Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
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Mistaya, tra luci ed ombre...


Sono Mistaya, il nome che mi diede mia madre, prima di morire.
E' l'unica cosa che fece per me, oltre concepirmi, e meglio sarebbe stato se non avesse fatto nulla.
Mia madre, Anohon la silfide dei boschi, morì poche ore dopo la mia nascita, condannata dalle sue sorelle fate, per aver commesso il più grave peccato concepibile: essersi unita ad un uomo.
Il popolo fatato, nato dalla magia primeva, è geloso delle proprie origini e non vuole che la propria purezza venga contaminata dagli umani, esseri inferiori, privi di purezza e magia, malvagi.
Non so chi sia mio padre, Anohon non confessò mai il suo nome, temendo che le fate avrebbero tolto la vita anche a lui.
Potrebbe essere un re, un cavaliere, un mago, un brigante... non so se è vivo o morto... non lo saprò mai.
Le fate ebbero pietà di me, non mi tolsero la vita, mi crebbero nel loro mondo fino ai sedici anni, poi mi mandarono agli uomini, dicendo che era a loro che appartenevo. Se mi avessero uccisa nel grembo di mia madre sarebbe stato meglio.
Non sono una fata, non ho il loro potere, ma non sono umana.
Gli uomini mi temono, quando guardano i miei occhi gialli e luminosi, come quelli di un gatto, provano ribrezzo. La mia pelle, bianca e cangiante con sfumature verdi, ed i miei capelli verdi come le fronde dei salici, ricordano loro che non sono umana.
Quando le fate mi abbandonarono su Silmaril, sola, senza nessuna conoscenza del mondo in cui mi trovavo, mi nascosi nei vicoli di Midgaard, a sud della città. Avevo paura degli esseri umani, ogni volta che uno di loro mi scorgeva scappava terrorizzato, i più coraggiosi schernivano il mio aspetto. Mi sentivo braccata, derisa... Temevo ogni contatto umano e durante il giorno mi nascondevo nelle foreste, popolate da soli mostri... ai quali non importava nulla di me, l'unico interesse che risvegliavo in loro era il desiderio della mia morte. Solo la notte osavo spingermi fino alla città, in cerca di cibo e presenze umane.
Odio le fate per quello che hanno fatto a mia madre... odio mio padre per la sua arroganza, un umano non dovrebbe aspirare a possedere una creatura fatata... odio mia madre per la sua debolezza.
La mia natura fatata mi costringe ad essere buona e generosa, anche verso quelle creature che mi disprezzano, ma io vorrei essere malvagia, sfogare il mio dolore su chiunque incontro. Qualche volta ho ucciso, ma ogni volta che uccidevo la mia coscienza mi sottoponeva a tali sofferenze che ho dovuto rinunciare.
Odio questo mondo estraneo, popolato da mostri e demoni, in cui sono condannata a vivere pur non essendo accettata.
Ho cercato più volte la morte, per porre fine alla maledizione che mi accompagna da sempre, il mio doppio animo, che mi sottopone a continue sofferenze, senza trovarla...
Ora ho deciso di apprendere le arti magiche, divenire potente... e continuare a lottare fra le luci e le ombre che convivono nel mio animo tormentato.








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