Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
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Keith Green, "il gatto di Cheshire"


Personaggi

Keith Green, "il gatto di Cheshire": Psionico, protagonista della storia (mi pare quindi inutile anticipare quiqualcosa che lo riguardi... Leggerai del suo passato nel racconto che ti sto proponendo). Per motivi che non intendo discutere ora, una volta in passato impazzi’, mostrando di possedere una vera e propria seconda personalita’ altamente malvagia e distruttiva dentro di se che chiamo’ Keith Black e che riusci’ , non senza difficolta’, a dominare.

Xanafer Camael, Consigliere delle Ombre: Drow, chierico (una volta appartenente alla chiesa di Balder), un giorno decise che la via della luce non era il suo destino, mettendosi al servizio di un’organizzazione nota come “Le Ombre Custodi”, una setta che professa la distruzione del male mediante l’uso dei poteri di quest’ultimo. Fuggito da Menzoberranzan, citta’ degli elfi scuri dell’Underdark, in tenera eta’ ha conosciuto Keith, diventandone pian piano amico.

Shaz Elatoile: Vero nome di Keith Green

Paul Elatoile: Marito di Elaine, padre di Shaz.Uomo robusto, sulla quarantina, muscoloso e reso forte dal lavoro nei campi e come taglialegna, con cui si e’ sempre guadagnato da vivere. Adepto di Balder, credente ma non praticante, da anni si e’ ritirato da Midgard, preferendo vivere in una piccola casa poco lontano dal centro abitato.

Elaine de Garche: Madre di Shaz, moglie di Paul.Figlia di un ricco armaiolo di Midgaard, fu ripudiata dalla famiglia quando decise di sposare Paul. Testarda e forte, riusci’ alla fine a far valere le proprie ragioni, riuscendo anche a riavvicinare la propria nuova famiglia e quella dei genitori grazie alla nascita della prima figlia,Victoria, subito amata dai nonni

Victoria Elatoile: Figlia primogenita di Paul ed Elaine, sorella di Keith. Una bambina dal carattere dolce e fragile, sicuramente buffa unione dell’aspetto dolce della madre e del carattere semplice e tranquillo ma a modo suo estroverso del padre. Primogenita capricciosa e coccolata,ben poche sono le cose che non le vengono concesse...

Storia e personaggi di Antonino Pollina.

Doverosa piccola premessa prima di cominciare il racconto: nel testo, le parti in grassetto rappresentano i pensieri (quindi nulla che venga comunicato a voce) dei personaggi, mentre frequente e’ il cambio dalla terza persona del narratore alla prima persona, in cui il personaggio parla autonomamente e dando voce a sensazioni quasi piu’ che a descrizioni...

Spero di non aver fatto una porcheria...

Dying Again

Now I will tell you what I've done for you
50 thousand tears I've cried
screaming, deceiving and bleeding for you
and you still won't hear me
don't want your hand this time I'll save myself
maybe I'll wake up for once
not tormented daily defeated by you
just when I thought I'd reached the bottom
I'm dying again...

<<...non so come fu la prima volta, non lo ricordo...>>

Il drow si giro' tra le mani il bicchiere, fissando quindi il compagno seduto davanti a se.

Non era particolarmente giovane, neppure particolarmente attraente; non aveva il fisico del guerriero, quell'uomo, questo era certo.

A dire il vero, come spesso la gente pensava incontrandolo, era una di quelle classiche persone incolore e insapore: una di quelle che a mettergli in mano una zappa e delle sementi le scambiereste per contadini fatti e finiti, a mettergli in mano una spada e uno scudo li vedreste ora soldati. Camaleonti, persone che cosi' poco danno di se da poter essere, per gli altri, qualsiasi cosa.

E da finire invece per essere niente...

E ora che l'elfo scuro incontrava gli occhi dell'amico, ora come ogni volta, fu costretto a pensare. Il vortice delle sensazioni, dei ricordi e dei sentimenti tradi' ancora una volta Xanafer, mentre il flusso dei pensieri lo rapiva, traendolo prepotentemente a se...

Ancora una volta devo piegarmi, e abbassare lo sguardo per primo: non lo sopporto. Se solo leggessi in quei grandi occhi marroni dolore...

...se vi scorgessi paura...

...se vi fosse rabbia, rancore, ira...


Una pausa.

Un impercettibile sospiro.

Lo fronteggerei, sosterrei il suo sguardo con tutto me stesso, il peso delle mie convinzioni, il valore dei miei princìpi. E mai, mai e poi mai abbasserei lo sguardo, perche' cio' che ho imparato dal mio mondo e' che davanti alla rabbia chi reagisce con sottomissione soccombe, davanti alla paura chi si lascia dominare e' spacciato; di fronte al dolore, chi fugge e' finito... Perche' il mio mondo e' il buio, la mia citta' natale e' un manto di tenebra tra il buio piu' profondo di tutti, un sospiro di caos nella precisione perfetta delle prondita' della terra... E io, pur essendone fuggito, da essa ho ricevuto molte preziose lezioni.

Torno' ora a fissare l'uomo davanti a se, portando alle labbra il bicchiere pieno d'acqua, e ricevendo un briciolo di ristoro dalla sensazione di freddo che il fresco liquido incolore portava con se.

Poi fu nuovamente rapito, mentre l'acqua prendeva a intiepidirsi nella sua bocca e tra le sue labbra.

Lezioni che si sgretolano come castelli di sabbia in riva al mare, davanti alla marea della superficialita' di questo sguardo

Sorrise impercettibilmente, mentre quell’ultimo pensiero si cristallizzava nella sua mente: ormai conosceva abbastanza Keith da sapere che quella superficialita’ era tutta apparenza, una mera facciata, una diga posta a frenare la passionalita’ che caratterizzava le azioni e i reali pensieri dell’amico, ma...

Mi parla, quest'uomo; mi racconta di se, dopo forse dieci anni che lo conosco... E il suo sguardo rimane immutato. Nei suoi occhi, ora come dieci anni fa, leggo la stessa eterna espressione di sfida, lo stesso sorriso di scherno incornicia il suo volto, lo stesso sguardo divertito e furbo che vi ho sempre trovato, in risposta a qualsiasi mia domanda o affermazione.

Chi sei, Keith Green? Chi sei tu che non riesci a provare dolore neppure per te stesso, anima dannata?
Chi sei, nel nome del Bianco Gerarca Balder, chi sei, gatto?


<<No, ad essere proprio sincero non so nemmeno se ci fu qualcosa di vagamente somigliante ad una "prima volta". Semplicemente, da bambino, un giorno mi accorsi che... potevo.>>, concluse l’uomo bevendo un altro sorso di birra dal boccale davanti a se.

L'oscura figura alla destra dell'uomo chiamato Keith si mosse, impercettibilmente, visibilmente a disagio. Non era abituato a fermarsi nelle locande, non era abituato a correre certi rischi. Un lungo mantello copriva il suo corpo e la sua armatura, mentre un cappuccio largo tenuto basso sulla testa assicurava al suo viso l'oscurita' che gli necessitava per non apparire agli sguardi indiscreti e indagatori degli altri avventori della locanda.

Avventori che, lui lo sapeva, si sarebbero "avventati" molto volentieri sul drow seduto accanto all'uomo chiamato Keith Green, se solo ne aevssero sospettato la presenza.

...Avventori "avventati"...?, penso' tra se e se il drow, scuotendo impercettibilmente la testa.

Quindi disse a voce alta e chiara, scandendo con la consueta lentezza e precisione le parole del difficile linguaggio di superficie: <<Cominci ad avere un brutto ascendente su di me, sai, Keith?>>

Ancora una volta, il largo e malizioso sorriso dell'amico lo spiazzo'.

<<Immagino che allora la nostra affascinante Alanna mi debba dei ringraziamenti, per questo... Eh, Xan?>>

Il drow senti' le guancie imporporirsi, ma sicuro dell'oscurita' offerta dal largo cappuccio, non se ne curo' troppo.

Errore fatale, come gli fece capire dopo pochi secondi lo scintillio rossastro negli occhi dello psionico.

Agendo in profondita' sulla propria psiche, lo psionico penetro' leggermente all'interno del proprio subconscio; una cosa difficilissima per molti, ma ormai abbastanza comune per lui. La sua mente penetro' in superficie, sfiorando appena le sinapsi del proprio cervello con un tocco reso ormai sapiente dall'esperienza di trent'anni di allenamenti... E pochi istanti dopo la stanza si rischiaro' agli occhi ora sensibilissimi di Keith, mentre particolari prima trascurabili ora comparivano davanti a lui; presenze prima invisibili si aggiravano ora nell'aria, mentre un'uomo sgattaiolava furtivamente nell'ombra, dall'altro lato della stanza. E il perenne sorriso che increspava le labbra dello psionico si allargo' in un sogghigno provocatorio, mentre constatava il rossore che si spandeva sul viso del drow, ora perfettamente visibile ai sensi acuti della sua mente.

Tuttavia non disse nulla, e di questo Xanafer gli fu grato.

Dopotutto, Keith sapeva quanto il drow fosse orgoglioso.

<<Va bene, non c'e' una vera e propria "prima volta">> aggiunse in fretta il drow, conoscendo bene l'amico da non voler mettere troppo alla prova quella strana e inusuale forma di tatto e delicatezza che gli aveva impedito di condensare in parole la salva di battutine che sicuramente si era fatta strada tra i suoi pensieri <<ma almeno ricorderai la prima volta che hai controllato questi tuoi "poteri", no?>>

E questa volta il cambiamento ci fu.

Inaspettato, improvviso, inatteso: un secondo prima un sorrisetto canzonatorio inarcava le labbra morbide e carnose dell'uomo... Un secondo dopo invece, nulla.

Nessun sorriso.

Nessuna espressione divertita.

Nessuna espressione di scherno, di sfida, di superiorita'.

Normalmente il drow avrebbe tratto piacere da un tale repentino cambio di umore; era raro vedere Keith serio. Anzi, a pensarci bene, solo una volta prima di allora era successo, nei dieci anni che avevano visto nascere e crescere quella strana e inusuale amicizia tra l'ex chierico di Balder, Xanafer, e l'uomo soprannominato da tutti "il gatto di Cheshire", Keith.

E ora il drow non voleva pensare all'eventualita' che "quella cosa" potesse accadere ancora...

Per alcuni istanti, congelati come fantasmi che rubassero il tempo al drow, nell'illusione di trascorsi secoli, Xanafer attese immobile la risposta dell'amico.

Esito', quindi alla fine fece l'unica cosa che sapeva essere giusta.

Tuffo' i suoi scintillanti occhi cremisi, minuscole fiamme dell'Abisso, nelle profondita' dello sguardo serio e freddo dell'uomo che gli stava davanti.
Apri' la propria mente allo psionico, immaginando di lasciarlo entrare, di accoglierlo, invitandolo a condividere con lui il fardello che ora lo opprimeva. Si offri' a lui completamente, conscio che se il lato oscuro dell'amico, l'oscura nemesi che solo una volta era riemersa dalla sua anima, anni fa, avesse preso il sopravvento...

Ricaccio' via quel pensiero con un brivido, e rilasso' i muscoli; e fu allora che, con sua meraviglia, immagini e suoni presero a scorrergli davanti agli occhi, mentre la sua mente viaggiava tra i ricordi dell'amico e la voce calda e dolce di Keith prendeva a narrare...

<<Tante, tante volte hai visto in me la persona semplice che sono, Xanafer Camael.>>

<<Di questo io ti ringrazio, amico mio... Perche' in verita', quella persona non potrei piu' esserla, seppur desideri ardentemente l'esatto contrario.>>

<<No... No, Xan. Non pensare che cio' che ti ho appena detto sia un controsenso... Piuttosto, guarda...>>

Il drow si concentro' sulla visione.

Una casa.
Una modesta, piccola casa in legna sul limitare di un dolce e silenzioso boschetto. Suono di risate, risate di bambini: una bambina dai lunghi e morbidi capelli biondi, dalle guance rosate e morbide come albicocche mature, dalle lunghe e affusolate gambe; una bambina di non piu' di 13 anni, e dietro di lei un bambino decisamente piu' piccolo, forse di 10 anni.
I suoi capelli, come quelli della bambina, lunghi e morbidi sulle sue spalle.
Il loro colore, come quelli della bambina, biondo come il grano maturato dal sole dell'estate.
Le sue guancie, come quelle della bambina, morbide e vellutate come dolci pesche mature.


Il drow ebbe una stretta al cuore, un sentore forse di quanto l'amico stava condividendo con lui; provo' ad urlare, ma non ne ebbe il tempo - o forse il coraggio - mentre la visione, tremenda e dolcissima, spietata e paradisiaca, si dipanava sotto i suoi occhi.
Xanafer Camael inghiotti' a vuoto, cercando di mandare giu' il nodo che gli opprimeva la gola...
Invano.
La visione prosegui'.

Una camera da letto, buia e silenziosa sotto i raggi di una profonda e dolce luna, svettante nel cielo terso e limpido di una calda notte di mezza estate.
Paura, come un fremito - una vibrazione - palpabile ora, invisibile manto nell'aria di quella camera.
Voci.
Voci nel corridoio, prima della camera dalle pareti in legno - una camera di quella casa vista pocanzi, lo capiva ora.
"Shaz, vai a letto ora, per l'amor del cielo..."
Pianto.
Il pianto di un bambino, la solitudine che si irradia tra la tristezza che pregna l'atmosfera della camera.
"Ma... Mamma... Io... Victoria..."
Singhiozzi. Il drow distingueva chiaramente le parole rotte dai singhiozzi del pianto.
"Cucciolo... Ascoltami ora. No, non piangere... vieni qua, amore..."
Calore.
Una stretta.
Paura, sicurezza, un abbraccio che inebria quasi, un abbraccio che invita ad abbandonarsi.


In silenzio, senza mai aprire gli occhi, Xanafer si terse alcune goccioline di sudore dalla fronte.
"Balder, dammi la forza..."
Ma il Gerarca, se anche senti' il sussurro del drow, non pote' accogliere la supplica.
Ci sono strade il cui corso e' intessuto di dolore - ora Xanafer se ne avvedeva - cosi' come ci sono maschere che celano dietro un sorriso la disperazione di un'anima spezzata nei suoi recessi piu' profondi.
Inspiro', mentre il nodo alla gola si spostava sul cuore come un nero macigno...

"Cucciolo... C'e' la tua mamma qui con te, no?"
Paura.
Resta con me, mamma... Resta con me, non andare via.
"Ascoltami ora, Shaz... Tua sorella si e' soltanto persa, va bene? Capita, lo sai... Ogni tanto si smarrisce la strada, quando si va nel bosco. Percio' io e tuo padre ti abbiamo sempre detto di non andarci mai - ricordi?"
Angoscia.
Il bosco... Perche' nel bosco? Perche'? Perche' di notte?
Paura.
"Tornera', amore... Papa' e' andata a prenderla, non temere... tornera', tornera'..."
Silenzio.
Sento il suo cuore, il battito del cuore di mia madre
- no, non mia madre... SUA madre, la madre di... - sopra di me... Lo sento, sento le sue calde lacrime bagnare le mie guancie, cadere verso il basso.
Silenzio.
Solitudine.
La porta si chiude.
La finestra si apre.
Aspettami, papa'.
Aspettami, Victoria.
Sto venendo a prendervi.


Immerso in quei ricordi, Xanafer ebbe un tremito, mentre la sua personalita' e il suo io combattevano una battaglia che non potevano vincere per tranciare i legami troppo saldi instaurati dallo psionico. Ora Xanafer capiva il terribile dono che Keith gli stava facendo: piu' eloquente di mille parole, lo psionico gli stava facendo rivivere il momento di cui tanto a lungo il chierico decaduto aveva chiesto.
Xanafer stava vivendo in prima persona tutto, ma senza poter far niente per modificare cio' che vedeva...

Corre, il bosco, corre veloce attorno a me; si tendo a graffiare il mio volto, gli alberi dai rami bassi e aguzzi - no, il bosco non corre, sei tu che corri incontro al bosco, sei tu che ti fiondi attraverso i rami bassi e taglienti, sei tu che ignori dolore e ferite - corre, corre e scompare dietro di me...
Calore.
Vampate di calore dentro il mio petto.
I battiti del mio cuore accelerano.
I battiti dei miei pensieri premono sulle tempie, e ogni passo sembra lasciarmi sempre piu' senza forze.
Papa'... Papa'... Papa'...
Voglio rivederti...
Papa'...
Aiutami...
...papa'...
Altro calore, altro calore attorno a me - dentro di me - un portale abbacinante, una porta che cerca di uscire.


Ancora un gemito.
Quante volte Xanafer aveva visto Keith evocare un portale come quello che ora vedeva nascere davanti ai suoi occhi, nella visione che l’amico tesseva per lui?
E ancora, una profonda tristezza si impossesso' del drow, impalpabile e sinuosa come un manto di nebbia, inspiegabile quanto insensata. Cos'era?

Luce.
Finalmente, luce.
Ma che strana luce e' quella che mi saetta attorno, ora? In essa sono contenuti tutti i colori che conosco, ma anche di piu' - molti di quelli non li conosco, e molti di questi non appartengono a questo mondo - cos'e'?
Vedo i suoni fondersi nei colori, mentre lo spazio attorno a me si piega e le distanze si sfaldano.
Davanti a me l'immagine di mio padre - No! Non e' quello, mio padre...
Ancora una volta buio, tenebra davanti a me...
E poi...
...tre ombre...


Xanafer sussulto', mentre una lacrima rigava il suo volto.

Aveva visto tutto. Ora sapeva.

In silenzio, senza dire una parola, il drow si alzo' dalla sedia, avviandosi all'uscita della locanda.

<<Non vogliamo sporchi drow da queste parti, straniero...>> gracchio' una voce alla sua sinistra, un misto di ubriachezza, eccesso di cibo e sicuramente di panini di erbapipa, resa ancora piu' aspra da un odio che neppure l'alchool e le droghe avevano mitigato.

Nella taverna scese il silenzio, mentre Xanafer Camael tirava giu' del tutto il cappuccio del mantello, preparandosi come sempre a recitare la parte del potente mago che li avrebbe inceneriti tutti grazie alla sua mistica "sfera del potere".

Poco importava se quello che evocava dal piano dell'energia era in realta' un semplice globo luminoso, frutto del piu' elementare degli incantesimi clericali - incantesimi che, misteriosamente, sembravano non averlo ancora abbandonato nonostante il suo ingresso tra le Ombre e il suo rifiuto a continuare a servire la luce come chierico del Gerarca Balder.

...questo ovviamente sarebbe successo normalmente...

Gli occhi dell'uomo davanti al drow si fecero improvvisamente vaqui, mentre le pupille si dilatarono orribilmente. Con una rapida occhiata, Xanafer si rese immediatamente conto che tutti gli avventori della locanda - una decina, circa - erano ora nelle stesse condizioni del corpulento e barbuto ubriaco che aveva attaccato briga con lui.

<<Cio' che e' stato e' stato, Xan. Non darti pena per un passato che non ti appartiene, drow...>>

Era la voce di Keith quella che udiva, ora.

E Xanafer non pote' fare a meno dirabbrividire, nel sentirla uscire dalle bocche degli avventori attorno a lui, che si muovevano all'unisono come guidati da un'unica mente.

Un'unica mente...

Dietro di lui, lo psionico gli batte' una mano sulla spalla. Quando il drow si giro' a fissarlo, un sorrisetto lo accolse con derisione e divertimento.

L'uomo chiamato Keith pose sul bancone una moneta d'oro, quindi si avvio' alla porta, fischiettando un allegro motivetto.

Xanafer scosse la testa, sospirando.

Ripenso' alla visione, all'uomo che aveva visto davanti a se attraversando la fine del portale di luce, quello che doveva essere il padre di Keith... E alla bambina accovacciata tra le sue gambe, indifesa, in cerca di protezione.

A loro, e all'orso bruno che si ergeva in tutta la sua mole e sovrastava le due figure, che apparivano piccole come fuscelli.

Ricordo' di aver guardato, mentre era Shaz Elatoile e ne riviveva i ricordi, un masso a pochi centimetri da lui... Di averlo preso, sollevato con la mente, pazzo di paura, folle di terrore, e di averlo scagliato - si, di averlo VOLUTO scagliare - contro quell'enorme orso inferocito...

E al masso segui' un albero.

Quindi un'altro masso.

Le urla rompevano il silenzio della foresta, mentre alberi e massi piovevano sull'abnorme sagoma scura dell'orso bruno, seppellendolo...

Ricordo' la paura provata in quei momenti, la consapevolezza di se - la volonta' di vivere.

Ricordo’ il sudore, le goccioline salate che imperlavano la sua fronte, che ricadevano sui suoi occhi, la stanchezza, il senso di nausea, gli occhi che si chiudevano da soli, quasi a risparmiargli quello spettacolo...

...e la mano di suo padre sbucare dal mucchio di massi e tronchi, ove giacevano i corpi delle tre vittime dei poteri psionici di Shaz Elatoile...

Xanafer scosse la testa, uscendo dietro a Keith.

Inspiro' a fondo la fredda aria della notte, e solo allora sembro' accorgersi dei tenui raggi di luce che tingevano di azzurrino l'orizzonte, mentre ancora le stelle brillavano luminose in cielo.

Davanti a lui, lo psionico camminava a passo fermo e veloce, con il solito sorriso dipinto sul volto.

<<Certe maschere non vanno mai via>> sussurro' Xanafer, e per un momento penso' di andare ad abbracciare Shaz - colui che era stato Shaz Elatoile.

Infine, scosse la testa e si incammino' dietro all'amico, raggiungendolo.

Shaz Elatoile, il patricida, era morto; ora davanti a lui c'era solo Keith Green, il gatto di Cheshire...








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