Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
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Dalle labbra di Araglar... e di Migaja...


Il Carnefice era ad ovest da noi, pronto a massacrarci con i suoi strumenti di tortura. Io, la mia amica Migaja ed Amos eravamo spaventati, non sapevamo cosa ci sarebbe aspettato al di la della porta, non sapevamo quanto dovesse preoccuparci il Carnefice, sta di fatto però che il nome non era per nulla invitante, e la zona nemmeno...
Io e Migaja eravamo accorsi in aiuto ad Amos, che era rimasto intrappolato nella prigione nei meandri della sede del Culto del Drago. Non potevamo evocarlo, non potevamo fare nulla se non andare là, e trovare una soluzione. Senza quasi accorgercene ci trovammo in uno scivolo, che ci avrebbe portati nell'area dimenticata dagli dei dove stava Amos; nel mezzo dello scivolo, quando l'unica possibilità era lasciarsi cadere verso la prigione, fui colto dall'indecisione. Non volevo ancora morti sotto la mia guida, non volevo che Migaja mi seguisse anche lì, dove a quanto pareva non c'era uscita. Lei volle restare con me e rischiare il tutto per tutto per continuare la nostra missione, a qualunque conclusione essa avesse portato. Parlammo a lungo, e solo dopo molto riuscii a convincerla a invocare gli dei per tentare di ritornare salva a Midgaard, purtroppo scoprimmo che dalla zona dove ci trovavamo era impossibile invocare gli dei, e quindi Migaja restò con me; devo ammettere che forse senza il suo aiuto di raminga non ce l'avremmo fatta, forse è stata una fortuna che sia rimasta con noi.
Cademmo a lungo verso il basso, nello scivolo che portava alla prigione, ed arrivati in basso trovammo Amos, alquanto sollevato di vederci. La stanza era buia e sudicia, solo una porta era ad ovest, ma serviva una chiave che non avevamo per aprirla. Raccolsi le mie energie e mi lanciai contro di essa, senza riuscire a sfondarla. Fortunatamente Migaja era con noi, e la scassinò, liberandoci. Fu un brutto colpo scorgere accanto a noi il Carnefice, non sapevamo che fine avremmo fatto in una battaglia con lui.
Non potevamo fare altro che rischiare... invocato Balder per tutti noi e lanciate magie di protezione ci lanciammo nella stanza, col cuore in gola, emozionati e intimoriti dalla vista di ciò che avevamo di fronte. Il Carnefice era un uomo alto e grosso, sembrava possedere un'enorme forza. Si lanciò su di noi con nelle mani alcuni dei suoi strumenti di tortura e iniziò a combattere con enorme ferocia: urla lacerarono il tetro silenzio del luogo, e sangue coprì il sudiciume dei cadaveri già sparsi sul terreno. Scoprimmo durante la battaglia che il nemico non era poi come ce lo fossimo aspettati, rivigoriti dalla speranza e dalla voglia di tornare alla luce, in breve ponemmo fine al combattimento. Il pericolo sembrava ormai passato, ora bastava seguire una strada che ci portasse all'uscita... ma appunto... quale? Faticosamente scorgemmo delle segrete al buio, e muovendoci tra topi, scheletri di condannati e macchine di tortura quali non ne avevo mai viste, le aprimmo, muovendoci lentamente all'interno. Giungemmo all'interno dell'area di culto, di fronte ad un altare maestoso e terribile, dove preti di vari gradi svolgevano le loro funzioni. Colti dal ribrezzo cercammo per i corridoi una via d'uscita, imbattendoci tuttavia continuamente in nuovi nemici, tutti accaniti e malvagi, che accusandoci di profanazione si lanciavano addosso a noi, che apparivamo stanchi e feriti... le loro teste caddero mozze al suolo, i loro corpi riversi in laghi di sangue imputridirono quel che per loro era suolo sacro, e noi continuammo alla ricerca di uscite. Vagammo a lungo, ormai avevamo tutti perso la cognizione del tempo, non sapevamo da quanto fossimo stati svegli, da quanto durava quella infinita corsa tra corridoi e nemici. Trovammo delle scale... le salimmo, e finalmente ci trovammo nuovamente faccia a faccia con Bob. Provai il forte istinto di vendicare la tensione accumulata anche su di lui, ma lo lasciai lì, col suo sorriso beffardo in faccia, e me ne andai fuori, accompagnato dai miei due amici. La luce del sole ribattè sul nostro viso, la meravigliosa Midgaard ci si parò davanti nella sua maestosa imponenza; Amos era libero e la nostra missione era finita al meglio, per questo riposammo felici e stanchi al sole prima di salutarci. Furono momenti bellissimi, di grande emozione, sana e forte amicizia, e perché no, anche di orgoglio.



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Chiudo gli occhi, masticando pane azimo, lentamente come se volessi fermare un ritaglio di tempo.
Le spalle appoggiate alla fontana, resto seduta assaporando la notte ed il silenzio.
Respiro e mi ascolto essere libera: non oso muovermi e lascio soltanto tornare il ricordo.

...

"Qualcuno mi aiuti! Sono chiuso nella cella del Culto del Drago"

Rivedo un bagliore di scaglie e il fumo di un soffio.

Guardo perplessa Araglar: "Provo a summonarlo" e poi "Non posso, non so perché ... ma ..."
"Gli sto parlando, vado a cercarlo" risponde.

... e lascio che guidi i miei passi, condotto a sua volta dalla voce lontana.

"So dove siamo, ma credo di non essere mai entrata".
(... prigione del drago, bagliore di scaglie...)

Entriamo, lo seguo, tremando ogni passo.
Procede sicuro e veloce ... io perdo il ricordo e la strada si annoda.

"Qui sotto" afferma "è qui sotto!"

Sbircio trattenendo il respiro: di sotto lo scivolo si avvolge rapido, quasi astratto, senza ritorno.
Scendiamo e non posso pensare.

Mi dice "Ritorna, ... ti prego ...".
E leggo ritorno, una, due volte, poi scuoto la cenere muovendo le dita: "Scendiamo ancora, ti seguo ..." sussurro.

...

Mastico lentamente mentre assaporo un frammento di tempo e lascio scorrere lo sguardo sui ciottoli della piazza, cercando, con gli occhi, il bosco lontano.








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