Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
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Locanda del Granchio Rosso

I Racconti

Kveldulv mi accennò molto tempo fa a quest'avventura, e mi promise che prima o poi me l'avrebbe raccontata... finalmente...


"...Come molti di voi sapranno, tanto tempo fa la maestosa città di Midgaard venne eretta sopra le rovine di un'altra altrettanto splendida città.
Nulla venne risparmiato; strade imponenti, vicoli umili e sporchi, strabilianti edifici, vecchie e diroccate catapecchie, cattedrali, negozi e torri, tutto venne sepolto e, assieme a tutto ciò, anche una buona parte dei tesori che la città stessa nascondeva e conservava.
La vecchia città era però abitata da mostri e creature paurose; con grande sforzo i fondatori di Midgaard riuscirono a sconfiggere quelle creature e a ricacciarle nell'oscurità assieme alla loro empia città.
Sono passati ormai centinaia di anni e il mito è cresciuto attorno ai resti dell'antica città; si dice infatti che i tesori che una volta vi si trovavano siano ancora nel sottosuolo e che attendano solamente di essere recuperati da qualche impavido avventuriero.
L'entrata per la vecchia città, che ora viene chiamato Dungeon di Midgaard, si trova a sud di Midgaard stessa; è facile riconoscerla.
Giorno e notte, una grande folla di curiosi assiste all'ingresso nel complesso di caverne e passaggi, dei coraggiosi che tentano la sorte in cerca di onore, gloria e soprattutto di oro.
A vigilarne l'ingresso si trova il Barone Sukumvit, un vecchio discendente dell'antica città. Non è davvero difficile riconoscerlo tra la folla di persone: è un uomo corpulento con una lunga barba, vestito di ricche sete e abiti sontuosi.
Innumerevoli sono gli impavidi avventurieri che il Barone ha salutato mentre varcavano l'ingresso, ma pochi sono quelli che hanno rivisto la luce del sole e possono raccontare cosa si cela dietro l'eterna oscurità del dungeon..."
Queste sono le parole che sentii anni or sono da un vecchio guerriero, ormai ritiratosi ad una vita più tranquilla, durante una fredda serata invernale alla locanda del "C'era una volta".
Me ne ero rimasto in disparte per tutta la serata ma il suo racconto mi incuriosì e così gli domandai: "Sai molte cose di questo dungeon... Lo hai forse esplorato in passato?".
Posò il suo sguardo su di me, uno sguardo torvo e freddo, così come il suo unico occhio color del ghiaccio, e mi disse: "Certo che ci sono stato!!! E ne sono anche uscito!!! Purtroppo non posso dire lo stesso dei miei compagni di avventura..." - distogliendo finalmente il suo sguardo da me, prese a fissare il suo boccale di birra - "Eravamo in quattro: io, un mago mezz'elfo ed altri due guerrieri umani... Al tempo eravamo giovani e sciocchi, come te, nulla ci spaventava, avidi di oro e gloria... Decidemmo di esplorare il dungeon sicuri di tornare come eroi... Ma così non fu..." - Trangugiò l'ultimo sorso di birra e proseguì nel suo racconto - "Vagammo per qualche tempo lungo quei corridoi e quelle stanze ma non trovammo nulla... Finchè un gruppo di orchi selvaggi ci colse di sorpresa, attaccandoci... Due di noi caddero sotto quei micidiali colpi e fummo costretti a nasconderci in una vecchia stanza... Quale peggior errore; appena dietro alla porta era stata preparata una letale trappola... Io chiudevo la fila e me la cavai bene; un palo di legno acuminato mi si conficcò in una spalla... Il mio ultimo compagno non fu così fortunato; venne trapassato a morte da tre di quegli stessi pali... Che morte orribile... Non so quale benevole divinità guidò la mia folle corsa verso l'uscita, fatto sta che mi ritrovai al punto d'ingresso senza neanche accorgermene... Non scorderò mai quel posto; la sua oscurità, l'irreale silenzio che lo pervadeva... Tutto laggiù era strano ed empio..." - di nuovo si voltò verso di me - "Io lo so... Vuoi anche tu andare in quel posto, te lo leggo negli occhi, sei come me quando ero giovane... Ma ti avviso, laggiù potrai trovare solamente la morte!!! Fuggine se tieni alla tua vita!!!"
Strano ma vero, il suo racconto aumentò ancor di più la mia curiosità su quel posto: "Non preoccuparti vecchio... Non è ancora venuta la mia ora" - dissi - "Entrerò ed uscirò dal dungeon, e per ringraziarti di queste tue informazioni ti porterò un dono, sottratto dall'oscurità di quel posto...". Dopo queste parole mi incamminai verso l'uscita, consapevole che tutti gli sguardi degli avventori erano su di me, compreso il freddo sguardo del vecchio guerriero.
E venne la mattina... Di buon ora mi presentai davanti all'ingresso del dungeon; era proprio come lo aveva descritto il vecchio. Una grande folla, ora silenziosa, era assiepata davanti all'oscuro ingresso delle caverne... Da quella massa di folla emerse un vero colosso, barba lunga, ricche vesti... Era sicuramente il Barone Sukumvit: "Salve ragazzo! Ho saputo che vuoi tentare la fortuna entrando nel dungeon..."
Come diavolo avesse saputo in anticipo le mie intenzioni, rimane ancora un mistero: evidentemente, essendo un nobiluomo di Midgaard, aveva la sua rete di informatori segreti...
Si rivolse alla folla e con una voce ferma e imponente, esclamò: "Cittadini! Abbiamo un nuovo prode avventuriero che si inoltrerà nel dungeon!!!". A queste parole la folla esplose in un grande boato... Era venuto il mio tempo; lentamente mi addentrai nel dungeon...
Appena entrato la prima cosa che mi colpì fu l'assoluto silenzio che regnava in quelle oscure caverne; solo il rumore delle gocce che cadevano dal soffitto riempiva l'ambiente. La luce esterna era completamente scomparsa e la mia unica fonte di luce era una lanterna ad olio. L'aria era densa di umidità e fitta di insetti che fuggivano la mia luce.
Mi incamminai incerto per qualche passo ancora e vidi una piccola scatola a terra, incuriosito mi avvicinai... "Per gli dei! Che scherzo è mai questo..." esclamai; sul coperchio era stato inciso il mio nome! Ma da chi, e perchè?
Raccolsi il cofanetto e lo aprii sicuro, visto che non avevo rilevato nessuna trappola: vi trovai un piccolo rotolo di pergamena e due monete d'oro. Srotolai il foglio e lo lessi, con qualche difficoltà vista la scarsa luce: era un messaggio del Barone che mi augurava buona fortuna e mi metteva in guardia sui futuri pericoli. L'unica cosa che ancora non capisco è perchè il Barone mi lasciò in dono quelle due monete d'oro...
Mentre riponevo il cofanetto con il suo contenuto nel mio zaino, notai delle orme che prima non avevo nemmeno visto. Erano chiaramente umane, di qualcuno che camminava a piedi scalzi; non avendo altri indizi o percorsi segnati decisi di seguirle...
Mi lasciai alle spalle un paio di caverne sploglie e altrettanti corridoi tortuosi fino a quando, uno di questi corridoi, si aprì in una vasta stanza; solo per caso notai una flebile luce provenire dalla stanza e anche un rauco grugnire. Tempestivamente oscurai la lanterna e, con il favore delle ombre, mi addentrai ancora di più nella caverna; a pochi metri alla mia sinistra stava, accucciato accanto ad un focolare, un umano, vestito di pelli, con collane e ninnoli fatti di teschi di vari roditori e piccoli animali. Era intento a scuoiare un animale; decisi che non c'era motivo per duellare con quell'essere e, scivolando tra le ombre, riuscii a superare quella che pensavo fosse la sua dimora.
Proseguii ancora, superando altri cunicoli e stanze più ampie senza incontrare nulla; l'umidità era sempre enorme, il silenzio e l'oscurità, rotta solamente dalla mia lanterna, regnavano su quei luoghi antichi e dimenticati da chissà quanto tempo.
Improvvisamente, svoltato un angolo, intravidi davanti a me una flebile luce: la sorgente doveva essere ancora molto lontana visto la poca potenza del raggio luminoso, ma subito mi colpì la sua chiarezza e il suo candore... Non poteva certo essere la luce di un fuoco...
Spensi la mia lanterna e mi avvicinai, con molta cautela, alla fonte della luce misteriosa... Quale spettacolo incredibile mi si parò davanti!!! Una vera e propria colonna di luce si ergeva davanti a me, senza però sbarrarmi la via: il suo raggio era di un candore indescrivibile, la sua potenza doveva essere molto forte visto che ero riuscito a scorgerla da chissà quanto lontano. Infine la cosa che mi colpì più di tutto fu la totale mancanza di calore di quella luce: era sì potente, ma altrettanto fredda...
Rimasi impietrito per qualche tempo, indeciso sul da farsi e sbalordito da quella scena; sfoderai comunque la spada e pian piano mi avvicinai alla colonna, evitandola, in modo da oltrepassarla. Com mio grande stupore la colonna, che pensavo potesse essermi ostile, mi lasciò passare, lasciandomi continuare la mia esplorazione.
Poco dopo mi trovai davanti ad un bivio; dovevo scegliere se andare ad est o ad ovest. Non vi erano tracce, o almeno io non ne vidi, che potessero favorirmi nella scelta: decisi così per il corridoio ad est, che proseguì per poco prima di svoltare bruscamente a nord. Mi trovai in un altro corridoio con due porte in legno alla mia destra, mentre davanti a me il corridoio stesso finiva in modo a dir poco singolare; qualcuno, forse per avvertimento, aveva segnato una grande X rossa nella parete nord del corridoio.
Decisi comunque di scoprire prima cosa nascondessero le due porte. Aprii senza sforzo la prima ed entrai, rimproverando però me stesso per la mia avventatezza; forse le parole del vecchio guerriero non erano state chiare?!?!? Dovevo stare estremamente attento, se non volevo perire in una trappola, così come era capitato ai compagni del vecchio... Maledicendo la mia leggerezza diedi un'occhiata alla stanza. Cinque statue di pietra di pregevole fattura, riempivano la camera: le osservai meglio e mi sembrò di guardare delle persone vere tale era la minuziosità dei particolari. Chiunque fosse stato lo scultore doveva essere un genio, anche un po' eclettico visto le espressioni di terrore e paura che deformavano quei volti di pietra.
Non c'era nient'altro di interessante nella stanza e ne approfittai per chiamare a me l'aiuto dei 4 elementi della natura, miei fratelli.
Chiesi al fuoco la sua forza e alla terra la sua protezione; chiesi al vento di guidare la mia lama contro i miei nemici, e all'acqua di deviare i colpi di chi mi si parava davanti.
Dopo qualche minuto, il tempo necessario ad ultimare le preghiere, mi trovai dinanzi la seconda porta in legno; questa volta fui più prudente e saggio. Ispezionai attentamente i cardini, la serratura e il pesante batacchio della porta, ma non trovai nessun segno che mi facesse pensare a qualche subdola e mortale trappola pronta a scattare al mio primo movimento. In più nessun suono proveniva da dietro la porta e non vi era traccia alcuna di luce.
Aprii quindi la porta ed entrai, levando davanti a me la lanterna. La debole luce illuminò la spoglia camera in pietra del tutto priva di mobilia o oggetti interessanti; l'unica cosa interessante era un'alcova nella parete ovest ed uno sgranno ricavato nella roccia della stanza stessa.
Sullo sgranno sedeva un vecchio scheletro: non mi sembrò uno scheletro di qualche vecchio re o nobile, visto che i suoi abiti non erano certo lussuosi, anzi sembrava un classico equipaggiamento di un avventuriero come me, in cerca di fortuna. Che fosse davvero un avventuriero vittima di una delle numerose trappole del dungeon?
Mi avvicinai, curioso, allo scheletro; indossava ancora una logora maglia di scaglie metalliche, un elmo con pennacchio, stivali di cuoio, un curioso anello, ed un mantello ormai ridotto a brandelli. Al dito indice della mano destra portava un anello ed impugnava ancora la sua spada: un sacchetto di cuoio era ancora legato alla sua cintura.
Come già ho detto a quei tempi ero in cerca di gloria ma soprattutto di oro, e senza esitare sottrassi il sacchetto al corpo... Improvvisamente sentii una stretta al braccio, gelida, ma decisa... Mi voltai... "Per gli dei!!!!" esclami... La mano dello scheletro mi tratteneva il braccio, mentre le sue orbite, nere come la notte, mi fissavano... Con rapidità si sollevò dal suo secolare riposo e, altrettanto rapidamente, calò il suo tremendo fendente, cercando di staccarmi di netto il capo...
Fortunatamente sorella acqua deviò il colpo del morto vivente, mentre fratello vento guidò la mia spada che amputò di netto il braccio dello scheletro, che ancora mi tratteneva. Non scorderò mai e poi mai il tocco di quell'essere: era come se la morte stessa mi avesse sfiorato, gelida come la neve e forte come il vento del nord...
Era tempo di combattere per la mia vita...
Lo scheletro avanzava inesorabile senza paura, parando i miei colpi con fermezza, e rispondendo con letale precisione al punto che la mia armatura dopo poche stoccate era già ammaccata e semi distrutta... I miei colpi però, grazie alla forza datami da fratello fuoco, stavano pian piano arrecando danni al corpo millenario, ma ciò non bastava... Ero ormai con le spalle al muro e dovetti ricorrere alla stregoneria... Le parole magiche mi tornarono alla mente facilmente e, quasi automaticamente, le riprodussi nelle giuste tonalità, accompagnandole dai gesti rituali... Dalle mie mani scaturì un letale getto d'acido che sciolse una gamba e parte del bacino dello scheletro guerriero che si accasciò inevitabilmente a terra... Non fu però sufficiente e dovetti frantumargli il cranio perchè l'essere, seppur atterrato, continuava a menar fendenti ancora pericolosi e letali...
Ero esausto e ferito... Ma avevo vinto!!!
Stavo per lasciare la stanza quando la spada dello scheletro attirò la mia attenzione; era di pregevole fattura e decisi di tenerla per me... La sollevai, pulendola dal mio stesso sangue con uno straccetto... Con mio incredibile stupore scoprii che quello non era solo il mio sangue, ma sembrava che la spada fosse continuamente umida di sangue: era impossibile asciugarla!!!
L'avvolsi nel vecchio mantello dello scheletro e, ricordando la promessa fatta al vecchio, sfilai anche l'anello dal dito del corpo... Ero soddisfatto, e decisi di ritrovare la strada per l'uscita...
Seguii per alcune stanze le mie vecchie tracce ma ben presto non riuscii più a distinguerle dal resto del terreno... Vagai per altre camere e corridoi che mi parevano ora tutti uguali e lo sconforto e il terrore, già provati nella mia infanzia nel bosco vicino a casa, mi sorpresero... Cominciai a correre in cerca di un'uscita...
Il mio folle vagare mi portò ad entrare in un antro abitato da una gigante vedova nera; non prestavo attenzione a dove andavo e l'aracnide mi colse di sorpresa... Il mostro, grande più di un lupo, mi morse ad un braccio e subito sentii il suo caldo e pungente veleno percorrermi le vene. Barcollai indietro, stordito, riuscendo tuttavia a tranciare una zampa di quell'essere che così non potè più seguirmi...
Ero terrorizzato... Correvo e il veleno mi pulsava in corpo... Correvo, correvo e correvo, sognando di poter trovare l'uscita e scappare da quell'oscuro inferno... Improvvisamente mi sentii sollevare e trasportato da una luce bianca, calda e rassicurante... Sapevo che la morte era ormai prossima...
Invece mi ritrovai davanti all'ingresso del dungeon... Già alcuni curatori stavano fasciando le mie ferite e il sapore aspro di erbe bollite riempiva la mia bocca... "Cos'e' successo..." domandai con un filo di voce...
Mi rispose un uomo vestito di bianco... "Ti abbiamo trovato all'imbocco del dungeon semi morto, stringevi ancora questo tra le mai..." - mi disse, porgendomi il fagotto contenente la spada e l'anello dello scheletro - "ti porteremo dal curatore, sarà lui a guarirti completamente; ora riposa..."
Non capivo come potessi essere arrivato all'uscita; ero sicuro che la luce che avevo visto non poteva essere quella del sole... Quella strana sensazione di trasporto poi, come spiegarla... Forse il dungeon è così intriso di magia che è capace, in situazioni estreme, di aiutare chi vi è intrappolato e sperduto... Ma queste sono solo mie supposizioni...
Mi adagiarono su un carretto diretto a Midgaard che partì con un leggero scossone... Da qualche parte, tra la tanta gente, sapevo che il Barone Sukumvit mi stava guardando...
Ci vollero parecchi giorni per riprendermi completamente, ma infine le mie ferite si rimarginarono ed il veleno scomparve dalle mie vene... Non dimenticai la promessa fatta e così mi recai al "C'era una volta" per onorarla...
Trovai il vecchio guerriero seduto ad un tavolo... Lo salutai e dissi, porgendogli il fagotto, "Salve vecchio... Come ti promisi tempo fa, ecco il mio dono per te, strappato dal nero abisso del dungeon di Midgaard..."
Sembrava sorpreso e, sebbene il suo sguardo era come sempre freddo e severo, non nascondeva la sua felicità nel vedermi: "Allora ce l'hai fatta! Sapevo che ti avevano trovato quasi morto all'ingresso del dungeon, ma non pensavo che fossi ancora vivo... Hai una tempra forte ragazzo!"
"Già..." - dissi, facendo comparire una fiammella sulla mia mano - "Ma ho anche potenti alleati al mio fianco..."
"Tze'! Maghi!!!" - replicò il vecchio guerriero sogghignando - "Non c'è mai da aspettarsi nulla di buono dai maghi!" - posando il fagotto sotto la sua sedia proseguì - "Ad ogni modo, grazie per i doni maghetto! Siediti con me a bere qualche birra, così potrai raccontare a noi tutti come sei uscito dal Dungeon di Midgaard..."

Kveldulv, Mago Collezionista, Amico degli Elfi








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