Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
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Shagrat FireDemon


Sono nato (se così si può dire) quando un odiato Elfo Alto ha aperto il ventre di mia madre e io ne sono caduto fuori come un frutto maturo, lì agonizzante ai piedi del suo corpo immoto, sull'orlo della morte sono stato salvato... ma a tutt'oggi in parte me ne dispiaccio. A causa della mia strana nascita sono sempre stato guardato male dagli altri Drow, messo in disparte come se neanche fossi uno di loro, odiato tra gli odiati, nessuno in cui credere solo in me stesso... A diciassette anni finito il mio apprendistato nelle arti magiche e imparata l'arte della guerra sono stato cacciato, costretto sono partito per scoprire cosa mi aspettasse fuori... ...sì ho "scelto" (è buffo come ora un'imposizione mi sembri una scelta consapevole...) la luce del giorno rinnegando l'oscurità delle caverne, l'unico legame che persiste, è il desiderio di vendetta verso coloro che mi hanno cresciuto nel disprezzo, nella sofferenza... ho iniziato a vagare in superficie nella speranza di trovare qualcosa di nuovo, di poter ricominciare... ma il mio essere Drow (razza temuta e odiata in superficie) non ha fatto altro che precludermi la possibilità di ricominciare... sempre e solo odio e rabbia sono sul mio cammino. Ora servo le Tenebre o forse le servo da sempre. Io sono nato nella morte e il mio destino è quello di portare la morte... la morte mi è amica e compagna e io la nutro con il sangue delle mie vittime, uccido indiscriminatamente perché è l'unica cosa che so fare, odiare tutti e non provare pietà... il resto mi è precluso. Ho incontrato una persona che forse cambierà la mia vita... si chiama Giomadice ed è il Principe dell'Ordine delle Tenebre, mi ha detto che sono degno e potrei diventare un Legionario delle Tenebre... votare il mio sangue al trionfo del male... ci sto pensando ma probabilmente ho già deciso..."

dalle memorie di Shagrat FireDemon Legionario delle Tenebre

Shagrat FireDemon


Da "Le origini del Demone di Fuoco"

Erano oramai passati decenni da quando abbandonai la mia terra natia, nulla più mi legava a quei luoghi se non il colore della mia pelle e quello che ero, un drow di Helsezaag.
Non ricordo molto o quasi nulla di quella città, solo l'oscurità che mi circondava e il gran caldo. Nulla di definito solo eteree e vaghe immagini, qua e là qualche faccia ma nulla più.
Ricordo quando giovane arrivai a Midgaard, conobbi i primi amici e nemici, iniziai ad esplorare quella che sarebbe ed è tutt'ora la mia casa, tutte le terre di Silmaril.
Era tempo di ritornare in quegli oscuri luoghi e scoprire chi veramente fossi e perché tanto funesta fu la mia nascita mai ci avrei deciso che fosse l'unica soluzione se le mie ultime notti fossero state tormentate da incubi strani e incomprensibili in cui ero io ad uccidere mia madre e l'oscurità avvolgeve e bruciava.
Senza grossi preparativi e in una fredda notte d'inverno, svegliatomi di nuovo preda di incubi, partii alla volta di Helsezaag, non ricordavo la strada ma qualcosa mi diceva che l'avrei trovata. Mentre abbandonavo Midgaard ad ogni passo un velo di tristezza calava sul mio cuore nero, guardavo ad ogni pietra pensando che forse mai l'avrei rivista, per questo stesso motivo partii senza salutare gli amici e il mio amore, sarebbe stato troppo duro sapendo che forse non sarei tornato. Con passo stanco, fuori dalle mura mi diressi a nord sapevo di dover mirare oltre le montagne e poi giù nelle loro profondità.
Due settimane di viaggio mi ci vollero per arrivare ai cancelli di qualcosa per la cui descrizione non trovo tutt'ora le parole e di certo sarebbe limitante e scorretto chiamarla città. L'impossibile era possibile, non esisteva alcun criterio nella costruzione degli edifici, sembrava che sarebbero caduti da un momento all'altro, incutevano timore e angoscia.
Mi stavo addentrando in quella struttura senza senso e l'unica cosa che mi sorprese più di ciò che mi circondava era un brulicare frenetico e instancabile di persone nelle strade, drow che camminavano sulle pareti eretti come se fossero su una strada... bho forse stavo camminando io su una parete... era tutto assurdo.
Camminavo senza meta come guidato dal flusso della gente, i miei pensieri mi stavano completamente avvolgendo quando mi ritrovai in una piazza, incredibilmente questa aveva un aspetto normale ma quello che stavolta mi stupì fu la costruzione che mi si parava davanti. Una reggia di una bellezza indescrivibile, inconcepibile, evanescente ma al contempo solida come la roccia, pulsante... avrei detto che fosse viva se il contatto con la sua superficie non mi avesse quasi gelato la mano.
Avevo camminato sin da quando ero entrato ad Helsezaag senza meta e senza senso ma ora mi sembrava che fossi stato direzionato da un'oscura forza in quel luogo... quella reggia mi era stranamente familiare, sentii una forza nuova nascere in me, un potere inpensabile bruciarmi dentro.
Ero ancora interdetto per la strana situazione quando si aprì il portone d'accesso alla reggia e ne fuori uscì un ometto, non era certamente un drow, che mi fece segno di entrare e di seguirlo. Inutile sottolineare che senza riflettere accettai e mi buttai nell'ignoto. Non posso dire come fosse l'interno di quella costruzione... era normale ma al contempo assurdo... era buio ed ero completamente concentrato per seguire quell'essere che mi guidava, ero convinto che se mi fossi perso li dentro sarei più facilmente morto nella ricerca di un'uscita che uscirne vivo.
Improvvisamente mi resi conto che non riuscivo più a distinguere la forma evanescente di quell'essere, adesso avrei dovuto davvero testare la mia teoria sulle difficoltà di uscita da quel luogo.
Dove fossi non ne avevo idea, era buio pesto e non riuscivo nemmeno a capire se fosse un corridoio o una stanza, l'unica cosa che attirava la mia attenzione era uno strano bagliore, nero nel nero dell'oscurità ma questo si muoveva e fluttuava.
Rimasi senza parole e impietrito... una voce tetra iniziò a rivolgersi a me...

...CHE TU SIA BEN TORNATO FIGLIO MIO. SEI VENUTO A RECLAMARE IL DONO CHE TI SPETTA...

Ero sbalordito e non avevo idea di che cosa intendesse l'essere padrone di quella voce, mi sentivo impotente ma al contempo quel fuoco dentro di me ora bruciava in una maniera quasi insopportabile, mi sarei messo ad urlare ma non riuscivo.

...IO SONO AKZYRE IL DEMONE SUPREMO DEL FUOCO E SONO SIGNORE DI HELSEZAAG... QUI LA MIA PAROLA E' LEGGE LA MIA VOLONTA' E' COMANDO.
TU SEI MIO FIGLIO, L'UNICO FIGLIO CHE ABBIA MAI AVUTO DA UNA MORTALE, L'UNICA A CUI IO ABBIA MAI CONCESSO IL PRIVILEGIO DI GENERARE UN MIO EREDE. LA TUA NASCITA HA SIGNIFICATO LA SUA MORTE... NASCENDO HAI BRUCIATO LA TUA PROGENITRICE E SEMPRE BRUCERAI CIO' CHE PERMETTERA' AL TUO SPIRITO DI DIVENTARE UNA FIAMMA SEMPRE PIU' FORTE E INTENSA.
SEI SOPRAVVISSUTO A QUESTI ANNI IN CUI TI HO MESSO ALLA PROVA, HAI DIMOSTRATO DI ESSERE DEGNO DI PORTARE IL TUO TITOLO... TU SEI IL NERO PRINCIPE DEMONE DEL FUOCO... TU HAI IL MIO SANGUE, HAI IL MIO POTERE.
ORA TI FARO' UN DONO E QUINDI SARAI LIBERO DI TORNARE NELLE TERRE CHE HAI SCELTO DI ABITARE, CONQUISTA I REGNI IN NOME DI TUO PADRE.

Ci fu un lungo silenzio in cui la mia mente viaggiò indietro nel tempo, le parole di quel demone avevavo spalancato le porte della mia memoria, ora rammentavo tutto dalla mia nascita alla mia educazione fino alla mia partenza. Ricordavo cosa volesse dire essere figlio di quel demone e ricordavo anche perché mi fossi costretto per tutti quegli anni a negare l'evidenza, la paura di diventare quello che più avevo odiato.
...di nuovo quella voce...

A TE, FIGLIO MIO, DONO BLACKSTONEFLAME...... LA NERA LAMA GUIDERA' LA TUA MANO E PORTERA' MORTE E DOLORE... CON L'AIUTO DI QUEST'ARMA DEMONIACA TI SARA' FACILE ELIMINARE TUTTO CIO' CHE TI SI PARERA' DAVANTI...

Non avevo ben chiaro nulla ed ero totalmente disorientato quando di fronte a me si materializzò quello che sembrava uno spadone... era nero e intarsiato di rune, il filo d'argento, tutta la lama a tratti sembrava riflettere lampi color argento.
Inconsciamente impugnai l'elsa di quell'arma e mi successe qualcosa di incredibile... una scossa, una sensazione di potere... una voce melensa e stridula risuonò nella mia testa...

...dammi il pegno... dammi il pegno... fammi bere le anime dei tuoi avversari... in cambio io ti renderò invincibile in battaglia e con me al tuo fianco non perderai... imbevimi del sangue di ogni essere che ti si para di fronte... lascia che mi nutra...

Ero ancora intontito da queste parole e mi sembrava che mi stessero ipnotizzando quando fui investito da una ventata infuocata, stavo bruciando... il calore emanato dalla fiamma nera, che ora vedevo distintamente al centro della stanza, era insopportabile quindi dovetti immediatamente abbandonare quella stanza per evitare di morirci. Mentre uscivo una voce tuonò...

DIFFIDA DELLA LAMA... SE TI FARAI DOMINARE DIVERRAI IL MEZZO TRAMITE CUI CONQUISTERA' IL MONDO... DIMOSTRA DI ESSERE PIU' FORTE.

Avevo chiuso gli occhi e lacrimavo per il calore quando improvvisamente si fece tutto più fresco, quando mi guardai intorno mi resi conto di essere di nuovo nella piazza antestante la reggia, non capivo se fosse stato tutto un sogno o realtà, ero così confuso da non riuscire a ragionare...
Improvvisamente un rumore alle mie spalle... la mia mano corse all'elsa della spada... una scossa e un fuoco si accesero dentro di me... pochi istanti e una figura giacque al suolo... Stavo impugnando quel nero spadone che mi era stato donato nel sogno. Blackstoneflame, "la lingua di Akzyre", che arma meravigliosa, uno spadone che potevo maneggiare con una mano sola, leggero, sembrava quasi che si muovesse da solo e combattesse unitamente a me, mi guidasse.
...nella mia testa dei lamenti... sembrano provenire dalla spada... fammi bere... fammi bere... paga il tuo pegno...
Riposi la lama nel fodero e tutto tacque, ero provato e svuotato di ogni energia come se avessi combattuto per ore. Dentro di me avevo il vuoto e allora mi resi conto che ero stato condannato a nutrire quella lama, avrei pagato la mia negligenza con la mia anima, la lama si sarebbe nutrita lentamente di me ogni volta che l'avessi impugnata... ero spaventato ma mai mi passò per la testa di abbandonare quell'arma... aveva già iniziato a fondersi con me... in cuor mio mi domandai se avrei saputo dominare quel demone... non seppi rispondermi... come non lo so ora.
Non sapevo se fosse giorno o notte, intorno a me solo un'innaturale oscurità. Ero stanco, provato, deluso e intrappolato. Mi incamminai verso casa, con il tempo avrei imparato a dominare quell'arma, cercavo di convincermi, avrei di nuovo chiuso in me i ricordi della mia infanzia... sarei tornato il vecchio Shagrat, quello di sempre... così mi auguravo, così non è stato.

Shagrat the blackPrince FireDemon







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