Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
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Locanda del Granchio Rosso

I Racconti

Sono stato a lungo lontano, prima di tornare a Midgaard ed ascoltare questo racconto dalle labbra di Cleylot...


Ascoltatemi bene, ora, coraggiosi combattenti, leggiadre dame e scaltri incantatori, poiché sto per raccontarvi le ultime gesta di un duo sempre più famoso nei vicoli della vecchia città di Midgaard: Skinner e Gelesad...

Mi trovavo a passeggiare sulla Via Principale di Midgaard diretto al Tempio una notte di plenilunio, quando dalla vecchia taverna di fronte alla Gilda dei chierici mi giunse familiare la voce di un elfo di mia conoscenza: Gelesad... Probabilmente alterato, decisi di entrare per controllare personalmente la causa di tanto ardore... Dopo esserci salutati, notai al suo fianco un giovane avventuriero, in una cotta di splendente maglia di ferro, che si presentò come Skinner, Templare Umano di sicuro avvenire. I suoi modi leggermente strafottenti, come suo usuale, non gli impedirono di rispondere alle mie domande... seppi così che erano in gravi angustie in quanto un oggetto magico di loro proprietà, necessario ad una non meglio specificata missione che si apprestavano a compiere, risultava avere comportamenti bizzarri. Risparmio a voi, futuri lettori di questi indegni diari, la pronta offerta di aiuto da parte mia e il procedimento magico usato per rimettere a posto l'oggetto in questione. Di umore visibilmente migliorato, Gelesad ed il suo amico Skinner mi invitarono a prendere posto al loro tavolo, ordinando tre grossi boccali di birra. Mentre io e Skinner eravamo intenti a sorseggiare le nostre bevande (Gelesad aveva già scolato la sua da un pezzo), mi venne in mente una domanda: - E allora, amici miei, che progetti avete in mente per questa sera? - chiesi - Non sembrerebbe proprio la serata ideale per cercare avventure, quando si può avere un fuoco caldo, cibo in abbondanza e la compagnia di amici fidati... - soggiunsi con un sorriso. Quale non fu la mia sorpresa quando Skinner, con un'espressione alquanto tesa in verità, mi confidò quasi sussurrando a se stesso che avevano intenzione di sfidare il potere della guaritrice di Solace: Goldmoon! Credo di aver assunto un'espressione sorpresa, almeno a giudicare dalla sonora risata con cui Gelesad aveva reagito alla mia vita: - Voi siete pazzi! Non avete ancora abbastanza potere per riuscire a sconfiggere quella dama... - aggiunsi poi rivolgendomi a Skinner - Senza contare che voi, messere, lo vedo chiaramente, siete un templare dedito al bene: come potete accettare di collaborare a quest'impresa?? -. Skinner accennò a muovere le labbra per dare una risposta, ma Gelesad, intuendo ed anticipando il suo movimento, prese la parola: - Ha evidentemente i suoi buoni motivi per farlo. Non cercare di disturbare i nostri affari - disse, e rivolgendosi poi verso Skinner con un ghigno ineffabile in viso: - anche perchè certe cose non si possono spiegare su due piedi... nevvero amico Skinner? - Dal tono della risposta capii che era meglio astenermi dal chiedere oltre, tuttavia cercai di salvare il salvabile: - Dato che sembra che ormai siate fermi nella vostra decisione - lanciai uno sguardo al turbato Skinner - vorrei chiedervi almeno se potrei assistere alla vostra lotta, che, non ne dubito, sarà molto interessante da vedere... -. I due fecero un cenno affermativo con la testa. - Bene allora. Ci vedremo dinanzi la Foresta occidentale quando la Luna sarà calata. - disse Gelesad. - E soprattutto, non portare con te altri testimoni... - aggiunse Skinner. Annuii, finii la mia birra e mi avviai tramite un canale magico al mio rifugio.

Le stelle immobili illuminavano fiocamente le cime degli alberi. Attesi con impazienza l'arrivo dei due aspiranti assassini. Finalmente arrivano, portando con se alcuni involti che a tutta prima non riconosco. - E quelli cosa sono? - chiesi. - Una mia idea per garantirci più possibilità di cogliere la donna di sorpresa - rispose visibilmente soddisfatto Skinner, mentre lo sguardo di Gelesad passava rapidamente da un'espressione di vago disdegno ad una abbastanza divertita dall'idea del suo giovane amico umano. Aprendo gli involti, mi accorsi che altro non erano che vecchi mantelli, che indossarono rapidamente al di sopra delle armature. Skinner estrasse inoltre alcuni stracci con cui avvolsero i loro stivali (di evidente manifattura elfica). Il tutto era completato da due ampi cappucci, con cui copersero elmi e volti. - ...camuffamento... - mormorai fra me e me - staremo a vedere quel che sono capaci di fare -. Poi, ad alta voce: - Per ora io vi seguirò invisibile... dovrò inoltre rendermi diverso da quel che sono per poter osservare senza rischi. - Annuirono. Rapidamente mi resi invisibile. Nello stesso istante il duo si mise in cammino.

Arrivammo nella radura di Goldmoon che mancavano poche ore all'alba... Mi nascosi fra le fronde degli alberi, mentre mi preparavo ad assistere ad uno scontro in cui, ero sicuro, sarei dovuto intervenire per tentare di salvare Skinner dall'incantevole dama e, ancora di più, da Gelesad, che, ero sicuro, in caso di necessità non si sarebbe fatto scrupoli a tagliare la corda e abbandonare il resistente ma ancora inesperto amico in balia della potente curatrice. Gelesad precedeva di un paio di passi Skinner: entrambi avevano l'aspetto di due innocui viandanti. La dolce Goldmoon si rivolse loro con parole di benvenuto. Gelesad, sfruttando il suo retaggio elfico, rispose in modo estremamente civile... Successivamente sembrò ricordarsi di chiedere qualcosa di importante e si avvicinò alla donna seguito a breve distanza dal compagno. Due passi. Un mantello che cade. Gli occhi sbigottiti di una donna di fronte a un demone. Un pugnale che si leva alto in aria per ricadere fra le spalle della fanciulla, macchiando di sangue i suoi capelli dorati. In una frazione di secondo, in una piccola, dannata, frazione di secondo Gelesad aveva fatto cadere il suo manto, imitato dal compagno, aveva estratto il pugnale, era saltato alle spalle di Goldmoon con movenza elfica e le aveva aperto un orribile squarcio fra le scapole da cui ora usciva sangue a fiotti. Skinner non era rimasto inoperoso, ed iniziò a tempestare la donna di colpi con la sua gigantesca ascia, mentre contemporaneamente pronunciava arcane parole di fiamma e di distruzione, che non tardarono a manifestare il loro effetto sul corpo di Goldmoon. Gelesad colpiva a velocità inimitabile da comuni umani... il suo pugnale scintillava nella notte senza luna, benchè fosse completamente sporco di sangue e di frammenti di carne rimasti attaccati ai barbigli della lama. Skinner, mostrando un'abilità superiore a quella che gli avevo attribuito, si interponeva fra il suo compagno e i colpi dell'avventuriera, che anche se notevolmente indebolita, era ancora in grado di curare se stessa e dare nel contempo una dura lezione ai due insensati che l'avevano aggredita. Inutilmente. I due compagni sembravano danzare la danza della Morte. Skinner, con prodigi di intuizione, parava i colpi diretti a sè e al suo amico, mentre Gelesad descriveva eleganti, rapidissime parabole col suo pugnale, che il più delle volte andavano a segno. Goldmoon non cedeva. Gli incantesimi si susseguivano a ritmo frenetico... Goldmoon ignorava i colpi subiti e levò alta la staffa... il bastone cristallino di Goldmoon si innalzò in aria pronto a lanciare incantesimi di devastazione sui due arditi... gli aggressori lo guardavano stupefatti... la gemma sul bastone iniziò ad illuminarsi e ad attrarre vortici di magia pura al suo interno... l'espressione sui visi dei compagni iniziava a tradire paura... Un urlo disumano. Una testa che cade. Capelli biondi recisi come grano dalla falce. Skinner, tenendo ancora l'ascia con cui aveva vibrato il tremendo fendente, cadde in ginocchio. Gelesad fissava stupefatto il gesto dell'amico, incapace di muoversi. Io, scriba di oscuri avvenimenti, uscii dall'ombra in cui ero nascosto, raccolsi i poveri resti di Goldmoon, li composi e stavo per cremarli, quando una mano fermò la torcia: Gelesad mi guardò negli occhi - Non toccarla. Ora sarà il pasto dei suoi protetti - Detto questo si allontanò ed andò a sollevare Skinner dal suo stato. Notai che negli occhi di entrambi ardeva ora la stessa fiamma.

Alba. Una pira funebre levò alto il suo fumo. Un violento temporale, assolutamente non prevedibile in una giornata di sole come quella, lavava con scrosci violenti le tracce di un combattimento eroico ma maligno. Un elfo vampiro torna al suo rifugio, estrae una penna, ed inizia a scrivere.








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