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Elarill Etegg
Nacqui nelle foreste di Nàlacon, dolcemente adagiate
tra le vette dei monti di Tàlion; dove il sole scivola tra le fronde di
immensi alberi, fino ad accarezzare le acque del fiume Eliranto, sulle
cui sponde sorge la splendente Nénar.
Essendo discendente di un'insigne stirpe di fruitori di magia, erano in
me riposte grandi aspettative; nonostante la mia natura fosse impura
a confronto con la mia gente, in quanto frutto dell'unione con un umano.
Crebbi dunque tra gli Elfi, tentando di apprende quanto più potevo del
mio popolo ma, senza riuscire mai a sentirmi realmente parte di esso.
Avevo la sensazione che la mia strada ed il mio destino si nascondessero
altrove, oltre quei boschi che avevano visto i miei primi sorrisi; eppure,
sentivo di essere profondamente legata a quelle terre ed al mio popolo,
un legame viscerale ed innato.
Nonostante la mia giovane età, nel mio animo avvampava sempre più, giorno
dopo giorno, la lotta tra le molte essenze che sentivo mie; che un giorno,
forse, mi avrebbero rivelato la mia sorte, donando una forma compiuta
alla mia natura.
Seguii dunque il cammino che mi era stato destinato: al compimento del
nono anno d'età iniziai il mio noviziato presso il Ratâ Poikâ di
Nénar, dove, per sette lunghi anni, fu mio compito dedicarmi alla riflessione
spirituale ed applicarmi nell'apprendimento delle arti magiche.
Per molto tempo, il mio studio si rivolse anche alla conoscenza ed all'approfondimento
del passato del mio popolo; di un vissuto che percepivo così vicino, ed
al tempo stesso così lontano, da ciò che sentivo d'essere.
Al compimento del noviziato, mi avvicinai altresì all'arte del combattimento
e della difesa, apprendendone le fondamenta, così da completare la mia
preparazione.
Benché mi ritrovassi ad essere una barda apprendista con solide basi,
la lotta nel mio animo era sempre più accesa e percepivo sempre più la
mia incompletezza.
Decisi dunque di rimettermi al consiglio del mio maestro, nonché trisavolo,
Yancil Etegg.
Il crepuscolo stava ormai celando il sole oltre i monti di Tàlion, una
flebile luce filtrava dai rosoni del Tempio di Khjelesê, illuminando appena
i nostri volti. Il mio maestro, ormai molto anziano, mi guardava con sguardo
dolce, mentre si lasciava sorreggere dal suo bastone nodoso.
Lentamente, alzò la sua mano e posandola delicatamente sulla mia testa,
sorrise.
Le sue labbra, che nel corso degli anni si erano concesse rare parole,
lasciarono trapelare, in lievi sussurri, la sapienza che illuminò il mio
cammino: "Colui che conosce il tutto, ma è privo della conoscenza di
se stesso, è privo del tutto".
Al sorgere del sole, lasciai Nénar, attraversai le foreste di Nàlacon
e superai i monti di Tàlion. Il mio viaggio, aveva avuto inizio.
* * *
Vagai a lungo. Per molti mesi lasciai che i miei passi seguissero i sentieri
che incontravano ed attraversassero distese sconfinate e sconosciute.
Ero giovane, avevo appena sedici anni. Lascia che i miei occhi scoprissero
quel mondo che tanto avevo immaginato, dai racconti di chi aveva viaggiato.
Assaporai ogni profumo, ogni brezza ed ogni suono, che accompagnava il
mio lento pellegrinare.
Seguii il mio cammino, dettato dal fato. Ed una notte, il mio sentiero
finì.
Un immenso cancello si ergeva dinnanzi a me. Era inverno ed il freddo
era tagliente. La sera nascente ed il mio corpo stanco ed affaticato,
m'indussero a varcarlo.
* * *
Midgaard. Una piccola cittadina, ai piedi di immense pianure ed ai confini
di selvagge foreste.
Trovai accoglienza, amicizia, affetto ed amore.
L'amicizia che ti accompagna, che ti tiene la mano, che ti conforta. L'amore
di cui si narra nelle leggende, che nasce in uno sguardo ed invade il
corpo, il cuore, l'anima. Quell'amore tanto intenso da non vedere limiti,
ostacoli alla sua vastità. Ed una vita, una natura che costringe alla lontananza,
alla separazione.
Trascorsero mesi, anni. Ed in una delle molte sere in cui il sole volge
a nascondersi oltre le fronde, come ero giunta un tempo, presi la mia
bisaccia e imboccai il sentiero.
Mi fermai nelle pianure. Cercai il silenzio e rimasi ad ascoltarlo.
I pensieri scorrevano lenti nella mia mente, sfiorando le labbra, in silenziosi
sussurri.
La notte trascorse ed il tepore del mattino, accarezzò le mie guance.
Mentre tutt'attorno la vita si risvegliava dal sonno della notte, ripresi
il mio cammino.
Attraversai molte terre ed immense distese assolate; superai i monti che
a lungo mi avevano protetta dai venti freddi; le foreste, che avevano
udito le mie risa di fanciulla ed i miei sogni; guadai il fiume, che aveva
riflesso la mia immagine nella mia giovinezza; e giunsi a Nénar.
La luce di un tempo, tornò a riverberarsi nei miei occhi.
Ritrovai la mia casa, ritrovai la mia famiglia, ritrovai la mia gente, ritrovai ciò che ero.
Cercai il mio maestro, per domandargli ciò che sarei stata.
Capirono che non sarei rimasta.
Con la sua saggezza aveva aperto le porte al mio destino ed ora, avevo
trovato la mia strada.
Da sempre, aveva seguito i miei passi, aveva osservato i miei sorrisi,
aveva sorriso dei miei errori e mi aveva insegnato ad essere libera. Il
mio affetto e la mia riconoscenza nei suoi confronti erano infiniti. Negli
anni, aveva imparato ad osservare, senza influire sul destino dei suoi
adepti, lasciando che percorressero il loro cammino e trovassero la loro
strada. Era il padre della mia gente, eravamo in molti a chiamarlo Atar.
Lo trovai al tempio di Khjelesê, assorto in meditazione. Rimasi in silenzio.
Una bianca luce filtrava dai rosoni, accarezzando l'aria in un velo pacato.
Il profumo d'incenso penetrava silenziosamente l'aura fresca e rilassata.
L'Atar aveva terminato la sua riflessione. Mi osservava, sorridendo
dolcemente.
Le sue labbra restarono immobili. Si avvicinò ed impose le sue mani sul
mio capo.
Sorrisi, cercando i suoi occhi, che vidi strizzare con tenerezza. Non
una parola. Seppi di non averlo deluso. Avevo tradito le aspettative della
mia gente, ma non lui. No, il suo sguardo, umido di vecchiaia, mi rivelò
per un istante tutto il suo affetto. Sussurrai un flebile grazie, mentre le
lacrime scorrevano sulle mie guance.
Arcane parole solcarono l'aria. Una luce accecante riempì il tempio. Ed
un buio interminabile penetrò la mia mente. Poi, il nulla.
Mi aveva cresciuta ed ora, mi permetteva di abbracciare il mio destino.
Sapevo che sarei stata sola.
* * *
L'umido abbraccio della terra sotto il mio corpo, cullò il mio risveglio.
Il mio corpo era intorpidito, dovevo aver riposato a lungo. La rinascita
fu lenta. Rimasi per lunghi istanti immobile, con gli occhi chiusi.
Il profumo della terra era inebriante, scivolava nel profondo, ristorando
il mio corpo.
Lentamente, dischiusi gli occhi e lo sguardo vagò attorno, a rilento.
Guardai nuovamente; riuscendo a scovare soltanto cunicoli, ricavati fra
le radici.
Il corpo, mi doleva. Rimasi seduta, mentre la terra fresca sfiorava la
mia pelle.
Il tempo scorreva lento. Pian piano, mi risvegliavo dal mio sonno.
Con calma, tentai di alzarmi, appoggiandomi alle pareti limacciose, muovendo
piccoli passi sulla terra sconnessa.
Percorsi lentamente uno dei molti cunicoli. Camminai a lungo e, d'un tratto,
una forte luce mi accecò. Barcollai. Gli occhi bruciavano e la vista era
offuscata.
Cercai di accovacciarmi, coprendomi il viso con le mani. Ero disorientata.
Lentamente, dischiusi le dita. Piccoli spiragli di luce trafissero i miei
occhi. Dovevo abbituarmi alla luce. Per lunghi istanti non riuscii a vedere
nulla.
Poco alla volta, gli occhi smisero di bruciare e le immagini iniziarono
a prendere forma. Rimasi accovacciata per molto tempo, il mio corpo si
stava adattando alla superficie.
Avanzai lenta, fra le fronde degli immensi alberi e seguii il sentiero.
* * *
Ed eccomi nuovamente a varcare questi cancelli. Ricordo ancora la sera
in cui giunsi in queste strade, così straniere, così sconosciute ed ora,
così profondamente mie.
Midgaard, luogo in cui cercai rifugio dai freddi venti dell'inverno, che
affaticavano il mio cammino, ed in cui trovai invece, una casa.
Alle volte, quando ci ripenso, mi appare ancora strano quanto quella che
credevo una breve sosta, abbia dettato la fine del mio viaggio.
La mia intenzione era quella di ripartire, non appena il freddo si fosse
ammorbidito, ed invece, giunsi a Midgaard in una notte d'inverno ed il
riposo di una notte, divenne la mia vita. Il mio viaggio era terminato.
Gli insegnamenti del mio maestro mi aiutarono ad abbracciare il mio destino
e a trovare la fede nel mio dio.
Forse nessuno comprenderà le mie scelte, forse continuerete ad odiarmi
per la razza a cui appartengo ma i vostri occhi, incontreranno sempre
il mio sorriso.
Elarill Etegg - Il Vento della Giustizia
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