Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
I Racconti

Silmael

(Seconda Parte)

di
Cleylot


Il massacro dei prigionieri Druchii ebbe vasta eco. Caledor tutta venne presto a conoscenza di quel terribile atto, ne giunse voce anche a Lothern, la ricca e splendida capitale dei Regni Elfici, la città più grande, opulenta e magnifica del mondo intero, ma anche il posto dove i nobili tessevano le loro trame per accedere ai posti migliori o far destituire personaggi scomodi. Nelle stradine la gente commentava inorridita la mia sete di sangue, ma anche le alte sale del palazzo del Re Fenice riecheggiavano dei mormorii dei cortigiani: disapprovazione e disgusto verso ciò che per tutti era lampante: Cleylot Silmael era diventato un Elfo Scuro, combattendo contro i loro consanguinei maledetti. L'unico reame in cui la popolazione la pensasse diversamente era in Nagarythe, il reame dell'ombra. Un tempo potentissimo fra i regni elfici, ora distrutto e fiaccato dalle continue razzie degli Elfi Scuri che da lì trassero origine. Solo lì l'antica stirpe era mossa dallo stesso odio che colmava allora il mio cuore. Odio e sete di vendetta. Da millenni. Ma non risiedevo in Nagarythe. Caledor, la terra dei draghi, era la mia terra, e i principi di essa erano coloro fra cui erano stati scelti in tempi passati ben quattro Re Fenice. La loro arroganza era pari solo al loro valore in battaglia e la loro nobiltà e spirito cavalleresco erano famosi presso tutte le corti di Ulthuan, e perfino nei regni degli Uomini. Non tollerarono il mio atto. Non compresero la mia vendetta. Non ammisero la mia debolezza. Il concilio dei principi di Caledor si riunì per giudicarmi allo scadere di tre lune, nelle aule stesse della mia torre.

- Cleylot figlio di Merthy'el, discendente di Silmael, mago della bianca torre di Hoet, signore di Tor Ylar. Il consiglio dei principi è venuto a conoscenza con disgusto del tuo inconcepibile atto di barbarie. Ognuno di noi si sente offeso, infastidito e disgustato dal tuo vergognoso e riprovevole cedimento alle seduzioni del Caos. Vergogna dunque. Lo dico apertamente: ai miei occhi sei di poco dissimile da coloro da cui pretendi di differire. Da coloro le cui gesta sanguinarie sono ascoltate con terrore da levante a ponente. Il fatto che essi abbiano attaccato la città che tuo padre aveva il dovere di proteggere e amministrare, che lo abbiano vilmente ucciso, non giustifica affatto la tua insensata crudeltà dell'infierire su prigionieri inermi e disarmati. Le leggi di guerra di Caledor sono contro di te. Perché non hai offerto scelta fra Luce e Tenebra ai nostri disprezzati consanguinei? Perché non hai invocato il giudizio dei sacerdoti e degli anziani, prima di procedere all'eliminazione dei prigionieri?- Scrutò per un attimo le mie reazioni, ma dovette esser deluso dal fatto che ero rimasto perfettamente immobile, in atteggiamento di falsa umiltà. Riprese a parlare con voce arrogante: - Queste le accuse che ti vengono rivolte... ed io ne aggiungo una terza, di mia iniziativa ma sicuro dell'appoggio dei miei sodali: perché hai tradito te stesso, gli ideali che sostengono il nostro regno e la tua sinora gloriosa stirpe? Io, Cyerdrath Principe di Caledor, ho parlato a nome del regno. A te ora la difesa.- Tornò a sedersi sull'alto seggio nell'emiciclo che avevo di fronte. Gli occhi di almeno una decina di altezzosi aristocratici mi scrutavano. Impettiti nelle loro rosse armature in foggia di scaglie di drago, scintillanti alla luce delle torce, fieri del loro valore e tronfi nel loro elaborare una sentenza di cui era già noto il verdetto.

Mi alzai lentamente. Le mie vesti frusciarono lievemente mentre mi levavo per fronteggiare le accuse infamanti che mi venivano rivolte.

- Principi di Caledor... discendenti dai soldati del Difensore e amici dei Draghi... consentite ora ad un mago di difendere il suo legittimo operato nei confronti dei suoi accusatori.- Inchinai leggermente la testa verso l'augusto consesso - So benissimo che ciò che ho fatto è stato disonorevole e crudele. Tantopiù che ho gioito nel mandare gementi all'inferno quei maledetti. Ho visto le loro anime gemere sotto la tortura delle mie arti, prima di separarsi dal corpo ridicolmente lacerato dalla spada della mia famiglia.- Un mormorio di sorpresa si levò dagli scranni, ma levai la mano per sedarlo. Probabilmente stupiti da tanta arroganza, i Principi tacquero immediatamente. - Già... ridicolmente... Io non sono un cavaliere come voi... non so uccidere con un sol colpo di spada o di lancia... non ho quello che voi chiamate onore. Potreste fare a meno di giudicare un "inetto" come me, carente già in partenza della vostra "cavalleria". Ma questo io vi dico, e che serva di risposta alle vostre accuse. Da secoli i Druchii scorrazzano nei nostri mari, razziano le nostre città, rapiscono cittadini inermi per farne schiavi, almeno quelli così fortunati da non cadere in battaglia, o sacrificati sugli altari di Khaine. Ebbene, io vi dico che non voglio più contraccambiare all'odio con belle parole e bei principi. Se gli ideali di libertà e pace e gioia di Ulthuan vogliono sopravvivere, lo dovranno fare in un mare di sangue. Ci spetta solo la scelta se il nostro o il loro. Guardatevi!- Puntai con la mano tesa a tutti i presenti. - Combattenti di un ordine scelto, guerrieri del Regno Eterno, Signori di Caledor, ma che non capiscono che questa è una guerra totale ed eterna. O noi, o loro. I figli della notte strisciano fuori dalle nostre residenze e non c'è speranza di convertirli alla Luce, perché l'Ombra è irresistibilmente più forte. Come potrebbero tornare a comprendere la gioia di un amore, la felicità di una città operosa e libera, la soddisfazione della libertà e della giustizia, coloro che da secoli nutrono il loro odio con recriminazioni e invidie, coloro che vivono immersi nella decadenza, nella lussuria, nella violenza. Solo queste cose essi capiscono, solo a queste cose anelano. Se li avessi lasciati in libertà, dietro loro giuramento, quanto tempo avrebbero resistito prima di tornare agli antichi costumi? E soprattutto: quanti altri ne avrebbero corrotto al loro perfido credo prima di essere acciuffati e giustamente condannati?- L'uditorio era come congelato. Le mie parole si diffondevano nelle alte volte del salone, gli arazzi raffiguranti scene idilliache apparivano stranamente in contraddizione con le parole gelide ma colme di odio che stavo pronunciando. - Voi parlate di consuetudini... di leggi di guerra... Ma la guerra non ha leggi. La guerra è un mostro che consuma vite, la guerra spezza destini, infrange sogni ed ideali per immergerli fumiganti della loro follia in un calderone di sangue e di corpi sventrati. Io non ho tradito me stesso. Con l'assassinio di mio padre ho scoperto la parte di me che credevo fosse da soffocare, a causa degli insegnamenti vostri e di quelli come voi, ma che invece è un fluido vitale per continuare a combattere. L'odio è utile se è indirizzato. Ecco la sottile differenza fra me, e i nostri malvagi cugini: loro odiano tutto e tutti, perché di tutti invidiano la (relativa se vogliamo) libertà e odiano l'esistenza libera dal loro assillo: il potere. Già... quanti fra voi avrebbero esitato a far deporre un parente che vi avesse sottratto minima parte dei vostri feudi? Quanti fra voi si sono astenuti dai turpi commerci di Lothern, bella come vergine ma corrotta come una meretrice? Bene, io odio la loro razza dannata e sono pronto a tutto per far sprofondare nelle viscere dell'Abisso senza nome loro e chiunque gli sia amico e fratello nell'oscura fede. Perché io amo questo regno, anche se si corrompe ogni giorno di più, possiamo ancora sanare le sue ferite e farlo tornare all'antica gloria. Ma questo non sarà possibile prima che qualcuno o più di uno si faccia carico della Purificazione del mondo. Io voglio fare la mia parte. Non importa come, non importa quando. La farò. E che Asuryan, Isha e Lileath possano aver pietà di me e della mia anima se sbaglio nelle mie affermazioni.-

Sui volti dei Principi regnavano ora stupore, ora rabbia, ora sconcerto.

- Cleylot Silmael, le voci che corrono sono dunque vere: combattendo l'ombra ne sei diventato parte. Ne siamo affranti, ma per le leggi di Caled...-

- TACI- pronunciai con voce ferma e glaciale. - E' inutile. Così chiusi nei vostri preconcetti come lo siete nelle vostre armature, non capite la verità neanche trovandovela sotto gli occhi. Ebbene, allora sappiate questo: la spada dei miei padri fu forgiata insieme a quella degli altri Principi di Ulthuan. Essendone ora io il detentore legittimo, sono un vostro parigrado, e in nome delle leggi che dite di difendere, non posso essere giudicato né da voi, né da un concilio di vostri... di nostri... pari. Solo il Re Fenice può sollevare un Principe dal suo incarico. Fiamma di Verità era il nome della mia antica lama, ma d'ora in poi si chiamerà Stella Oscura, poiché volete condannare la Luce della Vendetta nella Tenebra dell'Ipocrisia. Così sia, se sarà il giudizio della Corte di Lothern, ma fino ad allora, varrà questo mio comando: fuori dalla mia casa e dalle mie terre, se non volete che la mia ira si ritorca contro di voi come è già successo fra altre casate in passato. E se non credete alla verità delle mie parole, provate a impugnare questa spada, se ne avete il coraggio. Sappiate però che solo i Silmael possono sopportarne il potere.- Uno dei Principi, ancora troppo scioccato per rispondere a tono, provò ad impugnare la spada che avevo conficcato nel pavimento di legno.

Inutile soffermarsi sulla sua miserabile fine, inghiottito nel profondo della tenebra dall'incanto della spada.

Approfittando dello sconcerto, ne approfittai per mettere in atto l'ultima parte del mio piano, stabilito poco dopo il lavacro di sangue... - Ed ora signori, vi auguro una felice notte. Possiate esser presenti quando tornerò, recando con me la prova della vittoria di Ulthuan la Splendida.- Sparii, ripresi la mia lama e salii le scale fino alla mia sala lasciando gli astanti con gli sguardi pietrificati, indecisi se sentirsi stupiti per il grado della mia famiglia, sino ad allora nascosto, per la morte del compagno o per la mia repentina sparizione.

Il vento fresco della sera mi accarezzava veloce e fugace il volto, mentre volavo al largo delle coste di Ulthuan, diretto a nord, verso la terra nera di Naggaroth.








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