Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
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Ghaldwyr


Questa storia mi è stata raccontata da mio nonno Braen alcuni anni or sono. È una storia che lo riguarda e direi che riguarda anche me, come capirete. Ma ascoltate il racconto con le stesse parole che io udii da lui...

...Mi trovavo a passare alle propaggini di una grande foresta dall'aspetto cupo e minaccioso. Del resto quella era l'unica via per arrivare dal mio piccolo villaggio sino alla lontana Midgaard, dove avevo udito che si sarebbe svolta una ricca festa in cui gradita era la partecipazione di bardi come me. Durante il mio cammino, sarà stato quasi il crepuscolo, ad un certo punto udii un fruscio e un lamento sommesso provenire dal sottobosco, poco lontano da dove mi trovavo. Impaurito, impugnai il mio piccolo pugnale temendo che uno spirito del bosco mi avesse preso di mira. Gli Antichi sanno quanto possono essere dispettose quelle creature! Il meno che possono combinare è farti crescere i peli in bocca o mutarti in un topo! Ma sto divagando... dicevo, rimasi nascosto dietro ad un albero per un buon quarto d'ora e, ascoltando meglio, il lamento mi parve essere più un pianto che altro... mi mossi con cautela e vicino ad un cespuglio di more selvatiche vidi un uomo steso per terra, immobile, con la faccia ridotta ad una maschera di sangue, che ranicchiato stringeva un bambino piangente in braccio. L'uomo sembrava morto e mi accostai cautamente a lui... ma di colpo aprì gli occhi e per lo spavento cascai all'indietro a gambe all'aria! Provò ad articolare alcune parole e io cercai di aiutarlo versandogli un po' d'acqua sulle labbra per rinfrescarlo. Valutai velocemente il suo stato, ma capii che la sera si sarebbe portata via, oltre che il sole, anche la sua vita.
"...Bambino... il bambino... curalo..." mi disse porgendomi il fagottino.
"Ma questo bambino sta bene, tranquillo, non è ferito." gli feci di rimando dopo aver preso e osservato il piccolo che ora si era un po' calmato.
Lui sorrise debolmente e richiudendo gli occhi ricominciò a parlare con voce raschiante e bassa, tanto che dovetti avvicinare l'orecchio e anche così facendo a volte non riuscii a cogliere ciò che mi diceva.
"Lo avevano rapito dopo aver ucciso suo padre" cominciò "ed io insieme ad altri avevamo provato ad andare a riprenderlo, per la piccola elfa... lo abbiamo trovato... qui vicino c'è..." ma non compresi la parte seguente. "...orchetti... non si sa perché lo avessere preso... bestie maledette... cough cough... tutto bene... tutto bene credevano miserabili esseri... e pensavamo di averli..." ancora una volta non capii cosa mi stesse dicendo "...ma no... altri! Tanti altri... una banda... prima Greyl, poi Surk..." cominciò a piangere sommessamente "...e tutti... tutti... morti! Io solo fuggo con il piccolo... ma ho un orco grande davanti a me... lo abbatto, sì lo abbatto! Orco infernale!" Avevo come l'impressione che stesse rivivendo febbrilmente il suo passato "...e corro... corro... sono ferito e alcune frecce mi colpiscono... ma ce l'ho fatta... il bambino è al sicuro... sua madre... portalo da sua madre..."
"Ma chi è? Come si chiama? Chi è la madre?" domandai disperato alla vista della vita dell'uomo che mi scivolava via davanti.
Ma egli non si muoveva più ora. Mi alzai, sempre con il piccolo in braccio, che ora mi osservava assorto, afferrandomi di tanto in tanto la barba con le manine. Osservai il corpo di quel pover'uomo. Ma non era ancora morto perché riaprì di nuovo gli occhi, un'ultima volta.
"Gha... Ghal... ldwyr..." singhiozzò lamentoso. Stava facendo uno sforzo tremendo. Mi inginocchiai ancora su di lui, attento mentre ricominciava a parlare. "...il bambino... e la madre... la madre..."
"Come? Come?" lo sollecitai. Ma tacqui quando mi accorsi che la sua anima era ormai volata là dove riposano i giusti lasciandomi con quel piccolo frugoletto di cui non sapevo nulla. Eri proprio tu, figliolo...








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