Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
I Racconti

La storia di Ellemir Valenta Isil Lanart-Alton

di
Ellemir


Il porto di Dalereuth si stava svegliando pigramente nella tenue luce mattutina. La leggera foschia era l'unica abitante delle strade, oltre a qualche gatto e a qualche passante di ritorno a casa dopo una notte passata in una taverna ad ascoltare i racconti dei bardi e a bere birra.
Coelin si strinse il mantello e rabbrividì. Si guardò attorno furtivo, camminando alla massima velocità che le sue tozze gambette gli permettevano. Un gatto grigio gli attraversò la strada di corsa, facendolo sobbalzare. Il cappuccio volò via e la zazzera di capelli castani fu scompigliata dal vento che si alzava leggermente dal mare, prima che il proprietario riuscisse a nasconderla sotto il cappuccio del mantello verde bosco. Imprecando leggermente contro i gatti, accelerò l'andatura. Non aveva intenzione di rimanere in quel porto un istante più del necessario. Aveva venduto tutti i vasi che era riuscito a trasportare dalle Terre Aride e il guadagno si era mostrato notevole. Poi era arrivato quello strano uccello con quel messaggio. Coelin Di Asturien aveva accolto l'uccello con un grugnito di disapprovazione. Seduto al bancone del suo negozio situato sul lungomare, non amava vedere animali infiltrarsi fra le splendide ceramiche e il delicatissimo cristallo dei suoi vasi. Il corvo di mare sgrullò le ali fradice di pioggia, inondando il bancone di splendide goccioline luccicanti. Una pergamena pendeva dalla zampa destra, e Coelin si sbrigò a recuperarla, lanciando occhiate d'odio prima all'immenso corvo bianco e poi alla lettera, irritato per il modo in cui l'ignoto mittente gli aveva recapitato quel rotolo di pergamena. Oltre all'aver terminato la mercanzia, la causa prima della sua sbrigativa partenza da Dalereuth era rinchiusa, sotto forma di parole e frasi, in quella lettera spedita da una persona che tutti credevano, errando, morta. Tutti tranne uno.
I carri con i cavalli aspettavano fuori la città, ove vigeva il divieto di transito per i veicoli a traino animale a causa dello stretto reticolo di vicoli che avrebbe causato ingorghi di proporzioni inimmaginabili. Oltre al tanfo che già esisteva in una città che viveva per commerciare pesce, e che non desiderava appestare la sua aria più dello stretto necessario. La piccola carovana doveva essere diretta a Lura, la Capitale delle Terre Aride, con l'intento di acquistare altri vasi da rivendere a caro prezzo alle navi in partenza dall'unico porto delle Terre Occidentali, e ai rari viandanti che sceglievano i viaggi per mare al posto di quelli, molto più comodi, attraverso i varchi dimensionali o semplicemente di quelli a cavallo. Coelin aveva cambiato la sera prima la destinazione della sua carovana, sempre a causa della lettera da poco ricevuta e che aveva causato in lui paura e felicità. Ora la carovana era diretta a Hali, piccolo villaggio sulle rive del lago omonimo, dal quale il Di Asturien avrebbe potuto rispondere e ricevere le lettere senza incappare in rischi gratuiti.
La carovana partì mentre i primi raggi del sole colpivano la terra, accompagnati dal ritmico battere degli zoccoli dei cavalli. Coelin guidava la fila di carri in sella ad un piccolo cavallino baio, scrutando l'orizzonte che gli si parava innanzi e quello che abbandonava, contemporaneamente. Dall'arrivo del corvo di mare aveva la continua impressione di essere spiato e seguito. E coloro che spiano e seguono un commerciante raramente hanno buone intenzioni verso quest'ultimo. Il primo giorno di viaggio passò con lenta e tediosa calma, cosa che rese Coelin molto più tranquillo. Il viaggio da Dalereuth ad Hali era di soli quattro giorni, a cavallo, e l'averne già passato uno aveva risollevato l'umore del povero Di Asturien. Passarono la notte in una locanda situata in un paesino non segnato sulle carte, abitato da gente cordiale che accolse volentieri i carovanieri che entrarono in paese poco dopo il tramonto.
Il mattino dopo, rinvigorito da una notte di sonno senza sogni, Coelin scese le scale e si diresse verso la sala comune della locanda. Portava sempre con se la lettera incriminata, per evitare che i suoi servi la scoprissero, e la strinse forte nella tasca quando vide chi era seduto ai tavoli di prima mattina. Un uomo si voltò nella sua direzione, richiamato dallo scricchiolio degli stivali sulle tavole di legno, e sfoderò un ghigno di lupo osservandolo. Si alzò e si avvicinò al tremante Coelin con lunghe falcate armoniose. Il Di Asturien si ritrasse lentamente verso le scale, con la vana speranza di riuscire a fuggire prima che Fered Toanel lo acciuffasse. Fered fu più veloce. Mise una mano sulla spalla di Coelin, che lo osservava dal basso in alto, tremando. C'erano almeno trenta centimetri di distanza in verticale, fra i due, ed entrambi erano causa di commenti vivaci. "Caro Coelin Di Asturien..." La voce di Fered non fu che un sussurro gelido, ma rimbombò nelle orecchie del commerciante come se l'altro avesse urlato. La mano sulla spalla di Coelin aumentò la presa e lo spinse verso le scale. Un pugnale scaturì, come per incanto, nella mano di Toanel, che lo puntò alle costole del Di Asturien. "Sali. E non fare rumore."
Coelin cominciò a salire lentamente, con la punta del pugnale che gli punzecchiava le scapole e la mano di Fered che gli stringeva forte la spalla destra, provocandogli un dolore sordo e costante. Arrivati che furono nella stanza di Coelin, Fered gli lasciò la spalla e si voltò per chiudere la porta a chiave, mentre Coelin fuggiva dall'altra parte della stanza per mettere più distanza possibile fra lui e il nemico.
Fered non se ne preoccupò, avvicinò una sedia e si sedette di fronte al camino dove scoppiettava ancora un'allegra fiammella. "Caro Coelin Di Asturien..."
"Cosa vuoi da me, furfante? Cosa? Non mi lascerai mai in pace?" La voce di Coelin si era fatta via via più stridula, e Fered fece una smorfia di disgusto nel sentirla "Stai zitto, una buona volta. Sai benissimo perché sono qui... cosa ti costa donarmi tutto ciò che hai guadagnato a Dalereuth? Più il bellissimo anello che porti all'indice destro..."
Coelin si appiattì ancora di più sul muro e cominciò a tremare. Fered Toanel lo aveva derubato più volte, ma non l'aveva mai né ferito né lasciato in condizioni d'indigenza estrema. Ma Toanel non era solo il bandito più famoso dei Cento Regni... era anche, e questo pochi lo sapevano, una spia degli Ardais. Se avesse trovato la lettera nella tasca di Coelin, il mittente avrebbe avuto molti problemi. Coelin abbassò la voce "Mi costa, Toanel. E' tutto ciò che ho dietro, e senza quel denaro come posso comprare altra merce da rivendere? Non vorrai rovinare la tua principale fonte di guadagno..." Toanel rise leggermente, poi smise di colpo e osservò Coelin con occhi di ghiaccio verde. "Coelin, povero mercante sfortunato..." la nota ironica nella voce del furfante era percettibilissima "Anch'io devo sopravvivere... e come posso fare senza i tuoi soldi? Forse però... potrei rivendere agli Ardais le informazioni contenute in quella lettera che hai in tasca..." Coelin ebbe un sobbalzo. Toanel sapeva della lettera, quindi era la persona che lo seguiva da Dalereuth. Non aveva più tirato fuori quello scottante pezzo di pergamena da quando erano partiti, per paura, e quindi nessuno che si fosse trovato in quella locanda per caso avrebbe potuto sapere dell'esistenza di quella missiva. Coelin non fece nemmeno in tempo a rispondere che un piccolo pugnale saettò per la stanza e si conficcò nella sua gola. Pochi istanti dopo era morto, disteso in un lago di sangue. Toanel recuperò la lettera e l'anello di rubini che il Di Asturien portava all'indice destro, incurante del corpo morto ai suoi piedi, e si mise a leggere.
Era arrabbiato, perché non conosceva il valore di ciò per il quale aveva ucciso la sua miniera d'oro, ma alla fine, leggendo si rassegnò. Nemmeno tutti i fabbri delle forge di Zandru erano in grado di aggiustare un uovo rotto. E quella lettera valeva bene una morte.

A Coelin Di Asturien,
Salve!
Vi ricordate di me, Coelin? Ellemir Lanart-Alton.
Perdonatemi se vi metto in pericolo, scrivendovi, ma ho assoluto bisogno di avvicinare mio cugino Dyan, e voi siete l'unico che gli può trasmettere le mie parole senza essere sospettato. Ho saputo che Dyan è ancora controllato a vista, per evitare che abbia contatti con me... o con altri che un tempo chiamavo amici, ed è per questo che vi chiedo, con questa missiva, di portargli i due plichi di fogli che stanno arrivando al Porto di Dalereuth con una nave che ha attraversato l'Oceano Meridionale. Sono fogli di molta importanza affettiva per me... e per Dyan, poiché sono la risposta alle numerose lettere che è riuscito, nonostante il controllo, a spedirmi. So anche che sono, per gli Alton e gli Ardais, materiale prezioso... voi sapete bene le mie origini e sapete che possono scatenare una faida sanguinosa fra la Seconda e la Terza Grande Famiglia dei Cento Regni. Al momento dello sbarco i due plichi saranno affidati a due corrieri diversi. Riconoscerli sarà facile, portano mantelli con lo scudo verde e nero degli Alton con sopra disegnata la Farfalla d'Argento delle Terre Aride. Mi fido di voi... e spero che nessuna delle nostre missive cada in mani sbagliate.
Buona fortuna Coelin.


Toanel strinse forte la lettera in mano. Lo rodeva la curiosità di conoscere cosa mai diamine era scritto in quei due plichi che potesse scatenare una faida. Sapeva, come tutti sanno, che Alton ed Ardais erano nemici non dichiarati da anni, se non secoli, e che una faida sarebbe stata perfetta per entrambi, venendo a legalizzare le morti strane e frequenti che accadevano in ognuna delle due Famiglie. Che poi fosse proprio un'Alton ad aiutare lui, la spia degli Ardais, era ridicolo. Poi quell'Alton, l'unica che non aveva mai avuto rapporti ostili nemmeno con gli Ardais e che anzi stava per mettere fine alle ostilità suggellando un matrimonio di convenienza con Rideal, Erede di Ardais.
Fered scese le scale di fretta. Era sua intenzione tornare a Dalereuth il prima possibile ed informarsi sulle navi in arrivo dall'Oceano Meridionale, ma prima voleva avvertire i suoi padroni. Sette giorni di viaggio lo separavano da Castel Ardais, ma cavalcando molto velocemente poteva ridurli a sei, se non cinque, se fosse riuscito ad andare avanti anche la notte.
Uscì dalla locanda con un sorriso tetro sulle labbra sottili. Bastava provarci...
Il baio di Toanel fu lanciato a tutta velocità per la strada orientale, l'unica che collegava Castel Ardais ad Hali e, conseguentemente, a quel paesino sperduto. Era partito prima della scoperta del corpo del mercante nella camera d'albergo, per evitare domande imbarazzanti e mettere più strada possibile fra lui e quel cadavere. Non che sperasse che nessuno l'avesse riconosciuto, la sua fama si estendeva per tutto Darkover, e certamente più di un testimone avrà asserito di averlo visto entrare nella stessa locanda dove alloggiava Coelin Di Asturien, inoltre l'oste doveva per forza aver notato che Fered era l'ultima persona ad aver visto Coelin vivo, ed ad averci parlato. Ma questo non lo preoccupava. Sapeva bene che, in caso di pericolo, ci avrebbero pensato gli Ardais a mettere a tacere la gente troppo curiosa. Sempre che i curiosi poco prudenti non si fossero incontrati prima con il suo pugnale.
Cavalcò tutto il giorno, senza fermarsi mai e sfiancando il cavallo oltre ogni limite. Quando, a tarda sera, questo crollò, le uniche parole pronunciate da Toanel furono delle imprecazioni. Passarono così cinque giorni, durante i quali rubò altri tre cavalli. Il primo, un baio, morì alla fine del secondo giorno, di fatica, il secondo cavallo, un vecchio sauro, non resistette ad un giorno e una notte, mentre l'ultimo, uno stallone da tiro immenso, mostrava di possedere una resistenza inimmaginabile. Arrivati a Castel Ardais, Toanel smontò di sella con un solo, fluido, movimento, e si diresse senza parola proferire, verso la torre principale, dove alloggiava il Signore di Ardais.
Nessuno gli faceva più domande in quel luogo, ormai assuefatti alle sue venute laconiche e imprevedibili.
Francisco Ardais, Signore di Ardais, era seduto alla sua scrivania e stava lavorando ad alcune carte riguardanti la fertilità del territorio degli Ardais e al suo eventuale uso quando Fered Toanel comparve come un fulmine a ciel sereno nel suo studio. Francisco alzò un sopracciglio rosso fiamma verso l'ospite inatteso, in sommo segno di fastidio. In poche parole Toanel presentò la lettera all'Ardais, che si dimenticò immediatamente dei terreni attorno al Castello per interessarsi allo scritto.
"Così... non solo la piccola Alton è viva... ma le sue radici sono alquanto incerte..." Toanel annuì silenziosamente.
"E gli altri due plichi di cui parla...?" Gli occhi marroni, da animale, di Francisco osservarono critici il bandito che avevano di fronte, che cincischiò a lungo prima di parlare "Non ne sono ancora in possesso... Dom... ma non credo possa rivelarsi un'impresa difficile..."
Francisco batté una mano sul tavolo, furioso. "Pensi che sia una cosa facile recuperare due plichi da altrettante Farfalle del Deserto?" Toanel alzò un sopracciglio stupito. Non ne aveva mai sentito parlare di queste Farfalle, e lo disse. Francisco si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza "Sono una branca dell'esercito delle Terre Aride, specializzata in azioni furtive. Non sono guerrieri facili da battere. E sono gli unici che possono portare come stemma la Farfalla d'Argento delle Terre Aride. Si conoscono perfettamente fra loro e se ad uno solo di loro succedesse qualcosa, gli altri lo saprebbero immediatamente."
Toanel sfoderò il suo ghigno da lupo, e appoggiò confidenzialmente una mano sulla spalla di Francisco, che si spostò sdegnato. "Ardais... basta pagare... e vedrai quei plichi sul tuo tavolo prima che il sole sia tramontato venti volte..."
"Quanto vuoi?"
Fered Toanel sogghignò. "Almeno 200 000..." Francisco si stupì per la strana offerta a buon mercato "...per pagina..."
L'Ardais fece una smorfia di disgusto. "Non esagerare, Toanel, te ne darò 200 000 a plico, non una moneta d'oro di più, e solo quando saranno sul mio tavolo."
Toanel sorrise e allungò la mano destra, che l'altro evitò accuratamente di stringere.
"E sia".

Il mattino dopo il sole si rifiutò caparbiamente di comparire all'orizzonte, lasciando come monito di se solo un alone indistinto e giallognolo sulle nuvole che si assiepavano nel cielo. Fered Toanel alzò lo sguardo al cielo e imprecò leggermente. "Tempo da neve..."
Mancavano ancora molte miglia a Dalereuth, e non poteva permettersi di sfiancare il cavallo e conseguentemente di rubarne un altro. Francisco lo aveva redarguito aspramente per questi suoi furti indiscriminati nelle terre degli Ardais. Il Signore di Ardais non voleva scontento fra i suoi sudditi, e permettere a Toanel di rubare cavalli e provviste quando più gli aggradava, creava scontento. Imprecando a mezza voce sul compenso pattuito e sul divieto di furto che l'Ardais gli aveva imposto, Toanel spinse il cavallo ad un leggero trotto, in vista di Hali. Non voleva pernottare nella vecchia capitale dei Cento Regni, era troppo vicina a quel lago spettrale per piacergli. Tante leggende si dipanavano su quel lago, il Lago di Hali, e nessuna era piacevole da ascoltare. Non che Fered fosse superstizioso, anzi, disprezzava chi credeva in leggende o in dei crudeli che s'inserivano nella vita dei comuni mortali per distruggere ciò che loro avevano faticosamente costruito. Era convinto che tutto quello che capitava ad un uomo se l'era pienamente meritato, per sue azioni del presente e non di vite passate, e soprattutto, non esisteva nessun dio che interferiva. Eppure il Lago lo spaventava, e Toanel non gradiva essere spaventato da nessuno, tanto meno da una pozza d'acqua gelida e stagnante che accendeva la fantasia dei vecchi cacciatori quando si riunivano attorno al fuoco.
Così passò accanto ad Hali senza fermarsi, sempre borbottando ingiurie e maledizioni verso il suo padrone, che lo sottovalutava e che non lo considerava più di un semplice garzone di fattoria, con la semplice differenza che Fered Toanel maneggiava molto meglio il pugnale che il forcone.
E pensando alle Farfalle del Deserto.
Da quando era partito il suo pensiero volava spesso a questi strani guerrieri leggendari. Ricordava vagamente di averne già sentito parlare: circolavano attorno a loro decine e decine di leggende, e Toanel non ne credeva vere neanche la metà. Tuttavia ormai era preparato a ciò che stava per affrontare... non era uno stupido e aveva deciso come eliminare le Farfalle senza che queste convergessero in massa su di lui, annientandolo. Credeva che affrontate una per una esse fossero meno temibili. Il solito ghigno da lupo si allargò sul suo viso, e gli occhi verdi lampeggiarono nella notte. Parlava di questi guerrieri al femminile, ma l'immaginava uomini. Se ciò rispondeva a verità, non sarebbe stato difficile trovare il primo, sostituirsi ad lui e recuperare l'ultimo plico, senza nemmeno troppo sangue, inutile e, probabilmente, molto costoso.
Passarono otto giorni prima che Toanel fosse di nuovo in vista del porto di Dalereuth. Aveva lasciato la lettera originale a casa dell'Ardais, portandosi una copia nel quale aveva sottolineato i particolari importanti per riconoscere le Farfalle del Deserto. Lasciò il cavallo in una stalla fuori la città, e si mise a camminare per le strade, diretto alla banchina del porto per informarsi rispetto a tutte le navi arrivate in quei giorni dall'Oceano Meridionale.
Un marinaio tarchiato, che si muoveva con il solito passo ondeggiante che contraddistingueva i lupi di mare, si fermò ad osservarlo. Fered sapeva benissimo che sarebbe stato riconosciuto, e approfittò di quel lampo di sapere apparso negli occhi dell'uomo di mare, per avvicinarsi a lui sorridendo allegramente. "Salve, buon uomo" esordì nel suo miglior Casta, cercando di dare una buona impressione di sé, che cancellasse la paura dagli occhi del marinaio "Vorrei un'informazione..."
L'uomo di mare deglutì vistosamente e annuì, pronto anche a denunciare sua madre pur di allontanarsi da quell'assassino. Se Fered Toanel desiderava unicamente un'informazione, non poteva che ritenersi fortunato. "Hanno attraccato navi provenienti dall'Oceano Meridionale, da circa due settimane a questa parte?"
L'uomo parve pensarci a lungo, poi annuì "Due, per l'esattezza, Mestro Toanel..." Fered si stupì e osservò con cura l'uomo davanti a lui. Era certo che non avesse mentito, sapeva bene cosa produceva nel cuore degli uomini la sua presenza, e quindi sapeva benissimo che pochi avevano avuto il coraggio di mentirgli, deliberatamente. E nessuno era sopravvissuto per raccontarlo.
Quindi le navi da controllare erano due. Imprecò pesantemente, scomodando tutto il Pantheon Darkovano e prese l'uomo tremante per un braccio, ordinandogli con voce sibilante d'indicargli le navi e i loro comandanti. Quello ubbidì, e lo condusse verso la banchina, rischiando d'inciampare ad ogni passo, prontamente raddrizzato dall'alto mercenario che gli camminava dietro.
Le navi avevano in comune solo il porto di provenienza.
Una era un'immensa Balena del Cielo, come erano chiamate le poche navi da carico che riuscivano a navigare sia sull'acqua che nell'aria, l'altra era una piccola goletta.
Mentre la Balena del Cielo era immersa nel via vai dei marinai e degli scaricatori, la goletta era rintanata sola e con le vele tristemente ammainate, in un angolo del porto. Fered notò che, al contrario delle altre navi, non aveva un nome, bensì un semplice numero dipinto sulla prua.
"XVII..."
Il marinaio scolorò "Porta sfortuna, Mestro!"
Fered alzò un sopracciglio e osservò la sua spaurita guida con curiosità. "Dimmi... perché porta sfortuna un numero cifrato?"
Il marinaio cominciò a torcersi le mani "Bhe... Mestro... se cambia ordine alle cifre antiche... compare la parola VIXI, vissi... e porta sfortuna salire su una nave dal nome così infausto..."
Le sottili labbra di Toanel si allargarono in un sorriso malvagio. "Vissi". La piccola Ellemir non era una stupida, e sapeva benissimo cosa volevano indicare quelle cifre... lei "visse" a Darkover, come Darkovana... e ora molti la credevano morta... quale nome più appropriato?
Lasciò la sua pusillanime guida a ringraziare gli dei perché un assassino lo aveva risparmiato, e si avvicinò alla goletta. Vicino non c'era nessuno, tanto meno dentro. Toanel aggrottò le sopracciglia irritato. Doveva trovare il comandante, ma se era vero che il nome della nave portava tanta sfortuna, allora nessuno avrebbe mai parlato con il comandante di tale battello, e quindi nessuno ne conosceva la locazione attuale. Stava fermo sul molo a pensare quando una mano gli scese silenziosamente sulla spalla destra. Con un solo, fluido, movimento Toanel balzò di lato e sguainò il pugnale, allibito. Aveva davanti un'Amazzone.
La donna lo guardò dall'alto in basso con disprezzo e scosse la testa, agitando la corta zazzera di capelli biondo sporco. L'orecchino che le pendeva da un orecchio mandava bagliori discontinui e il mantello verde e nero che le si agitava alle spalle sbatteva al vento portato dal mare.
"Cercavate qualcuno, Mestro? E' molto che siete qui davanti, ipnotizzato dalla mia nave. Avete qualche problema a vederla in porto?"
Toanel rinfoderò il pugnale e sorrise conciliante "Assolutamente no, Mestra... semplicemente mi chiedevo dove si potesse trovare il comandante." Miriam n'a Amanta scoppiò in una lunga risata "Il comandante? Credo sia in una taverna, preoccupato solo ad ubriacarsi il più in fretta possibile per dimenticare di aver viaggiato su una nave dal nome simile."
Il sorriso di Toanel non dette segno di cambiamento "Sto cercando..." "Me lo direte più avanti, Mestro, chi o cosa state cercando. Prima di tutto voglio sapere il vostro nome, e voglio ripararmi da questo vento."
Toanel annuì, sottomesso dalla voce improvvisamente tagliente dell'Amazzone. Miriam gli sorrise affettatamente e cominciò a camminare per la banchina, diretta verso una delle tante taverne che circondavano il porto. L'assassino la seguì in fretta, e quando un colpo di vento fece in modo che lo stemma impresso sul mantello dell'Amazzone fosse visibile, sogghignò nella sua direzione e accarezzò l'elsa decorata del lungo pugnale che portava alla vita. La Farfalla d'Argento del Deserto brillava debolmente alla luce di quell'alone di sole, e i colpi di vento la facevano sembrare viva.
Miriam entrò nella taverna "Al cavallo alato" e Fered la seguì, strizzando gli occhi quando una ventata di fumo li avvolse. Nonostante all'esterno fosse giorno pieno, anche se non un giorno particolarmente luminoso, l'interno della locanda era sospeso nella penombra. I tavoli, situati in lunghe file parallele al bancone, erano quasi tutti occupati, e l'odore acre della birra e degli ubriachi saturava l'aria già malsana di suo. In molti angoli uomini fumavano la pipa, e le donne quelle smilze sigarette di foglie tropicali portate qui dalle navi da carico, come la Balena dei Cieli che Fered aveva notato in porto. Sommando il tutto Fered non si stupì quando cominciarono a lacrimargli gli occhi, ma se li asciugò in fretta, con un lembo del mantello blu. Miriam si diresse verso un tavolo stranamente libero e chiamò un cameriere per fargli pulire il piano dai rimasugli di cibo e di bevande che i precedenti avventori vi avevano lasciato. Una volta sedutasi l'Amazzone fece segno a Toanel di accomodarsi e lo osservò a lungo. Mai Fered Toanel si era sentito inferiore come davanti a quella strana donna dai capelli corti. La donna aveva gli occhi verde muschio che, a seconda della luce, parevano dorati, come quelli dei gatti. Poi Miriam gli sorrise conciliante, come si può sorridere ad uno sciocco bambino, e cominciò a dondolarsi sulla sedia, incidendo strani segni sullo spessore del tavolo con la punta del piccolo pugnale che portava solitamente al collo.
"Mestra..."
Miriam sollevò il viso dal suo lavoro e alzò un sopracciglio "Avrei bisogno di un'informazione..." l'Amazzone sorrise, smise di dondolarsi e mise le mani congiunte assieme sul tavolo di fronte a lei, evitando di bagnarsi in una larga pozza di birra. "Mestro, non siete nella situazione di chiedere informazioni, non prima che io abbia soddisfatto la mia curiosità sul vostro contro. Non ho idea di chi siate, non ho idea di cosa mai desideriate da me... piuttosto che chiedendomi notizie, potreste cominciare col dirmi il vostro nome."
Un rapido calcolo convinse Toanel che era meglio non rivelarsi "Mi chiamo Coelin Di Asturien."
Capì l'errore che aveva commesso appena sentì la punta del piccolo pugnale pizzicargli la gola. "Conosco Coelin Di Asturien..." La voce di Miriam si era improvvisamente fatta bassa e roca "E voi non siete lui... chi siete, Mestro?"
Toanel ghignò. Miriam n'a Amanta si era sporta sul tavolo per arrivare a solleticargli la gola con il pugnale, e non sarebbe stata in grado di difendersi da un attacco repentino. Due pugnali guizzarono nella rumorosa locanda, senza che nessuno se ne accorgesse. Poi un corpo cadde riverso sul tavolo e un pugnale sparì sotto le pieghe di un mantello blu. La pozza di sangue che si allargava sotto il cadavere di Miriam poteva essere facilmente scambiata per altro, nella semi oscurità della sala, e Fered non si preoccupò di nasconderla. Controllò nella borsa che la Farfalla portava a tracolla e vi trovò un pacco rettangolare, non molto spesso, avvolto in carta cerata per evitare che si rovinasse durante la traversata per mare. Si sedette di fronte al cadavere con noncuranza, aprì il pacco e cominciò a leggere.

A Dyan Ardais,
Salve!
Il sapere che tu non ti sei rassegnato alla mia morte, se poi di morte si può parlare, mi ha dato la forza in questi lunghi anni di andare avanti, e di architettare un modo per riuscire, finalmente, a rispondere alle tue lettere.
Mi fido ciecamente di Coelin, e di coloro ai quali ho affidato queste mie pagine, e spero vivamente che ciò che scrivo ti giunga. So, grazie a quello che mi hai raccontato, che nessuno a Darkover conosce le mie origini, nemmeno tu. Non mi stupisce che Rafael non ne abbia mai parlato, solo io, lui, mia madre e Domna Aliciana conoscevamo i segreti relativi alla mia nascita. Segreti che, ora me ne rendo conto, avrebbero potuto causare guerra e distruzione fra le Famiglie dei Cento Regni. Pare sciocco da parte mia dare tanta importanza ad una cosa che non potevo scegliere, la mia nascita, eppure è proprio essa che ha segnato in modo irrevocabile la mia esistenza.
Ti sarai chiesto perché nomino mia madre e Domna Aliciana, come se fossero due persone diverse. Lo sono. Sono figlia illegittima di Valenta Aganal, e di Rafael Alton, Signore di Alton.
Non posso vedere il tuo viso, ma lo immagino stupito, cugino. Nessuno, ti ho già detto, sapeva questo, che io sono o ero, una bastarda.
Vissi, cugino, per quindici felici anni a casa di mia madre. Rafael, scoprii poi, aveva sempre pubblicizzato di avere una figlia femmina, pur senza rivelare tutto ciò che concerneva la mia nascita, e aveva mentito spudoratamente affermando che ero cagionevole di salute e quindi rinchiusa in una Casa d'Ospitalità poco lontano da Armida. Tutto questo per giustificare la mia assenza dalla dimora degli Alton.
Venne a prendermi una notte d'estate, la notte del mio quindicesimo compleanno, e mi portò nel castello, senza preoccuparsi di mia madre che lo seguiva in lacrime. E' l'ultimo ricordo che ho di mia madre... da quel giorno non la vidi mai più.
Scoprii perché ero diventata un'Alton a tutti gli effetti dopo poco tempo, illuminata dai pettegolezzi dei servi di Armida.
Rideal Ardais, tuo fratello, doveva divenire mio marito, per far cessare la centenaria ostilità che saettava fra le due più grandi Famiglie dei Cento Regni dopo gli Hastur. Gli Alton, Seconda Grande Famiglia e organizzatrice della branca militare di Darkover e gli Ardais, Terza Grande Famiglia che controllava i commerci e tutto ciò che di economico poteva occorrere ai Cento Regni.
Capii perché a mio padre era occorsa una figlia femmina. Mio fratello Hermes non poteva assolutamente sposare un'Ardais in quanto promesso a Elaine Hastur, e il Re Elhalyn aveva decretato che le ostilità fra le famiglie dovessero cessare grazie ad un matrimonio fra le parti lese.
Avrei dovuto sposarmi il Solstizio d'Estate del mio diciassettesimo anno, ma come ben sai, quel giorno per me non arrivò mai.
Non posso raccontarti tutto ciò che mi è accaduto in queste poche pagine, e questa lettera iniziale voleva essere solamente un piccolo compendio alla tua curiosità. Non sono fuggita per non sposarmi, Dyan.
L'avrei fatto, mi sarei sposata con Rideal, obbedendo a mio padre come ogni devota figlia avrebbe dovuto fare, e non credo che mi sarei mai lamentata.
No, non è stato Rideal Ardais a farmi fuggire da Darkover, a farmi salire su una nave diretta verso l'ignoto Sud.
E ovviamente non sei stato tu, cugino.
L'uomo che mi ha fatta scappare, che mi ha convinta a ribellarmi al giogo che avevo sulle spalle, si chiama Rafael Lewis Valerian Alton y Alar, Signore di Alton, Sirtys e Armida, Capitano delle Guardie di Thendara.
Ma sappi che l'ho odiato per questo, perché lui mi ha fatto fuggire cercando d'imprigionarmi.
Quando la sua gabbia dorata divenne troppo pesante io e Crine di Fuoco fuggimmo. Ti racconterò in che modo fuggii e in che modo mio padre rese la sua gabbia troppo pesante da portare... ma non ora, non in queste righe.
Ed eccomi qui, sotto un sole nuovo, in un paese dal clima molto meno rigido rispetto a Darkover, mentre scrivo seduta in una locanda situata in una città che non conosci, non puoi conoscere.
Sto bene, cugino e assolutamente non sono morta.
Quando tornerai laggiù, nelle verdi foreste, salutami gli alberi.
Freya n'a Yllana ha il secondo plico.
Con affetto.
Ellemir Valenta Isil Lanart-Alton.


Toanel chiuse il plico e sorrise al vuoto.
Aveva già in mano 200 000 monete d'oro, e l'unica cosa che lo turbava era il fatto che aveva ucciso una Farfalla del Deserto. Secondo il plico anche la seconda era una donna, e questo continuava a complicare le cose. A quanto pare conoscevano Coelin, quindi risultava inutile cercare di farsi passare per lui, e non poteva travestirsi da donna per cercare d'imbrogliare l'ultima Farfalla.
Appoggiò il foglio vicino alla pozza di sangue davanti a lui. Il liquido vitale aveva ormai raggiunto il bordo del tavolo e gocciolava leggermente sul pavimento, ma Toanel non se ne preoccupò. Non aveva idea di dove si trovasse quella Freya n'a Yllana, o a chi potesse chiedere informazioni per saperlo. Aveva solo due indizi... erano donne, Amazzoni, e venivano dalle Terre Aride, o meglio supponeva che venissero da lì, visto che facevano parte di quella branca dell'esercito che probabilmente gli Aridi non avrebbero lasciato in mano a sconosciuti.
Si alzò e uscì dalla locanda con il foglio in mano. Era un poco deluso, quel foglio dava molte informazioni, in fondo, ma non particolareggiate... e comunque una era più importante delle altre, e non si riferiva all'illegittimità di Ellemir, bensì al ricevente di quelle lettere. Potevano esistere molti "Dyan" nei Cento Regni... ma un solo Dyan Ardais, figlio cadetto di Francisco Ardais.
Quelle lettere sarebbero, bene o male, passate sotto il naso del Signore di Ardais, e del suo Erede Rideal. Quindi era molto probabile che Francisco sapesse benissimo che il figlio cercava ancora un contatto con l'Alton... e ovviamente non l'aveva comunicato a Toanel. Non che Fered Toanel gliel'avesse chiesto, ovvio, ma la novità lo irritava. Si sentiva deufradato dal suo Signore... perché a lui Francisco avrebbe dovuto dirlo. Sempre che nemmeno il Signore di Ardais sapesse di quelle lettere, cosa alquanto improbabile.
Toanel continuò a passeggiare per Dalereuth durante tutta la giornata, indispettito. Finché non si fermò davanti una grande costruzione, un palazzo non decorato e con un'insegna lignea che dondolava sotto la spinta del vento.
"Ostello delle Libere Amazzoni".
Fered sorrise.
Diede le spalle al palazzo e corse verso la porta nord della città, dove aveva lasciato il cavallo, e strada facendo comprò, ma forse è meglio dire rubò, alcune provviste. Aveva in mente un lungo viaggio, che lo avrebbe portato alla capitale delle Terre Aride, Lura.
Probabilmente vi era un Ostello delle Amazzoni anche lassù, e li avrebbe potuto chiedere informazioni su quell'Amazzone, Freya, e avrebbe potuto sapere dove si trovava in quel momento.
Sempre che, pensò una volta a cavallo, le Amazzoni non gli chiudessero la porta in faccia. Non era mistero che non amavano gli uomini, i maschi in generale, e chissà se gli avrebbero mai dato informazioni.
Il sole cominciava a tramontare quando Toanel balzò in sella al cavallo e partì. Non lo spaventava la notte, in quanto conosceva quei percorsi praticamente a memoria. Il cavallo, ben riposato, ubbidiva ciecamente alle direttive del suo cavaliere, nonostante non riuscisse a vedere molto nell'oscurità.
Il mattino dopo il sole si fece forza e comparì ammiccante fra le nuvole. Il cavallo galoppava ancora, con i fianchi resi lucidi dal sudore e bava sanguigna alla bocca, dove probabilmente lo aveva ferito il morso. Fered non se ne preoccupava minimamente. Lura e Dalereuth erano lontane, e lui aveva promesso di riportare i due plichi a Francisco nel giro di venti giorni. Ne aveva già uno, certo... ma aveva praticamente sprecato molti giorni solo per i viaggi. Era ordine tassativo arrivare a Lura nella metà del tempo che il viaggio necessitava normalmente. Cioè cinque giorni invece di dieci. Toanel continuò a spronare il cavallo mentre il mare si faceva via via più lontano. Lura era situata all'interno del paese, nel bel mezzo di un deserto detto Terre Aride, che era completamente circondato da altissimi monti, detti Eleor.
Toanel conosceva il passo del falco, l'unico passo che permetteva l'entrata nel deserto, ma non aveva mai viaggiato nel deserto. Quindi preferiva rincorrere il tempo nelle grandi pianure, dove sapeva con certezza come muoversi, per poter poi permettersi degli errori nel deserto.
Errori relativi.
Sogghignò all'aria mentre pensava che nessun terreno poteva prendersi Fered Toanel. Nemmeno il caldo deserto.
Ogni piccolo paesino che incontrava perdeva, invariabilmente, un cavallo.
Toanel, instancabilmente, continuava a far galoppare gli animali fino a sfiancarli totalmente, e lui stesso non si dava un attimo di requie.
Arrivò al passo del falco ansimante e dopo soli tre giorni di viaggio. Nessuno prima di allora era riuscito a compiere così tanta strada in così poco tempo, ma Toanel era ormai abituato a battere record. Il cavallo non era ancora stanco, rubato solo qualche ora prima in un villaggio alle porte del passo. Non si poteva parlare di strada, in quando non era altro che una massa di tavole legate ed incatramate orizzontalmente, messe ad unire due fianchi delle montagne, come una mensola. Erano già piuttosto in alto, e quella era l'unica strada, che tutti percorrevano, per arrivare a Lura. Il cavallo nitrì spaventato e fece qualche passo esitante all'indietro, immediatamente spronato da Fered che lo costrinse a camminare in avanti.
La mensola era larga all'incirca un centinaio di metri, ma era spesso visibile, fra i pali che sostenevano le tavole, lo strapiombo senza fondo apparente che si estendeva in verticale sotto di loro. Toanel spinse al galoppo il cavallo sulle tavole, imprecando contro le carovane che potevano rallentarlo e facendo tremare le assi sotto i colpi degli zoccoli dell'animale. Il cavallo saltò, costretto, un intero carro, e Toanel non si fece alcuno scrupolo ad investire molti schiavi dei mercanti e persino a far finire un asino e il suo cavaliere fra i pali che sostenevano le tavole e quindi nell'abisso sottostante. Dopo tre ore di galoppo sfrenato, Toanel giunse in vista del deserto.
Le mura di Lura si ergevano non molto lontane, ma Fered non si fece ingannare dalla vicinanza apparente. Non poteva galoppare sulle dune, quindi l'unica era trovare un altro, e veloce, mezzo di trasporto.
Alla fine del passo un piccolo ostello per carovane vendeva i fantomatici Res a prezzi esorbitanti. Si tratta di cavalli altissimi, sempre che di cavalli si possa parlare, sempre di un colore dorato e con le lunghe zampe completamente senza giunture, rigide. Dormivano in piedi e nemmeno un terremoto era mai stato in grado di fargli perdere l'equilibrio. Le rigide zampe finivano con una specie di unghia bipartita di cui ogni parte era grande come un palmo umano. La criniera era quasi inesistente e la coda era corta e stopposa. Il muso, molto simile a quello di un cavallo normale, era deturpato dal labbro superiore immenso, come una piccola proboscide, e in grado di spezzare le dure spine dei cactus. Erano animali molto stupidi. Ma incredibilmente agili e veloci.
Toanel si fermò solo per pochi istanti all'ostello, e contrattò a lungo con il mercante per l'acquisto di un Res. Poi, mentre il mercante entrava e recuperava alcune provviste di cui Toanel aveva detto, mentendo, di essere privo, il bandito sellò il Res più vicino con i finimenti del cavallo, balzò in groppa e spronò l'animale verso le gialle mura di Lura.
Il Res correva veloce sulle dune, unico animale che poteva permetterselo, e coprì la distanza che separava l'ostello da Lura in poco più di un giorno.
Le strade della città erano, probabilmente, pavimentate. Ma le pietre non erano visibili, in quanto sempre coperte da una spessa coltre di sabbia dorata. Toanel aveva fatto rallentare l'andatura dell'animale, e osservava la città con occhio critico. Le costruzioni erano basse e solitamente dipinte di giallo, con decorazioni floreali in nero ai lati delle porte e delle finestre. Ben pochi utilizzavano animali per attraversare la città, la maggior parte degli abitanti era a piedi e di solito erano riuniti in piccoli gruppi di tre o quattro persone. Toanel osservò critico le donne Aride, dai lunghi e fluenti capelli biondi e le catene ai polsi. Si riconosceva l'estrazione sociale di tali signore dal materiale con il quale erano forgiate le catene, ferro, argento, oro o rame.
Fered smontò e si avvicinò ad una locanda dall'aspetto malandato, con l'intenzione di chiedere informazioni su dove si potesse trovare l'ostello delle Libere Amazzoni.
L'oste lo osservò sbuffando e gli indicò sgarbato la strada "Vuoi un consiglio, forestiero?"
Toanel, che si stava dirigendo verso l'uscita, si voltò di scatto e assunse un'espressione interrogativa. "Non immischiarti negli affari delle Amazzoni." Toanel sogghignò maligno, salutò e uscì noncurante.
Non che le Amazzoni non lo spaventassero, semplicemente si credeva in grado di reggere la situazione.
Si avviò verso l'ostello a passo lento, lasciando il Res nelle stalle della locanda. Sapeva che era inutile cercare di passare inosservato, la sua carnagione, i lineamenti, gli abiti, i capelli... tutto urlava "forestiero", ma in realtà sperava di essere scambiato per uno dei tanti servi dei mercanti che giungevano regolarmente a Lura.
L'ostello era molto simile a quello incontrato a Dalereuth.
Un grande palazzo, di pietra dura e senza alcuna decorazione. L'insegna lignea questa volta non dondolava al vento, e la scritta "Ostello delle Libere Amazzoni" era in due lingue, sia in Casta sia in Cahuenga.
Toanel bussò al grande portone, e immediatamente uno spiraglio si aprì e due occhi azzurro slavato lo osservarono con sdegno.
"Cosa ti serve?"
Toanel s'inchinò cerimoniosamente alla porta chiusa "Devo incontrare una certa Freya n'a Yllana... Mestra."
La porta si aprì e la donna lo osservò con sdegno. "Entrate pure. Ma fate attenzione, ho appena pulito il pavimento e non ci tengo a rivederlo pieno di sabbia."
Fered Toanel entrò con attenzione e si guardò intorno incuriosito. L'ingresso era spoglio come l'esterno e si allargava in due corridoi, a destra e a sinistra. L'odore di cibarie che proveniva da sinistra lo convinse che da quella parte vi erano, probabilmente, le cucine e il refettorio, mentre a destra dovevano esserci le stanze personali e le palestre d'allenamento.
La donna scomparve a sinistra, lasciandolo lì in piedi ad aspettare. Poco dopo tornò, accompagnata dalla donna più alta che Toanel avesse mai visto. Non si poteva dire che fosse bella, ma certamente era immensa. I capelli corti, color biondo cenere, erano scompigliati e sembravano non aver mai conosciuto una spazzola, e gli occhi azzurro grigi erano piccoli e leggermente allungati. La carnagione pallida le dava un aspetto quasi malaticcio, e l'orecchino d'oro che tutte le Amazzoni portavano all'orecchio destro era diventato nero a causa del fumo.
Si stava asciugando le mani, e osservò Toanel con una smorfia di disgusto. "Janila... hai fatto entrate tu quest'uomo?"
L'altra donna annuì "Sì Mestra... vi stava cercando..."
Freya annuì e la congedò con un gesto. Janila lanciò un'ultima occhiata raggelante a Toanel e poi scomparve nelle cucine.
"Bene, Mestro. Adesso potete dirmi perché mai un Hali come voi mi cerca?"
Toanel fece una smorfia sentendosi chiamato "Hali" , cioè uomo delle pianure in senso dispregiativo, ma si ricompose e fece un altro dei suoi inchini pomposi. "Vede Mestra... sono un umile messaggero di un mercante... Coelin Di Asturien... egli mi ha mandato a ritirare un plico che, a quanto so, voi possedete..."
Freya scoppiò in una risata raggelante. "Tacete, Hali. So che Coelin è morto per mano di un bandito. So che un certo bandito ha ucciso Miriam n'a Amanta... So che un bandito ha rubato un Res all'ostello alla fine del passo. Io credo di aver davanti questo bandito. O sbaglio?"
Toanel sfoderò il suo ghigno da lupo e i due pugnali che portava in vita. "Non sbagliate Mestra. Il vostro sistema di comunicazioni è eccellente. Ma credo che voi non ne potrete più usufruire."
Freya alzò un sopracciglio divertita. "Credi di potermi uccidere, Hali? E perché lo faresti?"
"Per il plico dell'Alton, ovvio."
La risata di Freya rimbombò nuovamente nella sala, tanto che una giovane amazzone dai capelli neri si sporse un attimo per vedere cosa mai stava succedendo. "Non vedo perché spargere sangue per quel foglio. Dovrei vendicare Miriam, ma in realtà mi hai fatto un favore uccidendola. E non ho intenzione di essere inserita nelle faide fra le Grandi Famiglie più di quanto io non lo sia già. Quindi non vedo motivi validi per tenermi quel pacco."
Toanel sorrise vittorioso. Questa era un'ottima notizia. Rinfoderò i pugnali e tese la mano destra alla donna, che lo ignorò. Giuro che un giorno di questi ammazzo la prossima persona che si rifiuta di stringermi la mano pensò Toanel stringendo i denti e assumendo un'aria imbronciata. Freya lo lasciò solo per qualche istante e poi gli portò il plico. Questo era molto più voluminoso del primo e Toanel lo strinse con espressione rapace. Quei fogli non erano altro che denaro, per lui. Un secondo inchino e fu gentilmente sbattuto fuori.
Si diresse esultante alla locanda e salì nella sua stanza senza nemmeno mangiare.

Dyan!
So bene che avrai atteso questi secondi fogli con la tua solita curiosità, e finalmente eccoli fra le tue mani.
In quei due anni circa che passai con mio padre ad Armida scappai più volte, e questo lo sai benissimo, visto che spesso eri mio complice. Quando fuggivo da sola di solito andavo nelle foreste a nord di Armida... per incontrare i chyeri.
Anche questa dev'essere una certa novità per te... ma queste fughe furono poi l'inizio del dissidio fra me e mio padre. O, per meglio dire... l'allargamento dell'abisso che già esisteva fra noi due. Un giorno, dopo uno dei soliti litigi fra me e Rafael, sellai Crine di Fuoco e scomparvi nelle foreste, decisa a non tornare più in quel limbo dorato. Restai ben accolta da i chyeri, che qui chiamano Elfi, per quattro giorni e tre notti, quando mio padre mi venne a riprendere ed ebbe una forte discussione con i chyeri. Li accusò di rapimento e di attentato allo Stato. Ricordo ancora come fosse oggi gli occhi verdi dei chyeri lampeggiare di rabbia sotto quelle accuse ingiuste, e come mi sorrisero tristi quando venni portata via. Sai, non sono mai riusciti a pronunciare bene il mio nome... mi chiamavano Elenmir invece di Ellemir, e dicevano che era un nome molto bello nella loro Antica Lingua. Ma ancora ora non ne conosco perfettamente il significato.
Quella sera mio padre mi legò. Ma non nel senso materiale della parola... egli fece venire una Sapiente e le ordinò di costruire una Matrice Trappola. Conosci le matrici, quelle pietre azzurre... io non ne ho mai usate e non so esattamente a cosa servano, quelle normali. Una volta creata la Matrice, mi legò ad essa, indissolubilmente. Non so che parte di me ora viva in quella pietra, ma so che non posso vivere senza quella parte. Lui incastonò la pietra nella sua antica spada da parata e mi minacciò. Avrebbe lasciato quella spada solo a Rideal, in questo modo io sarei rimasta proprietà di qualcuno per tutta la mia esistenza, senza mai potermene andare.
Piansi quella notte, dal dolore e dalla tristezza. Dolore perché ancora non mi ero abituata alla trazione che la matrice, lontana, esercitava su di me. E tristezza perché mi sentivo sempre più in gabbia...
Quei mesi furono infernali per me... Domna Aliciana mi perseguitava con i preparativi del matrimonio, e non vi era istante che io non mi sentissi spezzata in due. La spada era appesa alla parete della nostra sala d'armi, e i grandi portoni di quella sala rimanevano perennemente chiusi per me.
I pochi momenti di pace che trascorrevo o con Callina o con Hermes, in quanto tu eri tornato con Rideal a Castel Ardais per preparare il matrimonio, erano dediti ad occupazioni sfiancanti, in modo che la sera io fossi troppo stanca anche solo per sentire dolore. Hermes aveva convinto Deryl, il capitano delle guardie che circondavano Armida, ad insegnarmi a tirare di spada, e io corrompevo Callina, che si lasciava corrompere, a farmi scendere per esercitarmi. Dopo la spada stavo ore e ore chinata su lavori di ricamo, che mi sfiancavano moralmente e fisicamente. Alla sera ero troppo esausta anche solo per sognare.
Lidya mi traduceva, quando mi sentivo troppo male per fare altro che stare seduta, i libri in lingua chyeri che possedevamo nella grande biblioteca di Armida. Stavo ore seduta su una poltrona ad ascoltare in leggero dormiveglia le leggende che i chyeri si tramandavano di generazione in generazione.
Poi, un giorno, ebbi la possibilità di riappropriarmi della mia parte di anima mancante.
Mancavano cinque giorni al mio matrimonio e mio padre si stava preparando per una parata militare che doveva tenersi a Thendara. Voleva portare con se la spada con la matrice, ma ciò avrebbe significato rendermi dolorosissima la sua partenza. O meglio, appena lui si fosse allontanato troppo, avrebbe significato la mia morte. Lasciò così la spada ad Armida, mentre lui andava a Thendara. E fu questa la mia occasione. Aiutata da Deryl che possedeva le chiavi della sala d'armi mi riappropriai della spada. Finché ho quella spada indosso non provo dolori lancinanti... infatti da quel giorno la tengo fedelmente al mio fianco, pur non utilizzandola mai. Conosco abbastanza bene il male che può fare una matrice e non so cosa accadrebbe a me se la usassi per colpire un essere vivente o anche solo un fantoccio di legno. Ne so cosa potrebbe mai accadere alla mia vittima. Ho visto i bagliori provocati dalle matrici risplendere sugli Hellers... e so che non libererò mai la potenza di una Matrice Trappola finché vivo.
Fuggii quella notte.
Mio fratello Hermes mi abbracciò e mi disse che mi sarebbe venuto a cercare un giorno, appena fosse diventato Signore di Alton. Salutai Callina e Deryl e scomparii nell'oscurità.
Mi dirigevo a sud, verso Dalereuth, con l'intenzione di salire su una nave e allontanarmi il più possibile da questa terra, che è stata anche la mia terra, ma che ora non è che un ricordo sfocato nella mia mente.
Pensai, ad un certo punto della mia fuga, di dirigermi ad est, verso Castel Ardais, per salutarti. Ma sarebbe stato un tragitto inutile e pericoloso. Non so come avrebbe reagito tuo padre vedendomi bussare alla sua porta quando sarei dovuta essere ad Armida per prepararmi a sposare suo figlio, inoltre mi sarei trovata sul percorso di ritorno di mio padre, e non avevo alcuna intenzione di rincontrarlo.
Così non ti salutai, se non con il pensiero, e mi diressi velocemente a sud ovest, verso il freddo mare. Arrivai a Dalereuth e lì incontrai Coelin Di Asturien, che già avevo conosciuto ad Armida quando, parecchio tempo prima, era venuto per vendere qualche vaso alla Seconda Grande Famiglia dei Cento Regni. Mi accolse nella sua casa poco lontana dal molo e gli raccontai tutto. Fu lui infatti ad aiutarmi, poi, a trovare una nave e a deciderne la destinazione.
Rispetto al resto del mondo i Cento Regni sono la parte più a nord, confinante appunto con i ghiacciai perenni del Muro Attorno al Mondo. Sarebbe stato inutile dirigersi a nord, così decisi di navigare verso l'Oceano Meridionale.
Non è una traversata che consiglio ad alcuno!
Coelin mi pagò, molto generosamente, il biglietto e mi promise che avrebbe fatto tornare sano e salvo Crine di Fuoco ad Armida, in quanto non avrei mai potuto portarlo con me sulla nave. La nave era una Balena dei Cieli che era intenzionata a dirigersi molto a sud, nella Baia di Belfalas, per commerciare con gli Uomini del Sud che vivono poco lontano.
Purtroppo, ovunque si trovi questa baia, non vi arrivammo mai. A causa di una tempesta la nave fu deviata dalla sua rotta originaria e, alla fine del temporale, noi ci trovammo molto più ad ovest di quanto intendevamo. Nessuno dei marinai sapeva molto delle terre che ci si paravano davanti, e io ricordavo solo le leggende chyeri sulle varie isole o continenti che erano situati nel Mare Occidentale.
La Balena dei Cieli, il cui nome non ricordo, approdò su queste terre per riparare gli ingenti danni causatole dal fortunale. Scesi dalla nave incuriosita verso quelle terre che non conoscevo, anche se i marinai continuavano ad avvertirmi di non fare pazzie e non allontanarmi troppo da loro.
Non li ascoltai e, sinceramente, ora non me ne pento.
Mi persi.
Rimasi qualche giorno a vagare nelle foreste che circondavano la spiaggia ove eravamo approdati finché non trovai un fiume. Lo seguii all'interno e mi ritrovai in una cittadina di nome Midgaard, ove alloggio tutt'ora.
Mi dissero che queste terre avevano a nome "Silmaril" , te lo dico affinché tu possa aggiornare le nostre mappe.
Dopo molto tempo riuscii a trovare tempo e modo per scriverti. Dovresti comunque premiare i tuoi falconi, in quanto sono stati bravissimi nella loro ricerca, e mi hanno sempre trovata.
Non credo che tornerò mai nei Cento Regni. Tuttavia…da una parte non ho alcuna intenzione di rischiare, anche lontanamente, d'incontrare mio padre o Domna Aliciana o lo stesso tuo fratello, Rideal. Dall'altra…mi piacerebbe molto sapere come sta Hermes e come stai tu, cugino. Le tue lettere non sono mai state esaurienti da questo punto di vista.
E ,soprattutto, come mio padre ha risolto la mia fuga.
L'unica cosa che non voglio è scoprire che per causa mia è nata una faida fra gli Alton e gli Ardais, anche se so che è una cosa molto probabile... inoltre... se tuo padre o il Reggente venissero a sapere delle mie "oscure origini" Francisco Ardais avrebbe tutto il diritto di andare a uccidere mio padre.
Da che è mondo, far sposare ad un Erede un'illegittima non dichiarata è una delle offese più gravi che esistano... tanto che mio padre fece di tutto per farmi dimenticare mia madre.
Non so. Faremo volare quel falco quando avrà messo le penne.
Sono passati molti anni, cugino.
Ti auguro ogni bene, spero che rimarremo in contatto. Ringrazia Coelin.
Buon cammino.
Ellemir Valenta Isil Lanart-Alton


Fered arrotolò i fogli.
Portando quei pezzi di carta scritta da Francisco, sarebbe diventato quasi ricco. Però...
Si alzò di scatto e andò a sellare il Res. Doveva arrivare a Castel Ardais il prima possibile.
Spronò il Res fino allo stremo, nel deserto, nel passo e poi nelle verdi pianure.
Velocissimo giunse in vista di Castel Ardais.
La fine dell'anno era vicina, e Francisco sarebbe certamente andato, con l'Erede, a fare il solito giro delle Grandi Famiglie per le tasse. Quello era il momento propizio per agire.
Entrò indisturbato al tramonto e si diresse verso l'ala est del castello, ignorando totalmente lo studio, vuoto, del Signore di Ardais.
Dyan Ardais era seduto davanti al fuoco, che si rifletteva nei suoi occhi marrone, da animale, e sorseggiava lentamente del vino, assorto nei suoi pensieri.
I capelli grigi riflettevano contemporaneamente il rosso del fuoco e quello del sole che tramontava.
"Dyan..."
Il ragazzo si girò velocemente. Nonostante il colore dei capelli non avrà avuto più di vent'anni. "Toanel? Fered Toanel? Cercavate mio padre? Oppure mio fratello? Mi spiace comunicarvi che sono assenti..."
Toanel scosse la testa.
"Cercavo voi, Dom. Questi sono vostri... credo. Coelin Di Asturien è morto, ma io penso di non volere il denaro di vostro padre."
Dyan alzò un sopracciglio perplesso. "Denaro? Di mio padre? Vi ha sempre pagato... vi siete pentito di tutte le vostre malefatte?"
Fered rise "Assolutamente no, Dom. Ma non sopporto la gente che non ha nemmeno l'educazione di ringraziarmi... con una stretta di mano."
Dyan gli sorrise e allungò la mano destra verso di lui "Non so cosa siano quei fogli, lo scoprirò presto. Non credo vi siate pentito... ma vi ringrazio."
Toanel strinse la mano e sorrise amichevole. "Dom, chiedete a me in futuro. Continuerò a venire a Castel Ardais, ma anche se in realtà non si può dire che io sia fedele... quel poco di lealtà che esiste nel mio corpo va meritata. Vostro padre non la merita... voi... non so."
Si voltò e fece per andarsene quando Dyan lo fermò. "Cosa pensate di fare adesso?"
Toanel ghignò come un lupo affamato. "Oh... nulla di speciale. Ma non aspettate di rivedere vostro padre... vivo..."
Detto questo scomparve nella tromba delle scale, con addosso ancora lo sguardo perplesso di Dyan Ardais.
Il ragazzo osservò i fogli, e si mise a leggere.
Era notte fonda quando finì, si appoggiò stancamente allo schienale e sospirò. Poi lanciò i fogli nel fuoco che cominciò a divorarli affamato. Il fuoco aveva appena ingoiato quei fogli quando Dyan addossò la testa allo schienale della sedia e si addormentò.







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