Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
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I Racconti

Con la calma di sempre, ed uno strano sorriso sul volto, Flowris mi ha raccontato...


Breve e leggera vibrazione dell'aria. Qualcuno appare improvvisamente. Ero io, Flowris, giunto a Midgaard attraverso una porta dimensionale.

Mi trovavo nella capitale per far visita al mio maestro, il saggio Erik, che non vedevo da qualche mese. Durante il tragitto però incontrai due strani personaggi: un umano dal nome impronunciabile, Adwiebaen, ed un misterioso drow, Asmodeus, di cui poco o nulla sapevo.
Costoro erano in cerca di avventure e domandarono se volevo unirmi a loro.
Nel frattempo arrivò un orchetto. Furono subito scintille tra me e lui. Avevo 63 anni, da molti anni ormai avevo abbandonato ogni sorta di odio razziale, tuttavia non avevo dimenticato il passato della mia razza e quello che gli orchi, creati per invidia e scherno di noi elfi, rappresentavano.
Kung era il suo nome. Adwiebaen lo invitò a unirsi a noi, promettendogli gloria e danaro, così la stolta creatura, ingolosita, si calmò. A quel punto la mia partecipazione era fuori discussione: non solo ero incerto sulla nobiltà del loro animo, ma andare in giro con un drow e soprattutto un orchetto mi sembrava troppo. Tuttavia non rifiutai subito.
Mentre discutevano sulla terra da conquistare e i tesori da trafugare, un'idea balenò nella mia mente. Ricordai infatti una leggenda che mi aveva raccontato la mia amata Eldalith. Ella mi parlò di tre demoni, vissuti in epoche passate, che potevano essere raggiunti attraverso delle curvature temporali, la prima delle quali si trovava in un castello in Britannia. Mi disse anche che questi demoni possedevano oggetti magici assai potenti che ad un mago come me potevano risultare utili. Elaborai rapidamente un piano e convinsi i tre avventurieri a seguirmi. Essi nulla sapevano di quello che ci aspettava, tranne forse uno di loro.

Poche parole magiche accompagnate da un lento movimento circolare del braccio.
Una leggera brezza si levò dal nord spazzando via le foglie dalla strada, mentre un portale dimensionale cresceva fino a diventare abbastanza ampio da essere attraversato dal gruppo. "Andiamo" - feci con i modi spicci che adotto in queste occasioni, dove le mie parole suonano come ordini e vengono eseguiti non già per paura ma per rispetto verso la mia saggezza e la mia esperienza. Così i tre mi seguirono pieni di meraviglia. Ci ritrovammo in Britannia, in un luogo segreto del castello di Lord British.
Innanzi a noi un fenomeno che io stesso non avevo mai visto: un portale temporale. Il mio sesto senso elfico mi avvertiva che dietro si celavano dei pericoli, così invitai i miei compagni a prepararsi. L'umano e il drow non erano a digiuno di magia, così a vicenda ci coprimmo di potenti incantesimi di protezione mentre l'orchetto affilava la sua arma.

Pochi passi per passare dal castello ad una foresta. Il paesaggio ricordava molto la Britannia, anche se tutto sembrava più giovane, in particolare gli alberi sembravano più piccoli e bassi. Eravamo tornati indietro nel tempo, almeno di qualche decennio.
L'orchetto fece uno strano grugnito, aveva notato una figura che avanzava lentamente verso di noi. Secondo la leggenda, costui era Mondain, aveva ucciso il padre per sottrargli una scura gemma del male ed era divenuto un demone.
Assalì improvvisamente Kung e la battaglia infuriò. Fu una lotta molto intensa, all'ultimo respiro. Ma ben presto Mondain cadde al suolo esanime e la sua gemma finì nelle mie mani, futuro oggetto di approfonditi studi.

Dopo un breve riposo, attraversammo un altro portale temporale che ci portò leggermente più avanti nel tempo. Questa volta eravamo finiti in una stanza completamente spoglia, non avevamo la minima idea di dove fossimo.
Minax, amante di Mondain, bella quanto malvagia, sembrava aspettarci.
La battaglia fu breve. L'esito quasi scontato. Osservai attentamente il modo di combattere dei miei compagni. Mi piaceva in particolare l'orchetto: raramente veniva colpito e ancora più raramente mancava il bersaglio. Adwiebaen puntava più sulla forza e la resistenza, mi colpì il fatto che era molto sicuro di sè, sembrava non scomporsi più di tanto durante la lotta, come se reputasse assurda una conclusione diversa dalla vittoria. Per quanto riguarda Asmodeus, egli non aveva ancora raggiunto la totalità e la pienezza dei suoi poteri, tuttavia aveva grande esperienza di battaglie e i suoi incantesimi erano pur sempre letali.

Il secondo demone era stato sconfitto. Mentre gli altri riposavano per recuperare energie fisiche e spirituali, io strappavo dal collo dal cadavere un amuleto dalla forma curiosa...
Spronai i miei compagni, era tempo di affrontare il nostro ultimo avversario.
Il portale era davanti a noi. Lo attraversammo consapevoli della nostra forza. Ci ritrovammo in un'isola, era buio ma quello che ci circondava non sfuggiva ai miei occhi elfici. Il paesaggio era sconfortante. L'unica cosa intatta era un'enorme fortezza, per il resto rovine ovunque, come se qualcosa, o qualcuno, avesse spazzato via tutto quello che incontrava sul suo cammino.

Ma non c'era tempo per ammirare il panorama, Exodus, signore della distruzione, figlio di Minax e Mondain, ancora più potente dei suoi genitori, ci veniva incontro, protetto dalla sua armatura, nera come la notte senza stelle.
Ormai eravamo piuttosto affiatati, due soli combattimenti erano bastati per adattarci ognuno alle caratteristiche degli altri e non c'era bisogno di elaborare alcuna tattica, ognuno conosceva bene il proprio compito. Così il possente demone fu abbattuto. Eravamo provati, ma soddisfatti. Il drow stranamente aveva un'espressione preoccupata, ma non me ne curai. L'ultimo portale, quello che ci avrebbe riportato al nostro tempo, era a pochi passi da noi.

Lo attraversammo e come previsto ci ritrovammo nel castello. Ma c'era qualcosa di strano, le camere erano piene di strumenti di tortura. Non sembrava il castello da cui era partita la nostra avventura e, peggio ancora, forse non eravamo nemmeno tornati al nostro tempo, perchè nessuno aveva mai sentito parlare di quel posto. L'unica spiegazione era che fossimo nel futuro.

Come se non bastasse non eravamo soli, il padrone del castello, BlackThorn, re decaduto forse perchè sedotto dal male, era pronto a darci il benvenuto con la sua mazza chiodata. Non avevamo recuperato completamente le forze dopo l'ultimo scontro e l'arma del nemico faceva molto male. Una volta disarmato però, non è più stato in grado di impensierirci.

Avevamo vinto ma eravamo ridotti piuttosto male. Non avevamo la minima idea di dove ci avrebbe condotto il prossimo portale, ma avevamo imparato la lezione, così decidemmo di fare una sosta per riposare il cuore e il fiato. Eravamo pronti a tutto, l'ombra della morte gravava su di noi, poichè il valore degli avversari stava raggiungendo e forse superando il nostro.

Recuperate le forze, ci dirigemmo verso il portale. Mi accorsi che avevo perso la mia arma, la cercai senza accorgermi che i miei compagni lo avevano già oltrepassato. Appena me ne resi conto, senza perdere un secondo abbandonai la ricerca e varcai a mia volta il portale. Mi ritrovai in un luogo assurdo, una stanza quadrata le cui pareti rilucevano di blu.
Il resto del gruppo era alle prese con un avversario ancora più assurdo: Guardian, un'enorme faccia rossa. I miei compagni erano in seria difficoltà, la situazione stava precipitando. Allora presi la mia arpa e solleticai sapientemente le sue corde, componendo una dolce melodia di magici suoni che avrebbe lenito le nostre ferite. Poi mi gettai nella mischia, facendo ricorso a tutti i miei poteri e all'esperienza maturata in tante battaglie.

Uno sguardo per accecarlo. Un soffio di gas per avvelenarlo.
Pugni per indebolirlo. Devastanti getti d'acido per finirlo.

Raccolto ciò che rimaneva di lui, pensai che la nostra avventura stesse per volgere al termine, poichè non riuscivo ad immaginare un avversario ancora più forte. I demoni erano cinque e non tre come diceva la leggenda, ma questo non aveva importanza. Ora il problema era tornare a casa.

Eravamo in un luogo ignoto, ma soprattutto in un tempo ignoto, probabilmente nel futuro. Dove ci avrebbe condotto un portale dimensionale?
All'improvviso Asmodeus poggiò la destra sulla mia spalla e disse:
"L'intera stanza è un portale. Riportaci a casa".
E mi spiegò cosa dovevo fare. Ricordai la sua espressione appena sconfitto Exodus, come se sapesse che la nostra avventura non era ancora finita. Ora invece mi consolava e mi consigliava sul da farsi. Non riuscivo a capire come potesse sapere tutte quelle cose, tuttavia sentivo di potermi fidare. Raccogliendo le mie ultime energie, creai a mia volta un portale.
Quello rappresentato dalla stanza ci avrebbe riportato al nostro tempo, mentre il mio nel luogo desiderato, così almeno sosteneva il drow.

Ci ritrovammo su una collina, vicino ad una stupenda cascata.
Era un luogo che conoscevo bene, ma eravamo tornati al nostro tempo? Ebbi la conferma da Balmor, maestro dei bardi, che ivi dimora.
Così mi congedai dai miei valorosi compagni: Kung, Adwiebaen e Asmodeus. Senza saperlo, essi mi avevano permesso di entrare in possesso di potenti oggetti magici, che avrei dovuto studiare. Ma non era quello il momento. Avevo troppa voglia di tornare tra le braccia della mia dolce Eldalith.








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