste braccia, che brandivano daghe e spade corte. Dietro di questa, in perfetto ordine, la fanteria pesante, dove gli uomini del Sud altissimi e forti lanciavano urla di guerra tenendo alti sopra la testa i giavellotti e le spade lunghe. Sulle ali gli arcieri, gentile concessione del Re degli Elfi di Northwood, mezzi elfi ed elfi dai lunghi archi argentati con le frecce già incoccate.
La battaglia della steppa di Waern durò sei ore. Al termine i pochi goblin rimasti in vita chiedevano pietà e furono graziati, portati in catene a lavorare nelle miniere.
Nella retroguardia, composta per l'occasione dai giovani che avevano appena conseguito il diploma della Scuola di Guerra della capitale, l'emozione era grandissima: i ragazzi si mostravano i trofei conquistati e già raccontavano le proprie imprese. Nessuno di loro era morto o ferito in modo grave. Le ragazze, poche ma agguerrite, lanciavano grida di guerra entusiaste. Ad un certo punto dal gruppo dei cavalieri si staccò un uomo. Era leggermente ferito ad un braccio e l'elmo gli nascondeva completamente i lineamenti. Si avvicinò alla più bassa tra le guerriere e si alzò la celata. Il suo volto era abbronzato, corti capelli ricci spuntavano dall'elmo, gli occhi neri splendevano di gioia. Nel guardarlo la ragazza arrossì fino alla radice dei suoi riccioli biondi. Era molto bella, con luminosi occhi azzurri e il viso ovale.
"Laymen, il nemico è sconfitto! Ci sposeremo domani, dopo la festa per la grande vittoria!"
Lei con un sorriso dolcissimo gli porse la mano.
In seguito nessuno riuscì bene a stabilire che cosa fosse successo, fatto sta che i goblin prigionieri riuscirono a liberarsi, o forse fu un sopravvissuto a liberarli, comunque uno di loro riuscì a prendere la cerbottana e a lanciare un colpo, prima di essere crivellato di frecce.
Un urlo di donna percorse tutto il campo, ma non era una donna ad essere colpita. Un cavaliere stava lentamente scivolando da cavallo, con il dardo conficcato nel petto.
Laymen lo depose per terra e gli sfilò l'elmo.
"Amore mio..."
"Coraggio Balior, resisti! I guaritori stanno arrivando!..."
"Mia dolce bambina... il veleno dei goblin... non perdona..."
"Non dirlo! Ti prego... Dobbiamo sposarci domani, ricordi? Ti prego..."
"Laymen... grazie... grazie per tutto quello che avrebbe potuto essere... e non è stato..."

Una tigre. Una tigre bianca che si agita in gabbia e cerca di uscire.
Laymen si svegliò con un urlo. Tutte le notti, tutte le notti da quando il suo promesso era stato ucciso, sempre quel sogno. Si sarebbe recata quanto prima dalla donna di medicina.
"La tigre sei tu"
"Io? Ma che cosa significa?"
"Tu hai un compito. Balior non aveva altre mogli o figli, quindi tocca a te vendicarlo"
"Vendicarlo?! Ma il suo assassino è già stato ucciso!"
"La sua anima è ancora legata a questo posto, devi vendicarlo"
"Ma..."
"Posso solo darti un'indicazione: il suo assassino è stato liberato dalle corde da un goblin della Steppa Sud. Vive ancora."
Laymen sentì la collera salirle dentro come la marea, incontenibile. La vecchia donna di medicina sorrise con uno sguardo crudele.
"Hai liberato la tigre. Adesso devi compiere la tua missione"

La Steppa Sud. Dove l'erba spinosa da verde diventava gialla, marrone. Il vento fischiava e i pozzi erano sempre più scarsi. Di giorno il caldo, la notte gelo terribile. Laymen continuava a camminare, con le vesti stracciate e il mantello di pelliccia buttato sulle spalle. Sapeva dove si trovava la tribù da cui veniva uno degli assassini di Balior, andava avanti con gli occhi fissi all'orizzonte, a quando avrebbe visto spuntare il teschio impalato che segnalava gli ingressi delle caverne goblin.
Aveva comprato una lunga spada e camminava da più di tre settimane tenendola sempre in mano. Ormai non ne sentiva più il peso, solo la sensazione di avere qualcosa di terribile in suo potere. Non era veramente sicura di saperla usare a dovere, dopotutto tutti i giovanissimi combattevano solo con le daghe. Ma era sicura che a costo di morire lei stessa, il suo Balior sarebbe stato vendicato.
Finalmente, il segnale. Laymen si avvolse ancora di più nel mantello e si infilò nel primo buco. Fortuna volle che fosse un'abitazione, piena solo di goblin femmine e mostriciattoli. La spada assaggiò il suo primo sangue. Da qui continuò, abitazione dopo abitazione, usando i cunicoli di collegamento e senza risparmiare nessuno. Quando si trovò di fronte un gruppo di soldati armati di cerbottana sentì il sangue salirgli al cervello, senza rendersene conto alzò la testa e ruggì.
Nessuno dei goblin riuscì a fermare la sua ira, sembrava trasfigurata. Più di uno, prima di morire, ebbe la visione di una tigre bianca che si avventava tra di loro.
Quando Laymen si risvegliò era completamente circondata da corpi insanguinati di mostruosi goblin. Se li scosse di dosso, schifata. Riemerse alla luce del pallido sole e cominciò la strada del ritorno. Una grande tristezza le rallentava i passi, se la sentiva addosso come una cappa di piombo e le erbe gialle della steppa apparivano sfocate dalle lacrime. Vendetta era fatta ma lei non si sentiva affatto meglio, tutta la sofferenza che aveva represso con il suo sentimento di rabbia improvvisamente emergeva dagli spazi più profondi della sua anima.
Quando arrivò ai primi alberi del Southwood aveva pianto fino ad averne gli occhi gonfi e il fiato spezzato. Ogni istante Balior era davanti a lei, che rideva, che combatteva, che le prendeva la mano. Ogni minuto moriva di nuovo davanti ai suoi occhi, con il fiero volto rivolto verso il sole.
Laymen si sedette sulla radice di una grande pianta.
"Voglio andare via per sempre! Deve, deve esserci un posto dove io non veda il mio perduto amore in ogni pietra e in ogni filo d'erba!"
Conficcò la spada nell'erba e si prese la testa tra le mani. La alzò di scatto sentendo il suono.
A pochi metri da lei un Elfo stava suonando il flauto. Una specie di nebbiolina verde saliva dal bosco e tutto sembrava irreale. Quando alzò il volto dallo strumento Laymen si sentì morire.
"Balior!"
Ma fu solo un istante: l'Elfo aveva lunghi capelli neri, lisci e gli occhi grigi. Sorrise dolcemente e le indicò l'albero dove era seduta. Vicino alla radice c'era un foro, con una piccola scritta dorata: Silmaril.

Si preparò con cura al suo ingresso: riannodò il suo abito, pulì il mantello e lucidò a lungo la spada. Quindi si accinse ad aspettare la sera. Quando l'ultimo raggio di luce colpì il foro si girò verso il sole.
Addio Balior. Grazie per tutto ciò che avrebbe potuto essere e non è stato...
La foresta le sorrise. Con un solo balzo si gettò verso il nuovo mondo che la aspettava, e sparì per sempre dalla Terra di Wood.








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